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L'accordo Fiat-Chrysler

Opposizioni al piano Fiat-Chrysler

Con la decisione di approdare alla procedura dettata dal Chapter 11, il destino della Chrysler è passato tra le mani del giudice fallimentare Arthur Gonzalez del tribunale di New York. Il compito che il tribunale fallimentare doveva assolvere è principalmente quello di approvare la cessione degli asset della casa di Detroit alla NewCo e affrontare le obiezioni dei creditori che hanno bocciato l’intesa raggiunta con il Dipartimento del Tesoro.
Durante la prima udienza, svoltasi il primo di maggio, il giudice ha approvato senza difficoltà una serie di mozioni, tra cui quella che ha permesso a Chrysler di pagare gli stipendi arretrati ai propri dipendenti. Nell’udienza del 5 di maggio Gonzalez ha già dovuto affrontare il problema dei creditori dissidenti, gruppo che si è indebolito perdendo metà degli aderenti e con in mano solo 300 milioni di dollari rispetto ai quasi sette miliardi di debiti della casa americana.
La denuncia di questo gruppo di creditori, accusati da Obama nel suo discorso del 30 aprile di essere invece degli speculatori, consisteva nel fatto che la vendita fosse viziata e controllata dal governo. Le accuse verranno respinte immediatamente in questa seconda udienza e inoltre, dietro ordine del giudice, è stata rivelata l’identità dei dissidenti: comprendevano il Group G Partners, Foxhill Opportunity Master Fund, Schultze Capital Management, Arrow Distress Securities e Stairway Capital Management. Sempre in questa sede il giudice ha fissato la data del 27 maggio come ultima utile per la vendita degli asset.
Pochi giorni dopo alcuni rivenditori di Chrysler si alleano e assumono un legale per difendere i propri interessi, questo dopo l’annuncio del taglio di 800 concessionari, su un totale pari a 3200 unità. Questa decisione è stata presa guardando ai modelli di distribuzione delle case giapponesi nel territorio americano, prima fra tutte Toyota.
Il 21 maggio anche tre fondi pensione dei dipendenti pubblici dell’Indiana chiedono al tribunale di bloccare la suddetta vendita perché violerebbe i loro diritti. I tre fondi (l’Indiana State Teachers Retirement Fund, l’Indiana State Police Fund e l’Indiana Major Moves Construction), che detengono obbligazioni per 42,5 milioni di dollari, ritengono l’imminente intesa tra Fiat e Chrysler incostituzionale e viziata da pressioni della Casa Bianca. Al termine della scadenza fissata per la cessione alla NewCo, datata 27 maggio 2009, le richieste dei concessionari e dei fondi pensione vengono respinte dal giudice Arthur Gonzalez.
Nonostante ciò la continua presentazione di obiezioni, all’incirca 350 tra quelle dei creditori e dei rivenditori, fa sì che l’approvazione della procedura di vendita degli asset venga posticipata al primo giugno. In questa data il tribunale fallimentare dà via libera all’alleanza, ma i tre fondi dello stato dell’Indiana preannunciano da subito un loro ricorso in appello.
Il ricorso presentato alla Corte d’Appello contesta la proposta di rimborso delle loro obbligazioni a 29 centesimi per dollaro. Inoltre i tre fondi si sono opposti al giudice sostenendo l’illegittimità dell’intervento del TARP e che la conclusione dell’accordo con Fiat fosse artificiosamente siglato in tempi troppo brevi. Anche questo ricorso in appello verrà respinto e perciò il 7 giugno i fondi pensione inviano alla Corte Suprema degli Stati Uniti una richiesta d’emergenza con lo scopo di sospendere la cessione degli asset dell’azienda americana. Il blocco della vendita darebbe il tempo ai fondi di presentare un formale appello e richiedere in esso la bocciatura dell’intera operazione perché, come ribadito antecedentemente, sarebbe incostituzionale verso i creditori.
Simili richieste di sospensione alla Corte Suprema vengono approvate raramente ma le conseguenze per l’intesa Fiat-Chrysler, appoggiata dallo stesso governo americano, potrebbero essere rilevanti: generalmente un ricorso al massimo organo giudiziario americano può trascinarsi per settimane o addirittura mesi, incrementando così il rischio di far deragliare l’intero accordo.
Inoltre ogni giorno di ritardo costa all’azienda americana cento milioni di dollari a causa del prolungamento dell’amministrazione controllata e allo stesso tempo Fiat ha la facoltà di ritirarsi se la fusione non viene regolamentata entro il 15 di giugno.
A presiedere la Corte Suprema sarà il giudice Ruth Bader Ginsberg e, secondo la regolamentazione americana, avrà la possibilità di prendere una decisione immediata o richiedere alle parti coinvolte di depositare rapidamente ulteriori documentazioni. Se il caso verrà sottoposto ai nove giudici che compongono la Corte Suprema almeno quattro dei nove magistrati dovranno essere favorevoli per accettare di ascoltare un appello.
La decisione del giudice Ginsberg è quella di bloccare, almeno temporaneamente, il perfezionamento dell’accordo nonostante le pressioni della task force del presidente Obama e della classe dirigente uscente di Chrysler. Questa sentenza potrebbe causare problemi al completamento della fusione se si protraesse oltre il 15 giugno: il documento firmato il 30 aprile 2009, in cui le due case automobilistiche si impegnavano per la realizzazione di un’intesa strategica, non avrebbe più valore e inoltre dopo tale data la ristrutturazione della società americana incorrerebbe in molteplici difficoltà. Oltretutto è anche vivo il rischio che il dossier venga esaminato in autunno, dato che la Corte Suprema interrompe solitamente la sua attività da fine giugno fino all’inizio di settembre.
Per i motivi appena citati il governo Usa, Fiat e Chrysler inviano tre documenti all’attenzione della Corte Suprema, in risposta al fascicolo dei tre fondi pensione.
Fortunatamente il 10 giugno 2009 i giudici della Corte Suprema si pronunciano positivamente riguardo la procedura di vendita degli asset respingendo il ricorso dei tre fondi pensione dell’Indiana e nello stesso giorno Fiat Group Automobiles e Chrysler Group LLC perfezionano la loro alleanza strategica globale attraverso un altro comunicato congiunto.
Nel documento emesso dalle due aziende automobilistiche si ribadiscono l’importanza di questa intesa e i punti fondamentali che la compongono, dettagli già ampliamente citati in questo elaborato. In aggiunta vengono designati il nuovo presidente della casa automobilistica americana e il nuovo amministratore delegato; rispettivamente Robert Kidder e Sergio Marchionne, il quale ricoprirà un duplice ruolo in quanto già ad di Fiat.
Il giorno seguente, con l’apposizione di una semplice firma e il trasferimento dei fondi del governo americano, la nuova Chrysler diventa da subito operativa e Marchionne si rivolge immediatamente ai suoi nuovi dipendenti con un messaggio caratterizzato dai tratti positivi e di forte ottimismo: nella lettera afferma che la nuova società ha significativi vantaggi strategici, un bilancio in salute, una struttura dei costi competitiva, una nuova ed ampliata rete di concessionari, rapporti solidi con i fornitori e un miglioramento nella efficienza operativa e nella qualità dei prodotti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'accordo Fiat-Chrysler

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Illiani
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere Moderne
  Corso: Lingue e culture moderne
  Relatore: Claudio Ferrari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 94

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