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Carta stampata e memoria pubblica. Analisi delle stragi che hanno cambiato il mondo

Gli anni Settanta e lo stragismo

Da tempo vige il luogo comune di considerare gli anni Settanta un blocco. Gli anni Settanta non furono solo terrorismo, e neppure una lunga e coerente anticamera alla lotta armata. Non si dividono tra “anni di piombo” e la loro vigilia. Per raccontarli occorre prendere la misura con molte cose che ci siamo lasciati alle spalle: sia chi in quegli anni c’era e condivise quella lunga stagione con disagio e con emozione, sia chi scelse di guardare in attesa che tutto finisse.
Questa lunga vicenda in realtà riguarda la storia di una stagione e nello specifico la storia di un’area politica. Una vicenda che è tornata al centro dell’immaginario collettivo e gli anni Settanta iniziano a essere rappresentati come una lunga anticamera agli “anni di piombo”, ma anche come un’istantanea, in cui l’ultimo fotogramma obbligherebbe a svolgere indietro il rullino della storia. In quel rullino ci sono salti, vuoti, ed ogni scena non è la conseguenza diretta del fotogramma che la precede. Da cosa sono costituiti questi vuoti? Dalla nascita e dalle molte strade che percorre il manifestarsi della violenza; dall’abbandono di una pratica politica che sceglie il concreto delle lotte sociali ed incontra le lotte di fabbrica; dall’innalzamento dello scontro e dalla lettura del pericolo golpista dopo le bombe di Piazza Fontana; dalla convinzione che il potere fosse comunque un territorio sottratto al controllo della legge cui si poteva rispondere solo con altrettanta determinazione; dalla incapacità di leggere che cosa stesse succedendo nel mondo del lavoro e come stessa cambiando (CARDINI 2012:114).

Un insieme di sollecitazioni che tra il 1975 ed il 1976 danno luogo a scelte i cui primi segni sono nel 1972-1973 quando iniziano a manifestarsi le prime avvisaglie di chi poi avrebbe optato per la pratica della lotta armata e del terrorismo (ivi, P.115). Lì iniziano a perdersi le ragioni che fino a quel momento hanno legato tra loro i molti fili di una generazione politica: le donne che rivendicano un loro spazio di mobilitazione specifico e che incontrano lungo la loro strada il servizio d’ordine della loro stessa organizzazione da cui subiscono violenza; alcune avanguardie di fabbrica che in parte abbandonano l’impegno politico ad in parte iniziano una lenta marcia di avvicinamento verso la lotta armata (ivi). Bidussa (2012) descrive così quegli anni:

“Il composto alchemico altamente instabile, che in un qualche modo aveva retto nella prima metà degli anni Settanta, salta definitivamente tra il 1975 ed il 1976. Ora prevale il fascino per l’organizzazione; vince il mito della lotta partigiana come lotta armata, più che quello dell’esperienza del governo dal basso o dell’autogoverno. Lì si determina una spaccatura tra chi vive l’organizzazione come un feticcio e gli altri che rileggono quella vicenda come storia del sentimento politico.
Il risultato è la progressiva solitudine di una parte dei militanti: la convinzione del tradimento della politica, la determinazione che rispetto all’inerzia della politica politicante, del compromesso storico e del governo delle astensioni occorra fare qualcosa. Oppure l’opzione verso l’affermazione della felicità in una sorta di dimensione “carnevalesca” della politica che sarà espressa dalle molte anime del movimento ’77” (ivi, p.116).


Consideriamo ora la seconda modalità, ovvero come si raccontano quegli anni se si adotta come evento fondamentale gli atti di terrorismo.
Nella storia italiana coraggio e furbizia spesso ci accompagnano specularmente. È successo così anche il 9 maggio 2009, durante le celebrazioni del giorno della memoria: da una parte le parole pronunciate dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (www.quirinale.it) a proposito di Giuseppe Pinelli, dall’altra la dichiarazione del presidente emerito Francesco Cossiga a proposito dell’amnistia da concedere ai terroristi. Apparentemente una dichiarazione quest’ultima in linea con la sollecitazione di tornare a riflettere su quegli anni, come affermato da Napolitano; in realtà una proposta che tende ad eliminare la questione della ricostruzione critica, storica e documentata proprio perché concentra tutto sulla catena perdono/archiviazione/oblio (ivi, p. 116).
Un decennio, gli anni Settanta, che prima ancora di essere raccontato in tempo reale, è stato raccontato dopo dai pentiti, dagli inquirenti, forse dalla televisione, in alcuni casi dal cinema, ed in tempo reale da alcuni fotografi, ma non dagli storici, comunque non storiograficamente.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Carta stampata e memoria pubblica. Analisi delle stragi che hanno cambiato il mondo

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Informazioni tesi

  Autore: Eleonora Mariti
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Informazione, editoria e giornalismo
  Relatore: Roberto Baldassari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 368

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