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Bande giovanili ed educazione all’affettività

Una risposta al disagio adolescenziale: l'educatore di strada

È difficile riuscire a chiarire il profilo professionale dell'educatore di strada, sia perché tale figura è relativamente nuova, sia perché è continuamente aperta ad evoluzioni legate all'operatività stessa.
Descrivere con accuratezza cosa si intenda quando si parla di lavoro di strada è un'operazione ardua in quanto non vi è un'uniformità terminologica per denominare tale figura professionale. Vi è una proliferazione di nomi per indicare chi svolge lavoro di strada: ora operatore di strada, ora educatore di strada, ora animatore socio-culturale o ancora unità mobili. È come se, pur riferendosi spesso alla stessa figura professionale, ogni progetto tentasse di dare una propria definizione di quello che è il lavoro di strada testimoniando così un’arretratezza concettuale della teoria della tecnica rispetto all'operatività stessa.

Ad ogni modo l’educatore di strada, in linea di massima deve avere un atteggiamento non giudicante, ma di curiosità verso ogni tipo di soluzione culturale che il giovane proponga per stabilire un rapporto significativo, che contemporaneamente riesca a sollecitare la curiosità stessa dei ragazzi al fine di un lavoro produttivo con loro. Ciò però non significa accettare e giustificare in maniera incondizionata gli stili individuati nel gruppo.
Deve presentarsi come un mediatore delle comunicazioni con le istituzioni (scuola, assistenti sociali), e con gli adulti in genere, nei luoghi, per lo più informali, in cui questi si rapportano con i giovani; ed infine deve sapersi impegnare in un rapporto stabile.

Una delle scommesse con la quale, oggi, sono chiamati a confrontarsi gli operatori che si occupano di lavoro sociale è quella di riuscire a mettere a punto macchine preventive capaci al contempo di soddisfare i bisogni naturali di protagonismo dei giovani e di ridurre i rischi cui possono andare incontro durante il loro percorso di ricerca di significati da attribuire alla propria esistenza.
Non a caso gli operatori sociali vengono sempre più visti come agenti di cambiamento e di sviluppo sociale e culturale, opera tanto difficile quanto complessa poiché significa confrontarsi con "setting" di lavoro sostanzialmente diversi da quelli "tradizionali" (quali le istituzioni pubbliche e private) e che sono caratterizzati da confini (formali e mentali) più sfumati e dall'introduzione di una molteplicità di variabili che possono interferire e decretare il successo o il fallimento di un intervento.

Nell’educativa di strada e più in generale in ogni fase del percorso educativo, gli atteggiamenti dell’educatore possono aiutare il ragazzo ad acquisire maggiore autostima, a promuovere la propria autonomia, a diventare soggetto di relazioni positive con se stesso, con gli altri e con il mondo. L’educatore, la sua personalità, il modo di interagire con i ragazzi, hanno un ruolo fondamentale ai fini dell’educazione, per questa ragione è importante chiarire i compiti dell’educatore ed in particolare dell’educatore di strada.
Lo specifico dell’educatore è vivere con il ragazzo e questo vivere si trasforma in un punto di vista privilegiato se mediato da un buon livello di competenza professionale. Infatti, il punto centrale non è spendere del tempo con il ragazzo, vivere semplicemente accanto a lui, ma trasformare una prossimità spaziale, temporale e affettiva in un rapporto di comunicazione tendente alla conoscenza autentica dell’altro. La strada privilegiata per fare ciò è proprio la condivisione di esperienze purché l’educatore partecipi a queste con quel sottile dosaggio tra implicazione e distanziamento che costituisce lo strumento di una buona conoscenza.

L’educatore dovrebbe far in modo di partecipare a esperienze di vita del ragazzo il più possibile autentiche, il che può significare partecipare ad un gioco, conoscere i suoi amici, frequentare il suo ambiente abituale. L’educatore di strada quando decide di intraprendere questo percorso di lavoro è consapevole di dover adottare delle strategie diverse conseguenti alla differenza di contesto e di utenza.
Infatti nell’educativa di strada è l’educatore che deve, in un certo senso, attirare l’attenzione del ragazzo in modo da intraprendere una relazione significativa con quest’ultimo. Il fatto di scendere sul campo ed andare incontro a dei ragazzi e cercare una relazione con loro implica innanzitutto una strategia di approccio adeguata alla circostanza e naturalmente delle tecniche e metodologie differenti. Proprio per il fatto che l’educativa di strada non si aggancia, almeno inizialmente, ad una richiesta esplicita dei possibili utenti, che raramente intendono affidarsi alle agenzie educative tradizionali, l’approccio personalizzante dell’educatore al ragazzo risulta imprescindibile e va visto come momento–chiave di accesso alla relazione educativa: solo così, attraverso atteggiamenti di ascolto e di empatia, la domanda educativa può essere motivata, compresa e riformulata dall’educatore stesso.

Un ulteriore compito dell’educatore di strada è quello di favorire la costruzione di legami, di intrecci educativi tra singoli e istituzioni, tra reti formali e informali e la strada, in tal senso, può risultare il più efficace catalizzatore di incontri, di relazioni, di legami collaborativi.
Quello che viene richiesto all’educatore è la necessità di orientare in senso educativo il contesto: un impegno immane, anche perché è per certi versi nuovo rispetto al tradizionale bagaglio di competenze professionali. Tutto l’ambiente di vita dei ragazzi, diventa campo e oggetto della riflessione pedagogica e dell’operatività dell’educatore, il quale in questa dimensione non si limita ad imprimere significato educativo alla sua relazione con il singolo ragazzo o con il gruppo, ma svolge una più ampia funzione di contatto, collegamento e mediazione tra le fonti formali e informali di educazione, promuovendo incontri, attività, esperienze che diffondano il sapere acquisito e contribuiscano perciò a rendere pedagogicamente più competente l’intera comunità.

L’educatore, insomma, dovrebbe farsi rappresentante credibile dei bisogni educativi dei ragazzi, evitando di procedere dalle posizioni di forza di quanti operano all’interno delle tradizionali istituzioni deputate all’educazione, ma partendo dalla strada.
Fondamentalmente dunqu, le funzioni dell’educatore di strada sono:
1. costituzione di relazioni significative con i singoli, sostenute dai fondamentali atteggiamenti educativi;
2. esercizio della relazione a-simmetrica accompagnata da una parità dialogica e dalla capacità di porgere elementi della propria storia e, in particolare, della propria adolescenza;
3. accostamento a valori, inclusi pure nella dimensione dell’educazione autentica: responsabilità, testimonianza, rispetto dell’originalità-unicità di ciascuno, creatività, socialità, altruismo;
4. pratica dell’intenzionalità e della ricerca rispetto al senso dell’esistenza e alla scelta di una filosofia di vita, di una fede religiosa, all’apertura alla trascendenza;
5. orientamento all’azione sostenuta dalla riflessione e da una coerente progettualità;
6. potenziamento dei legami con le reti formali e informali, del senso di appartenenza alla comunità, empowerment di comunità.

Tuttavia per la difficoltà, appena evidenziata, del compito dell’educatore di strada, la maggioranza delle volte questo lavoro viene svolto in équipe, infatti l’educatore di strada è un co-educatore e per questo motivo vengono costituite unità mobili formate da almeno due educatori.
L’educatore di strada, quindi, è una persona fortemente motivata che sta in mezzo ai giovani laddove questi si incontrano. Frequenta le aggregazioni formali ed informali, svolge un’azione di collegamento tra i giovani e le istituzioni, sa operare con elasticità e pone la sua attenzione in particolare verso le fasce di disagio.

Il ruolo dell’educatore di strada consiste nell’attivare una relazione che comporta la conoscenza dello stile di vita e della cultura di base e l’indagine costante della percezione che il soggetto ha dei servizi e dell’operatore. È una persona costantemente attenta ai messaggi espressi e inespressi della strada, capace di inserirsi nelle aggregazioni naturali degli adolescenti, per individuare situazioni particolarmente a rischio e casi di disagio non evidenti, nonché operare in un’ottica di prevenzione dell’assunzione di comportamenti devianti. Deve conoscere la realtà territoriale, le varie organizzazioni e istituzioni in ambito di disagio giovanile e possiede abilità organizzative e tecniche di animazione necessarie per un intervento di strada.

Nell’avvicinare il ragazzo l’educatore di strada gli offre la possibilità di sperimentare relazioni sociali positive, di sentirsi accolto e accettato, di recuperare un’immagine positiva di sé attraverso la valorizzazione delle sue capacità. L’approccio, quindi, è orientato a creare un clima di accoglienza incondizionata, accettazione, ascolto, per poter instaurare un rapporto di fiducia tale da supportare i ragazzi nell’itinerario di crescita. In particolare, l’educatore sa “perdere tempo” con i ragazzi, seguirli nei loro giochi e distaccarsi dalla rigidità dei servizi strutturati. In definitiva l’intervento dell’educatore di strada ha una duplice funzionalità:
1. migliorare la condizione di singoli adolescenti e i loro rapporti con gli adulti;
2. prevenire il disagio agendo sulle situazioni definite a rischio attraverso la promozione del benessere delle comunità locali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Bande giovanili ed educazione all’affettività

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Informazioni tesi

  Autore: Mariangela Manfredi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Bari
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Loredana Perla
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 120

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