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Il consumo di droghe. Tra Psiche e Techne. Per una prospettiva psico-antropologica.

Shulgin e la rinascita del movimento psichedelico

Durante i quindici anni successivi, l’ecstasy non è menzionata in alcun esperimento farmaceutico. Solo nel 1927 i laboratori della Merk, interessati a studiare alcuni composti chimici affini all’adrenalina e all’ephetonine, rispolverarono il precursore Methylisafrylamin. Fu il chimico May Oberlin che notò diverse analogie strutturali tra il safryl-methyl-amin (nuovo nome dato all’MDMA da Oberlin) e i composti chimici investigati dalla Merk; questi studi sembrano essere i primi dove l’ecstasy costituisce l’oggetto principale della ricerca.
I potenziali effetti psicotropi dell’ecstasy furono investigati a partire da uno studio nel 1953, compiuto sempre all’interno dei laboratori della Merk. Il chimico Wolfgang Fruhster osservò che il composto 3,4-Methylenedioxymethamphetamine aveva il potere di stimolare il sistema nervoso simpatico. Questi lavori furono commissionati alla Merk dall’organizzazione militare United States Army, con l’intento di utilizzare l’ecstasy come possibile arma strategica contro i nemici della nazione americana.
Il personaggio leader nella storia psichedelica di questa sostanza fu il chimico Alexander Sasha Shulgin, impiegato presso la Dow Chemical, il primo a sintetizzare nel 1965 l’MDMA, rendendo pubbliche le scoperte sulle sue qualità psicoattive. Qualche anno dopo, ne1 1971, l’ecstasy iniziò ad essere venduta nelle strade di New York, ma fino agli inizi degli anni ’80 le quantità smerciate non furono rilevanti.
Il consumo di MDMA salì vertiginosamente quando un gruppo texano iniziò a produrre l’entattogeno in quantità industriale. Piccole bottiglie di colore marrone con l’etichetta Sassyfras (alludendo all’olio di safrolo precursore naturale per la sintetizzazione dell’ecstasy) contenenti MDMA iniziarono ad essere commerciate senza nessuna restrizione legale, nei bar e nelle discoteche texane.
Parallelamente a questo fenomeno di massa, un gruppo di psicoterapeuti (Naranjo, Shulgin, Sargent, 1967; Grinspoon, Bakalar, 1986; Adamson, Metzner, 1988) introdusse questa sostanza all’interno delle loro sessioni analitiche. Pioniere di questa pratica sperimentale fu lo psicologo Leo Zeff che dopo avere provato su di sé una dose di ecstasy proveniente direttamente dai laboratori di Shulgin, decise di abbandonare i suoi impegni accademici, dedicando il resto della sua vita ad investigare le possibili applicazioni psicoterapeutiche di Adam (Saunders, 1993, Canali 2002). Nuovo nome di battesimo dato da Zeff all’ecstasy, perché gli effetti psicoattivi di questa sostanza sono in grado di annientare le barriere dell’Ego, consentendo così all’individuo di tornare ad uno stadio d’innocenza primordiale, “adamitica”.
Di pari passo al rinnovato movimento psichedelico, decaduto in seguito alle leggi repressive che avevano messo alla gogna l’L.S.D. e tutte le altre sostanze allucinogene alla fine degli anni sessanta, acquisirono nuovo vigore anche le tendenze d’avanguardia che adesso si riconoscevano nel popolo danzante dei rave, enormi raduni dove una musica elettronica ipnotica e ripetitiva, sommata agli effetti dell’MDMA, era capace di indurre uno stato di trance collettiva (Lapassade, 1997).
Durante gli anni della sua massima diffusione, divampò un acceso dibattito per l’adozione del termine più adeguato. Il nome ecstasy fu coniato dal gruppo texano per ragioni di mercato, mentre Ralph Metzner nel 1983 candidò come termine più idoneo alle peculiarità psicoattive della sostanza il suffisso empatogeno, nel 1986 David Nichols propose invece l’appellativo entattogeno.

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Il consumo di droghe. Tra Psiche e Techne. Per una prospettiva psico-antropologica.

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Informazioni tesi

  Autore: Igor Vegni
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Elena Calamari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 306

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