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Voci e sguardi del Rwanda. Il genocidio tra distorsioni giornalistiche e rappresentazioni rwandesi.

"I lunghi watussi e i corti bantu". Assimilazione del paradigma anatomico-razziale

Il tredici aprile su “La Repubblica” viene intervistato un italiano che è stato evacuato dal Rwanda, il quale afferma: “Gli Hutu non devono prendere lezioni di anatomia da nessuno. Sono stati abilissimi a squartare gli alti, i Tutsi”. Il sedici maggio torniamo sul paradigma anatomico: “I lunghi, come vengono chiamati dai più bassi Hutu i longilinei Tutsi…”. Al di là di come si chiamino tra loro, il giornalista sta dando per vero che gli Hutu siano bassi e i Tutsi siano alti.

Il ventitre maggio il Rwanda torna in prima pagina, e gli si dedicano due paginoni di Esteri. L’inviata Renata Pisu ci racconta di “diavoli corti e diavoli lunghi che rivaleggiano in crudeltà etnica”, e poi a proposito dei bambini dell’orfanotrofio di Nyanza ci dice che vi si trovano “sia bambini lunghi, cioè Hutu, sia bambini corti, cioè Tutsi. Qui l’etnia si capisce dalla statura, il razzismo si scatena contro gambe lunghe o gambe corte, non per il colore della pelle che è lo stesso, sempre nero.”

Come vediamo il paradigma anatomico, che ha sicuramente giocato un tristissimo ruolo nel genocidio, viene preso per buono come se effettivamente esistesse una valida differenza etnica rintracciabile in base a queste caratteristiche somatiche. Il fatto che gli Interhamwe abbiano svolto i loro assassinii in base a tale erronea distinzione non vuol dire che da giornalisti non si abbia il dovere di dare a tale distinzione la giusta spiegazione storica.

Questo punto viene sottolineato anche a proposito di una giornalista esperta in materia come Jean Helene: “Ce qui fait problème dans ces premiers articles de Jean Helene, c’est qu’il ne marque pas de manière nette la ligne de partage entre réalité et propagande, entre nouvelles et rumeurs” (Alain Frilet in Les Temps Modernes, n. 583, cit., pag. 167)

Il ventitre maggio si scrive di “religiosi corti e religiosi lunghi” o ancora di una bambina che ha ricevuto coltellate sulle gambe “perché le ha lunghe essendo una lunga”. Nelle righe della Pisu gli appellativi “corti” o “lunghi” diventano una sorta di epiteto; così scrive il venticinque maggio: “Oso domandare se gli altri, i corti hutu, se la passavano meglio(...)”, “il mio autista corto dovrebbe ormai essere tornato”, “(…) la notte quando i bianchi se ne vanno qui c’è da aver paura. Infatti qui, sulla collina, ci sono questi quattromila lunghi scappati dal Rwanda e la popolazione burundese che vive tutt’intorno è corta. Così si teme sempre che possa succedere qualcosa. Da noi in Burundi ancora non si è arrivati alla guerra totale tra corti e lunghi anche se ci sono già stati dei massacri”mi spiega il militare che di sicuro è un lungo perchè in Burundi sono i lunghi, i tutsi che hanno il potere”.

Renata Pisu ci fa notare che al campo rifugiati di Matonga ci sono “tutti tutsi, cioè lunghi”. Poi inserisce un' abile manipolazione ed omissione delle informazioni, che potrebbe creare non pochi malintesi: “c’è un’infermiera che corre dei rischi, Alessandra me la presenta e mi dice che è fiamminga, poi aggiunge che ufficialmente è tedesca. La ragazza bianca mi sorride e io non capisco. E’ belga -mi sussurra Alessandra- e finalmente capisco.

E davvero cadono le braccia a pensare che in questi scheletri viventi di uomini, donne e bambini che la ragazza belga accudisce, viva tanto forte il seme dell’odio.” In seguito aggiunge che il suo autista le dice “di essere un corto e di avere paura tra tutti questi lunghi che lo circondano”. Ovviamente anche il “Corriere della sera” non fa eccezione a questa prospettiva. Tanto per fare un paio di esempi: “i tutsi cioè i lunghi devono essere accorciati” (ventisette maggio); “lunghi e corti si sono seduti insieme intorno ad un tavolo”(trentuno maggio). La categoria dei lunghi e dei corti è strettamente legata al riconoscimento di una differenziazione per così dire “razziale” o “etnica”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Voci e sguardi del Rwanda. Il genocidio tra distorsioni giornalistiche e rappresentazioni rwandesi.

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Informazioni tesi

  Autore: Elisa Finocchiaro
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo
  Relatore: Pietro Veronese
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 163

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