Le risposte adattative all'ipossia: dagli animali marini all'uomo

Se gli animali, per esempio i mammiferi, adattati all’ipossia acuta e cronica hanno sviluppato strategie che consentono ad essi di vivere in un ambiente che li espone a periodi più o meno lunghi d’ipossia, è pur certo che essi obbediscono a delle leggi fisiologiche; pertanto, le loro strategie, seppure in entità molto differenti, possono essere “evocate” o “sollecitate” anche negli altri animali che normalmente non si inabissano, ma che eccezionalmente possono trovarsi a dovere affrontare una condizione ipossica.
Gli animali adattati all’ipossia hanno raggiunto queste prerogative così spinte attraverso la “selezione naturale”1, ma se queste si basano su caratteri fisiologici comuni, sono “allenabili” e consentono all’uomo di potere praticare l’apnea ed ottimizzare, attraverso l’allenamento, la propria performance.
Il riflesso d'immersione (diving reflex) dei mammiferi marini è, infatti, presente anche nell'uomo, seppure, si diceva, con delle “imperfezioni” e con un suo controllo limitato nel tempo e con dei rischi.
Gli adattamenti da “evocare” e potere “allenare” sono quelli che i mammiferi e gli uccelli marini hanno sviluppato nel corso di milioni di anni attraverso le mutazioni genetiche che hanno selezionato nel tempo i più adatti. Tra questi adattamenti troviamo quelli finalizzati ad immagazzinare quanto più ossigeno nel sangue, nei muscoli e nei polmoni ed a ridurre il suo consumo (ipometabolismo) in modo d’aumentare le scorte d’ossigeno fruibili durante l’apnea non solo “in assoluto” ma anche “in relativo” contraendo dei debiti da colmare dopo l’apnea.