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Il cinema americano fra l'11 settembre e l'elezione di Obama. Temi e caratteristiche di una parabola allegorica.

La contrazione degli spazi post 11 settembre

Come già abbiamo visto nella parte precedente, però, il nuovo protagonista del cinema americano è incapace di svolgere azioni grandiose come un tempo. E, in maniera analoga, anche gli spazi nei quali si trova a vivere si restringono in un costretto o volontario isolazionismo. La frontiera, quando non è negata, fa paura.
Dopo l’11 settembre 2001, il cinema americano subisce un’implosione degli spazi. È questo un fenomeno di amplissima portata che lascia pensare che non sempre la chiusura sia un fatto allegorico usato con coscienza narrativa, ma piuttosto un segno inconscio prodotto dal contagio dell’immaginario collettivo sul cinema. Ed è curioso pensare in che modo gli spazi, come vedremo, siano evocati soprattutto dal sogno, dal racconto, dal ricordo, in contrapposizione ad un presente e ad una realtà effettiva senza vie d’uscita. La chiusura spaziale è il senso più caratteristico e inconfutabile della nuova cinematografia americana, un fenomeno che si estende ben oltre quello che afferma Andrea Fontana nel volume da lui curato sul post 11 settembre. “È stato il genere horror – egli dice – a ritrarre al cinema questo senso d’assedio negli ultimi anni, l’horror moderno”.
Ma il senso d’assedio è da sempre una delle caratteristiche peculiari del genere, non certo una novità inscrivibile peculiarmente alla nuova filmografia horror. Il regista Romero ha sì dato implicazioni e giustificazioni politiche alla claustrofobia delle sue storie, ma l’horror è da sempre, per sua natura, relegato ad ambientazioni anguste.

Ciò che stupisce, invece, è che sia un’intera industria ad invertire la grammatica spaziale della sua produzione filmica. Facciamo dei brevi esempi, utilizzando come campione alcuni film di cui abbiamo parlato precedentemente.
Ne “La 25ma ora” il percorso esistenziale/temporale di Monty è destinato al carcere. Ed un carcere è New York nelle ventiquattro ore narrate dal film. L’impotenza del protagonista è assediata sul piano figurativo da tunnel, strettoie, stanze, bagni e da un’asfissiante discoteca, pentola di luci e rumori. Non è certo un caso che la poesia di Marvel “Alla sua amante ritrosa”, citata durante la lezione di Jacob, abbia riferimenti all’infinito come spazio e tempo, che si contrappongono alla brevità della condizione umana.

Come non è un caso che sulla parete della casa di Monty campeggi la locandina del film “Nick mano fredda” di Stuart Rosenberg (1967), la storia di un ribelle che evade per due volte dal carcere, ma che alla terza ci lascia la pelle. “Vorrei essere come la ragazza di X-Men, quella che passa attraverso i muri. -dice Monty, ad anticipare la scena dove compare la locandina -Se questo non è possibile, un colpo in testa e il problema è risolto”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il cinema americano fra l'11 settembre e l'elezione di Obama. Temi e caratteristiche di una parabola allegorica.

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Informazioni tesi

  Autore: Dario Di Viesto
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Bari
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale
  Relatore: Oscar Iarussi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 117

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