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La fotografia di Letizia Battaglia, un archivio storico dimenticato

Dal quotidiano all’impegno civile

Nel 1980 insieme a Franco Zecchin e al Centro Siciliano di Documentazione Peppino Impastato decidono di raccogliere il materiale per una mostra fotografica itinerante che avrebbe dovuto fare il giro dell’isola, una mostra per raccontare la carneficina alla quale stavano assistendo, una galleria di immagini crude nelle quali venivano raccolte giovani vite spezzate, bambini in lacrime e donne disperate, una mostra di denuncia per risvegliare gli animi dei cittadini. “Molto importante è stato per noi l’incontro con Umberto Santino, uomo onesto e coraggioso che ha fondato il Centro Siciliano di Documentazione(…). Con Santino e per il Centro abbiamo messo su un’eccezionale documentazione bibliografica sulla mafia e la camorra e abbiamo preparato mostre come Mafia Oggi, dove finalmente le fotografie potevano essere presentate in un contesto di informazione organica e rigorosa e non frantumate qua e là nelle pagine dei giornali del mondo intero, dove però la loro funzione era quasi sempre quella di appoggiare articoli sensazionalistici quando non francamente bugiardi e infami” . Vengono contattati molti colleghi palermitani che, come loro, stanno vivendo in prima persona la violenza e il degrado, i quali rifiutano impauriti, temendo ritorsioni mafiose. La prima viene allestita al centro di Palermo, in piazza Politeama, i visitatori incuriositi si affollano e nella città cominciano a formarsi i primi comitati cittadini che organizzano riunioni e dibattiti sul tema della mafia. “ Noi volevamo raccontare al mondo quello che stava succedendo qui, volevamo squarciare quel velo di omertà lanciando un messaggio di aiuto” . Le fotografie rappresentavano l’intero mondo mafioso: miseria, politica, processi e arresti. “ Volevamo che la gente fosse cosciente della strategia mafiosa in atto contro le istituzioni democratiche. Talvolta finivamo per essere naïf nel nostro sognare una Sicilia pulita e onesta. Eppure condividere con altri il nostro dolore non risultò vano, anzi destò nuova attenzione intorno al problema. Mancò invece una risposta forte da parte del mondo politico, e mentre giudici, poliziotti, giornalisti e politici cadevano sotto i colpi della mafia noi cominciammo ad essere ossessionati da un crescente senso di solitudine.” La campagna antimafia di Battaglia e Zecchin rappresenta solo una parte dell’impegno che i due fotografi mettono a favore della giustizia e dei meno fortunati. Per anni lavorano come volontari nell’ospedale psichiatrico di Palermo, organizzando per i pazienti attività fisiche e spettacoli teatrali. “ E’ stato dopo la legge Basaglia , i manicomi li stavano chiudendo ma nella sola Palermo ce n’erano moltissimi e da noi non erano ancora chiusi. Noi potevamo entrare , io e Franco, anche Shobha è venuta, abbiamo fatto teatro e facevamo la ginnastica con loro. Tu gli buttavi la palla e loro non riuscivano a prenderla. Non erano abituati a fare niente loro erano lì abbandonati a loro stessi. Sono stati anni molto importanti.” Da questo sodalizio con gli ospiti dell’ospedale nascerà anche il progetto di un film e un legame affettivo molto intenso. “I pazienti chiamavano me e franco mamma e papà, anche se alcuni di loro avevano più di settanta o ottant’anni. Abbiamo portato a casa nostra una delle ragazze più giovani e l’abbiamo tenuta con noi per cinque anni. Si chiamava Graziella, aveva una lunga frangia bionda che le dava un’aria angelica e per me è stata quasi come un’altra figlia, ma lei non riuscì a stare meglio. Era stata messa in ospedale ad un anno e mezzo.” L’ospedale psichiatrico di Palermo è una sorta di fossa dei serpenti, spaventosa metafora di una città in disfacimento morale ma anche propriamente fisico, dove interi miseri quartieri del centro storico crollano letteralmente, circondati dall’indifferenza e dalla ostentata opulenza degli altri. Tanto paradossale, artificiosa e misteriosa opulenza in una Palermo che le statistiche collocano all’ottantesimo posto in Italia per reddito pro capite e al sesto per i consumi.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La fotografia di Letizia Battaglia, un archivio storico dimenticato

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Di Berardino
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Teramo
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo
  Relatore: Gabriele D'Autilia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 77

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Parole chiave

fotografia
letizia battaglia
mafia
palermo
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