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La promozione del prodotto culturale nel mondo della discografia. Il caso dell'agenzia Kizmaiaz

Dall'orientamento al prodotto all'orientamento al marketing

Gli anni Settanta sono caratterizzati da una forte crescita del mercato fonografico, anche in termini di espansione internazionale.
Si è visto nel paragrafo precedente come il gran numero di etichette indipendenti sorte nel dopoguerra avessero saputo rivolgersi ad un mercato interessato a generi di nicchia, anche grazie all'appoggio della radiofonia locale. Le major discografiche da parte loro avevano costituito dei network di etichette, inglobando o creando divisioni che si occupassero di estendere il catalogo anche a quei nuovi generi così remunerativi.
Più in generale, si assisteva da parte di diversi soggetti ad una crescente integrazione di funzioni: le etichette incorporavano la funzione editoriale e l'espansione della domanda aveva fatto sì che artisti, distributori, editori e vari enti che operavano nel settore musicale decidessero di investire in nuove produzioni fonografiche.
Fu particolarmente rilevante nel cambiamento dell’assetto del settore l’integrazione della funzione distributiva da parte delle grandi case fonografiche (cfr. D'Amato, 2009, p.99).
Ciò significava prima di tutto esercitare un controllo sui prodotti attraverso un'azione di gatekeeping. In un mercato sempre più complesso, l'integrazione della distribuzione consentiva inoltre una coordinazione più efficace con le attività promozionali, le quali assorbivano in quegli anni ingenti investimenti (cfr. supra, I.3; Caves, 2000, p. 206).
La strategia delle major era caratterizzata da un'approccio di tipo push (cfr. supra, I.3), utilizzavano cioè la funzione promozionale per spingere il pubblico all'acquisto e adottavano misure distributive coordinate, tra le quali rientra la già citata pratica del rack jobbing (cfr. supra, II.3; D’Amato, p. 99). Parallelamente le scelte di produzione si concentravano sul versante artistico, che riscuoteva maggiore successo. Vista la crescente concorrenza e l'aumento dell'offerta, le major decisero infatti di impegnarsi su quegli artisti e su quei brani che rappresentavano un investimento “sicuro”. In quest'ottica il controllo della funzione distributiva rientrava in una strategia di monitoraggio dei feedback e delle richieste del mercato (cfr. ibid.).
Un'interessante analisi delle dinamiche in cui rientrano gli obiettivi delle grandi case discografiche è quella operata da Simon Frith (1981), tra i maggiori studiosi del fenomeno del rock. Oltre ad approfondire le strategie commerciali adottate dalle major per raggiungere il pubblico e riservarsi un certo profitto, egli associa la produzione del rock al suo stesso consumo, conferendo ai fruitori della musica una certa importanza per l'orientamento della produzione. Evidenziando la varietà dei soggetti coinvolti nell’ascolto della musica rock e le differenze di senso che essi gli corrispondono, Frith intende mostrare quanto il fruitore sfugga alla conoscenza del mercato a cui l'industria musicale aspira, portando l'impresa discografica a basare la sua produzione su valutazioni che non possono comunque sviscerare le vere motivazioni del consumo di musica.
Nell'ottica concettuale di Walter Benjamin, secondo il quale l'arte riprodotta attraverso la tecnologia aveva alterato la relazione tra le masse e l'arte (1936), Frith elabora l'idea che il successo del rock scaturisca dal conflitto tra la sua manipolazione commerciale da una parte, e le aspirazioni di un'espressione autentica da parte dei musicisti e dei fruitori dall'altra. Sono questi ultimi infatti ad elaborare, proprio attraverso i mezzi di comunicazione di massa, il valore della produzione culturale (Frith, 1981).
La musica rock si presta infatti ad appropriazioni locali molto differenziate ed originali: benché si sia da sempre insediato nel mondo giovanile, il rock viene fatto proprio anche dalla classe operaia e la costruzione di significato relativa al suo approccio è stata tra l’altro assai variabile a seconda del contesto geografico (ibid.).
La diversificazione del rock nei diversi contesti regionali e cittadini fu favorita ancora una volta dalle radio locali, che si rivolgevano ai vari segmenti di pubblico che prediligevano le tendenze musicali hippy, piuttosto che quelle di matrice rock più politicizzata, ecc.
Nel contesto britannico, in particolare, l’appropriazione locale del rock provocò tra l’altro la cosiddetta British Invasion. Questo fenomeno musicale infatti attirò l'interesse delle major americane, che iniziarono ad espandersi al di là dei confini nazionali a partire proprio dall’apertura di succursali nel Regno Unito, puntando alla vivace scena musicale britannica, che favoriva lo sviluppo di talenti.
Dal contesto dell’internazionalizzazione degli anni Settanta emersero le attuali multinazionali ed emersero altresì nuovi modelli di business basati sull'acquisizione di etichette locali, su joint venture e fusioni tra imprese, e sull'apertura di succursali più o meno indipendenti (cfr. D'Amato, 2009, p. 100).

Questo brano è tratto dalla tesi:

La promozione del prodotto culturale nel mondo della discografia. Il caso dell'agenzia Kizmaiaz

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Informazioni tesi

  Autore: Giulia Guerri
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Progettazione e Gestione di Eventi e Imprese dell’Arte e dello Spettacolo
  Relatore: Ettore Vittorini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 105

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