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Propaganda di massa e organizzazione del consenso nell'Italia fascista

Il Duce “arruola” la stampa: Il Minculpop e le Veline del Duce

Il giorno 27 ottobre 1923 Mussolini fissò, con queste chiare parole, la concezione fascista del giornalismo. “Desidero che il giornalismo si renda conto delle necessità storiche, di certe ineluttabilità storiche; desidero che il giornalismo collabori con la Nazione”.
Del resto Mussolini, essendo stato giornalista, prima che politico, si rese conto immediatamente dell’importanza fondamentale della stampa per imporre il suo potere, soprattutto attraverso i giornali.
La libertà di stampa non fu soppressa immediatamente dal governo fascista; solo dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924) furono emanate le prime leggi che iniziarono a limitarla pesantemente. La legge 31 dicembre 1925 e il successivo regolamento del 4 marzo 1926, integrati due anni dopo dal regio decreto 26 febbraio 1928, stabilì che non potevano essere iscritti all’albo dei giornalisti “…coloro che abbiano svolto attività in contraddizione con gli interessi della nazione”, disponendo inoltre, che ogni giornale avesse un direttore responsabile ben inserito nel partito fascista e che i giornali, prima di andare nelle edicole, fossero sottoposti a rigidi controlli.
A questo punto il fascismo, che già disponeva di un potente organismo giornalistico, il “Popolo d’Italia”, iniziò una vera e propria battaglia per la conquista dei grandi organismi giornalistici d’opposizione. Alla vittoria contribuirono l’opinione pubblica, la volontà delle masse, del popolo italiano, che appoggiarono pienamente il regime nella sua azione. In meno di un decennio la stampa antifascista scomparse.
Nel 1927 venne creato l’Ispettorato Giornalistico, che aveva il compito di provvedere alla sistemazione delle aziende giornalistiche acquistate, o avute in proprietà dal partito, alla gestione delle stesse e ad incentivarne il progressivo sviluppo come organi di propaganda fascista.
La nuova stampa, la stampa fascista, iniziò a rivolgere la sua attenzione alla politica estera, allo scopo di crearsi una posizione dignitosa nel contesto internazionale, attività che, precedentemente, era molto disprezzata dalla stampa democratica liberale, ma allo stesso tempo non perse di vista gli altri grandi problemi che affliggevano il paese, soprattutto il problema sociale. Ed è cosi che nacque un nuovo giornalismo, con decisa tendenza sociale, che integrò il giornalismo politico rendendolo più acuto, più aderente alla realtà.
La stampa fu completamente trasformata, divenendo la fedele interprete e la preziosa collaboratrice delle direttive del regime nell’immensa opera di restaurazione e di riordinamento nazionale.
Con il passare del tempo Mussolini si convinse sempre più, che per fascistizzare il paese, doveva attuare un sistematico accentramento e soprattutto una gestione in prima persona di tutta la “cultura di massa” o cultura popolare. Per questo, nel 1931, promulgò una serie di direttive che sancirono la definitiva soppressione della libertà di stampa, ponendo le basi a quello che fu poi il severissimo controllo su quotidiani, cinema, teatro e libri, del famigerato Minculpop.
Eccole in dettaglio:
1.Rinnovare il tipo di giornale
Il giornale deve essere organo di propaganda dell’italianità e del Regime.
Valorizzare le nuove opere italiane.
Riprodurre in quadro le idee salienti espresse dal Duce nei discorsi più recenti.
Movimentare tutte le pagine e specialmente la prima, con grandi titoli.
Si raccomanda soprattutto un’ardente passione d’italianità e di fascismo, che deve illuminare il giornale in ogni suo numero.
2. Controllo dal punto di vista nazionale e fascista
Controllare le notizie e gli articoli dal punto di vista nazionale e fascista ponendosi, cioè, il quesito se le pubblicazioni sono utili o dannose per l’Italia e il Regime.
4. Ottimismo e fiducia
Improntare il giornale a ottimismo, fiducia e sicurezza nell’avvenire.
Eliminare le notizie allarmistiche, pessimistiche, catastrofiche e deprimenti.
5. Opere assistenziali
Occuparsene dal lato organizzativo, e non da quello pietistico.
Non si deve dare all’estero la sensazione di una miseria grave che non c’è.
Non si deve battere la grancassa per raccogliere denari.
Si può dare, invece, conto dell’organizzazione e dei risultati.
14. Cronaca giudiziaria
I resoconti giudiziari devono essere controllati dal lato politico, eliminando tutto ciò che può nuocere al credito e agli interessi generali.
15. Fotografie
Le fotografie di avvenimenti e panorami italiani devono essere sempre esaminate dal punto di vista dell’effetto politico.
Così se si tratta di folle, scartare le fotografie con spazi vuoti; se si tratta di nuove strade, zone monumentali, ecc., scartare quelle che non danno una buona impressione di ordine, di attività, di traffico, ecc.
16. Dialetti
Non pubblicare articoli, poesie o titoli in dialetto.
L’incoraggiamento alla letteratura dialettale è in contrasto con le direttive spirituali e politiche del Regime, rigidamente unitarie.
Il regionalismo, e i dialetti che ne costituiscono la principale espressione, sono residui dei secoli di divisione e di servitù della vecchia Italia.
18. Mezzogiorno
Non usare più la denominazione ‘Mezzogiorno’.
Il Mezzogiorno nella nuova Italia può cominciare a sud della Sicilia.
22. Resoconti parlamentari
Non parlare di ‘lavori’ parlamentari, frasi del vecchio tempo. Citare, invece, anche nei titoli, i principali provvedimenti presi.
29. Tesseramento sindacale
Si raccomanda di non pubblicare cifre sul tesseramento sindacale, perché possono dare spunto a commenti antifascisti, con malevoli interpretazioni.
Per molti anni il controllo della stampa avvenne attraverso il Capo Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio, organo strettamente collegato a Mussolini e al quale si succedettero varie personalità politiche. Quando nel 1933 l’incarico fu affidato a Galeazzo Ciano, l’ufficio si trasformò in sottosegretariato di Stato per la Stampa e Propaganda, finché, nel 1935, divenne Ministero della Cultura Popolare. Dopo Ciano furono ministri della Cultura Popolare Dino Alfieri, Alessandro Pavolini e, per il periodo più lungo, Gaetano Polverelli. Questo vitalissimo ministero, che cominciò ad agire nel 1937, rappresentò la continuità sotto il profilo politico-istituzionale, rispetto al precedente sottosegretariato e si rivelò un organo indispensabile per la realizzazione di una vera e propria “pedagogia di regime”. Questa continuità politico-culturale si esercitò attraverso le varie direzioni generali del Minculpop.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Propaganda di massa e organizzazione del consenso nell'Italia fascista

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Salvador
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Giampietro Berti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 132

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