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Il diritto di controllo del socio nella s.r.l.

Correttezza e buona fede

Ponendosi in una prospettiva diametralmente opposta rispetto a quella degli interessi tutelati dell’art. 2476.2 c.c., occorre verificare quale sia il “costo indiretto” dell’introduzione, a favore di ogni singolo socio, di tali penetranti poteri di controllo sulla gestione e sulla vita societaria in genere.
In effetti, la soluzione accolta nel nuovo testo «pecca forse di qualche eccesso di zelo o forse di eccessivo investimento di fiducia nelle virtù dell’iniziativa individuale del socio», rischiando di spostare il punto di equilibrio tra tutela della funzionalità della società e principio della rilevanza del socio a favore del secondo. Così, nell’ipotesi in cui l’esercizio dei poteri di controllo rivelasse unicamente un intento speculativo ovvero qualora ricorressero circostanze tali da far presumere un uso distorto dei poteri di controllo stessi al solo scopo di creare intralcio al normale svolgimento dell’attività sociale, si assisterebbe al fenomeno dell’abuso del diritto.
Il diritto all'informazione è illimitato, estendendosi teoricamente su ogni aspetto della gestione. Ciò non significa però che esso non incontri alcun limite nel suo concreto esercizio. É necessario che il socio tenga un comportamento conforme all'interesse sociale, e al divieto di violazione di buona fede e correttezza, di cui agli articoli 1175 e 1375 c.c.
Anzitutto il socio deve astenersi da un'ingerenza nell'attività sociale maggiore di quella che legittimamente ha ragione di esercitare per la effettiva tutela dell'interesse protetto. Essenziale è pertanto che l'esercizio del diritto ad essere informati non costituisca, invece, una mera turbativa dell'attività di gestione degli amministratori. Sicché viola il principio della correttezza la richiesta di informazioni e chiarimenti di cui il socio non abbia effettivamente bisogno, ma che sia posta in essere al solo scopo di ostacolare lo svolgimento dell'attività sociale, ad esempio richieste di informazioni già esaurientemente soddisfatte in precedenza.
In tale ipotesi l'esercizio del diritto all'informazione non incontra più quella tutela riconosciutagli dall'ordinamento giuridico, ma trova quale limite al suo esercizio l'esigenza di evitare nocumento alla società. Analoghe considerazioni valgono, naturalmente, per l'esercizio del diritto di consultazione.
Gli amministratori potranno, ogni qualvolta la richiesta del socio sia chiaramente motivata da intenti e fini ostruzionistici, o comunque tali da ostacolare o rendere più gravosa la gestione sociale, legittimamente rifiutarsi di fornire le informazioni o di consentire la consultazione dei documenti.
Il diritto di controllo deve essere esercitato secondo correttezza e buona fede, nel senso che il socio, nell'esercitare il diritto all'informazione, deve conservare e proteggere l'interesse della società dalla propria sfera di riservatezza: il socio deve pertanto impegnarsi affinché le notizie e i documenti a lui forniti non vengano a conoscenza dei terzi.
La base normativa di cui potrebbero avvalersi gli amministratori per opporre un rifiuto al socio potrebbe essere l'art. 1375 c.c. Il quotista che chiede informazioni ai fini di un successivo utilizzo che contrasta con l'interesse sociale non agisce in buona fede e i dati e le notizie gli possono essere rifiutati.
In definitiva appare ragionevole ritenere che siano vietati: 1) un esercizio del diritto d'informazione o di consultazione per fini extra-sociali con il rischio di danni in capo alla società, nonché 2) un esercizio sostanzialmente abusivo di tali diritti.
Anche in mancanza di rimedi analoghi a quelli previsti dal legislatore nelle società personali, discende dal dovere di comportamento secondo correttezza e buona fede il divieto per il socio, nell'esercizio del diritto all'informazione, di arrecare danno alla società. Per cui, qualora il socio contravvenga al suo dovere di correttezza e buona fede, sarà responsabile dei danni eventualmente cagionati alla società.
Una recentissima pronuncia della Corte d'Appello di Milano ha affermato che non è conforme ai principi generali dell’ordinamento di lealtà e buona fede, cui deve essere informato l’esercizio del diritto di controllo ai sensi dell’art. 2476, la richiesta del socio, avanzata in sede assembleare, di analizzare la documentazione contabile relativa al bilancio, già legittimamente e tempestivamente depositata presso la sede sociale; il socio ha diritto di esaminare la documentazione presso la sede sociale, non può invece pretendere l’invio al proprio domicilio di copia di tale documentazione. Più precisamente i giudici della Corte d'Appello di Milano sono stati chiamati a dare risposta al quesito se rientri tra le modalità di esercizio del diritto di controllo da parte del socio anche quella di ricevere copia di documenti sociali, a spese della società, in via diretta, cioè senza che i documenti sociali richiesti siano stati preventivamente consultati e, quindi, selezionati per l'estrazione di copie presso la sede sociale da parte del richiedente.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il diritto di controllo del socio nella s.r.l.

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Informazioni tesi

  Autore: Ottavio Tosti
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Vincenzo  Calandra Buonaura
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 117

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