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La comunicazione dell’aeronautica militare, dal 1980 ai giorni nostri. Difformità tra il modello azzurro e la policy interforze.

Censura e propaganda, l’italian way of war

“La negazione dell’evidente caratteristica conflittuale delle operazioni, l’ambiguità nei confronti degli alleati, la diffidenza e la censura nei confronti dei media, la reticenza a dotare i contingenti di armi pesanti e ad autorizzarne l’impiego. Sono questi gli aspetti più critici che hanno caratterizzato gli impegni militari italiani, ancor più evidenti nella gestione delle operazioni di oggi al punto da costituire gli elementi portanti di quella che potremmo definire l’italian way of war”. In questi anni la strategia comunicativa del Ministero della Difesa per le missioni fuori area si è basata sulla retorica delle “operazioni di pace”, sfruttando la figura del soldato impiegato soprattutto per attività umanitarie e di ricostruzione post bellica. Se tale scelta è stata pagante sul fronte politico, che ha così evitato crisi di governo e agitazioni dell’opinione pubblica, ha però progressivamente delegittimato l’azione delle Forze armate: uomini di cui essere fieri solo se non combattono, eroi in caso di morte, ma da nascondere se fanno il loro lavoro, la guerra. Solamente i militari italiani non hanno mai fornito dati ufficiali sul numero dei nemici uccisi, feriti o catturati, né in Iraq come in Afghanistan.
Le moderne guerre asimmetriche si combattono anche con trasparenti scelte mediatiche, invece l’Italia ha optato per il basso profilo, che progressivamente si è trasformato in silenzio, censura e isolamento dei contingenti militari dalla stampa. Nel 1999 il Governo vietò di intervistare i piloti italiani che avevano combattuto in Kosovo, mentre non c’era nessuna restrizione per gli equipaggi alleati. Ma nel 2002 è iniziata una politica comunicativa così restrittiva e prolungata, che non ha precedenti negli ultimi decenni. Così i media italiani non hanno potuto seguire sul campo e documentare molti eventi di grande rilievo avvenuti in Afghanistan e Iraq, inoltre i militari sono stati zittiti e smentiti dalle dichiarazioni dell’esecutivo, spesso con parole devianti rispetto alla realtà dei fatti.
Oggi in Italia si assiste alla rimozione della parola e del concetto stesso di guerra, usando quasi esclusivamente termini come peace keeping e peace enforcing. Scompare anche la parola nemici, che diventano “sconosciuti”, “uomini armati”,“forze non identificate”, “aggressori” o “elementi ostili”. La policy interforze che gestisce dal punto di vista comunicativo tali “operazioni di pace” non impedisce il lavoro del giornalista, ma ne ostacola pesantemente l’accesso alle informazioni, cioè al campo di battaglia: i giornalisti embedded del nostro Paese non possono seguire le attività operative sul terreno, escluse quelle umanitarie.
Nella primavera ed estate del 2004 l’Esercito del Mahdi, milizia sciita filo- iraniana, scatenò delle battaglie combattute in tutto il sud dell’Iraq. Tutti i quotidiani anglo-americani erano pieni di reportage di giornalisti che accompagnavano in prima linea le truppe nelle battaglie di Najaf e Amarah. In Italia le redazioni dovevano affidarsi unicamente agli uffici stampa militari per sapere qualcosa dei combattimenti a Nassiryah, perché nessun giornalista venne accettato sui voli militari diretti a Tallil. L’ordine di tenere lontani i giornalisti dall’azione era chiara sin dal 2003: l’assenza di elicotteri italiani in Afghanistan obbligava a ripiegare sui voli americani, ma i tempi di attesa di allungavano e gli unici reporter a partire erano quelli delle televisioni o dei grandi giornali, che avevano accesso solo ai villaggi vicini alle basi militari, mentre si distribuivano aiuti umanitari.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La comunicazione dell’aeronautica militare, dal 1980 ai giorni nostri. Difformità tra il modello azzurro e la policy interforze.

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Informazioni tesi

  Autore: Mattia Bello
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Urbino
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo
  Relatore: Daniela Morandini Chiarioni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 136

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