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La metamorfosi della femminilità nei Sonetti, nell’Amleto e nel Macbeth di William Shakespeare

Lady Macbeth e la psicoanalisi

Una nuova lettura critica del Macbeth, che nasce all’inizio del ‘900 e prosegue fino ad oggi, è quella psicoanalitica e si sviluppa a partire dalle riflessioni freudiane. In particolare il saggio "Coloro che soccombono al successo" risulta determinante per capire alcuni aspetti del carattere di Lady Macbeth.

La fine di Lady Macbeth rimane imprecisata, la vediamo per l’ultima in uno stato di profondo malessere, il medico lo definisce come un grave disturbo delle funzioni naturali. Shakespeare sicuramente non aveva le conoscenze psicanalitiche che oggi sono acquisite sul sonnambulismo, ma aveva intuito che dietro questo stato di veglia apparente si nasconde una realtà più profonda, un momento nel quale affiora alla coscienza la vera natura dell’essere. Il sonnambulismo viene considerato come una malattia dell’anima, in una scena successiva Macbeth pensa di individuare l’origine del male nella memoria e la sua cura nell’oblio del dolore, e domanda al dottore:

Non sai somministrale nulla a una mente inferma, strappare dalla memoria un dolore che vi si è radicato, cancellare le scritte angosciose del cervello, e con qualche dolce oblioso antidoto liberare il petto ingombro della materia pericolosa che pesa sul cuore? (Macbeth, V. 3. 40-45)

Il medico risponde che non c’è nessuna cura per la malattia della moglie, che è lo stesso paziente a dover trovare in sé la forza morale per superare il disagio. Il medico, sottolineando l’implicazione morale della malattia, aveva già detto alla dama di compagnia:

Ha più bisogno del sacerdote che del medico. (Macbeth, V. 1. 75)

Shakespeare ripone in una prospettiva religiosa la possibilità di una cura. La forza di carattere di Lady Macbeth viene meno, l’audacia con cui ha guidato il marito si trasforma in senso di colpa, il rimorso non le permette di godere dei successi raggiunti, e la spinge verso una morte senza onore. È proprio di successo che Freud parla come origine di un senso di frustrazione, poiché il soggetto che ha ottenuto il soddisfacimento del proprio desiderio può sprofondare in uno stato di nevrosi: la malattia si presenta al momento dell’appagamento di un desiderio e annulla la possibilità di trarne godimento.(S. Freud, Coloro che soccombono al successo)

La nevrosi sorge a seguito di un contrasto tra i desideri libidici di un individuo e la sua coscienza morale; vivere in questa condizione genera un senso di frustrazione per la mancanza di appagamento del desiderio. Se questo desiderio fosse appagato la nevrosi non dovrebbe manifestarsi.

Freud riporta dei casi clinici in cui questo avviene, tra cui annovera alcuni personaggi letterari, creati da poeti che hanno una profonda conoscenza dell’animo umano. Per questo Freud prende in esame il personaggio di Lady Macbeth, che crolla in uno stato di profondo turbamento proprio quando ha ottenuto ciò per cui ha lottato con tanta determinazione: il titolo di regina.

La disillusione che segue che l’omicidio di Duncan era stata corroborata dal senso di rimorso, che, secondo la psicanalisi freudiana, è determinato dal conflitto tra l’Io e l’Es. La coscienza morale di Lady Macbeth era rimasta in silenzio fin quando il desiderio è rimasto sul piano della fantasia e della progettazione, ma quando l’aspirazione si concretizza sul piano della realtà, la libido non può agire senza un minimo condizionamento della coscienza morale.

Nella scena in cui Lady Macbeth cerca di consolare il marito, attanagliato dai primi rimorsi, quelle parole sono dette anche a se stessa, affinché l’Es potesse vincere la sua battaglia sull’Io. Nel modo con cui Lady Macbeth e Macbeth interagiscono in questa scena, sembra assistere a quello scontro tra istanze positive e negative che compongono l’inconscio di ogni individuo, come se questi due personaggi fossero parte di un’unica individualità.

Shakespeare intuisce che il senso del rimorso altera in qualche modo la psiche
dell’individuo, causa i disturbi del sonno, e trova sfogo nell’atto di strofinarsi le mani in continuazione, nel tentativo di levare delle macchie di sangue:

Via, macchia maledetta! Via dico!

E queste mani, non saranno mai pulite? (Macbeth, V. 1. 36, 44)

Il gesto di lavarsi continuamente le mani è la manifestazione corporea di una colpa interiore che la donna vorrebbe – attenzione: inconsciamente – togliersi, cioè, appunto lavare di dosso. La nevrosi si manifesta in una serie di quadri clinici, tra cui va annoverato il disturbo ossessivo-compulsivo, che consiste nella persistente ripetizione di azioni la cui necessità è considerata dal soggetto irresistibile.249 Lady Macbeth, in quanto soggetto nevrotico, manifesta spesso questo disturbo quando è sonnambula nello strofinio delle mani, ma nell’intera tragedia il tema delle mani è frequentemente ripetuto.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La metamorfosi della femminilità nei Sonetti, nell’Amleto e nel Macbeth di William Shakespeare

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Informazioni tesi

  Autore: Monia Caruso
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filologia moderna
  Relatore: Rosalba Galvagno
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 212

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