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Disturbo dell'identità di genere: attuali direzioni di ricerca

Questioni terminologiche

Il “Gender Identity Disorder” (GID), che è possibile definire anche DIG (dall’acronimo italiano Disturbo dell’Identità di Genere), include tutte le espressioni e le varianti rispetto al sesso; ne fanno parte quindi coloro che hanno rapporti con entrambi i sessi (bisessuali), i travestiti, gli intersessuali e i transessuali, considerati come i più estremi (Bullough, 1993; Déttore, 2005).
L’adulto con un disturbo dell’identità di genere è definito transessuale, ed è una persona che ha un comportamento sessuale caratterizzato dal rifiuto del proprio sesso, e dall’identificazione in quello opposto (Devoto, Oli, 2004); il termine indicherebbe anche chi, nato e registrato secondo un sesso, ha assunto, anche per mezzo di interventi chirurgici, le caratteristiche fisiologiche dell’altro sesso, ma in questa seconda accezione esso rientra piuttosto nella definizione di transgender, ovvero chi è in procinto di cambiare o che ha già cambiato sesso chirurgicamente, quindi non fa più parte dei GID (il transgenderismo sostiene che l'identità di genere di una persona non è una realtà duale "maschio/femmina", ma un continuum di identità ai cui estremi vi sono i concetti di "maschio" e "femmina").
Spesso il transessualismo, nel linguaggio comune, viene erroneamente confuso con l’omosessualità, nonostante essa sia un concetto totalmente differente dal punto di vista semantico rispetto agli altri due, e non rientri nemmeno fra i disturbi dell’identità di genere. Infatti, per omosessualità si intende il comportamento o l'attrazione sentimentale o sessuale tra individui dello stesso sesso biologico, a livello situazionale o in un'indole duratura (Psychological Association, 2007), quindi presuppone che l’identità di genere della persona si sia creata e che sia stabile nel tempo, che il soggetto si sia accettato come uomo o come donna, ma che nonostante questo provi ugualmente attrazione per persone del suo stesso sesso biologico. Sostanzialmente, un transessuale sicuramente è omosessuale (nonostante non senta di esserlo giacché percepisce di appartenere all’altro sesso psicologicamente) ma la relazione non è commutativa in quanto non necessariamente un omosessuale è transessuale. Inoltre, è bene specificare che è la sofferenza provata dal soggetto e la modalità rigida e congelata del comportamento a fare dei GID un disturbo più che il comportamento in se stesso. Spesso oggi alcune persone trans cercano di incarnare una disidentificazione del genere, non rappresentandosi né come uomo né come donna in maniera definitiva e, piuttosto, preferiscono configurare percorsi di transizione che possono anche non avere termine: una vasta scelta di modificazioni corporee che oltrepassa la rigida divisione binaria del sesso e consente di incarnare l’instabilità non solo del genere quando della stessa identità (Valerio, 2009).

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Disturbo dell'identità di genere: attuali direzioni di ricerca

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Informazioni tesi

  Autore: Marianna Serrao
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Seconda Università degli Studi di Napoli
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze psicologiche
  Relatore: Daniela Cantone
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 36

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Parole chiave

dig
disturbo dell'identità di genere
gid
identità di genere
ipotesi eziologiche del gid
psicopatologia dello sviluppo
studi di genere
transessualismi
transessualità

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