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La voce dei malati: la ricerca etnografica in sociologia della salute

Malattia come stigma

Abbiamo già incontrato Goffman per le sue riflessioni sul corpo, lo incontreremo quando ci occuperemo di etnografia (nel secondo capitolo). In questo paragrafo faremo riferimento principalmente a due sue opere: Stigma e Asylums. Lo studioso di origini canadesi ha una certa rilevanza per chiunque si occupi di sociologia, ma in particolare di sociologia della salute e della malattia.
In Stigma (Goffman, 1983) Goffman ha individuato tre tipi di stigma: “Al primo posto stanno le deformazioni fisiche; al secondo aspetti criticabili del carattere che vengono percepiti come mancanza di volontà, passioni sfrenate o innaturali, credenze malefiche e dogmatiche, disonestà. Tali aspetti sono dedotti, per esempio, dalla conoscenza di malattie mentali, condanne penali, uso abituale di stupefacenti, alcolismo, omosessualità, disoccupazione, tentativi di suicidio e comportamento politico radicale.
Infine, ci sono gli stigmi tribali della razza, della nazione, della religione, che possono essere trasmessi di generazione in generazione e contaminare in egual misura tutti i membri di una famiglia.” (Goffman, 1983, p. 4-5). Può capitare che alcuni stigmatizzati vengano trattati come “non-persone”. Questo concetto è stato affrontato ne La vita quotidiana come rappresentazione: quella categoria di persone cioè, che “pur presenti, vengono considerate come se non ci fossero; gli esempi più comuni sono i giovanissimi, i vecchi e i malati” (Goffman, 1997, p. 178).
Vi è poi una categoria di persone che accetta il portatore di stigma: altri stigmatizzati e i cosiddetti saggi. Gli appartenenti alla prima categoria sono i portatori dello stesso stigma; discorso leggermente più ampio per quanto riguarda i “saggi”. Essi sono altri “marginali”, cioè possono essere altri portatori di stigma, i parenti, i vicini di uno stigmatizzato e coloro che lavorano con questi ultimi, per esempio infermieri e terapisti (Goffman, 1983, p. 31). Lo stigma è un prodotto sociale con una sua diacronicità e una sua linea di sviluppo che si innesca in modo graduale nelle relazioni sociali. La sua esistenza dipende dai contesti sociali nei quali può venire riconosciuto, trattato, elaborato, sedimentato o scansato (Maturo, 2007, p. 61).
In Asylum (Goffman, 2003) vengono descritte, studiate e analizzate le istituzioni totali.
Goffman definisce con questo termine non solo le carceri ed i manicomi, ma tutta una serie di istituti quali per esempio gli ordini religiosi di clausura, anche se l’ideal-tipo delle istituzioni totali sono quelle istituzioni di tipo coattivo, dove in genere non si entra per libera scelta, come per l’appunto le carceri e gli ospedali psichiatrici. Secondo le parole dell’autore, “un’istituzione totale può essere definita come il luogo di residenza e di lavoro di gruppi di persone che, tagliate fuori dalla società per un considerevole periodo di tempo, si trovano a dividere una situazione comune, trascorrendo parte della loro vita in un regime chiuso e formalmente amministrato” (Goffman, 2003, p. 29). Ed ancora: “Uno degli assetti sociali fondamentali nella società moderna è che l’uomo tende a dormire, a divertirsi e a lavorare in luoghi diversi, con compagni diversi, sotto diverse autorità […]. Caratteristica principale delle istituzioni totali può essere appunto ritenuta la rottura delle barriere che abitualmente separano queste tre sfere di vita.
Primo, tutti gli aspetti della vita si svolgono nello stesso luogo e sotto la stessa, unica autorità. Secondo, ogni fase delle attività giornaliere si svolge a stretto contatto di un enorme gruppo di persone, trattate tutte allo stesso modo e tutte obbligate a fare le medesime cose. Terzo, le diverse fasi delle attività giornaliere sono rigorosamente schedate secondo un ritmo prestabilito […]. Per ultimo, le varie attività forzate sono organizzate secondo un unico piano razionale, appositamente designato al fine di adempiere allo scopo ufficiale dell’istituzione” (Goffman, 2003, p. 35-36).
L'internato nel corso del processo di ammissione viene umiliato e profanato in modo sistematico “il nuovo arrivato si lascia plasmare e codificare in un oggetto che può essere dato in pasto al meccanismo amministrativo dell'istituzione, per essere lavorato e smussato dalle azioni di routine” (ibidem p. 46). Durante l'ammissione presso un'istituzione totale si ha la progressiva perdita della propria identità sociale e se ne acquista una nuova: “l'individuo viene privato del suo aspetto abituale” (ibidem p. 50).

Questo brano è tratto dalla tesi:

La voce dei malati: la ricerca etnografica in sociologia della salute

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Informazioni tesi

  Autore: Roberto Foco
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Luisa Stagi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 76

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