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Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Il caso Petroni: conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato

La bufera del ’68 – 69 non lasciò indenne la RAI

Nel corso degli anni Sessanta, perlomeno fino alla grande cesura del ’68, i rapporti tra la RAI e il mondo politico non cambiarono in maniera sostanziale; sebbene, infatti, la guida dei governi di centro – sinistra organico andò a Moro, la RAI restò saldamente nella mani di Bernabei e del gruppo fanfaniano. All’interno dell’Azienda, nonostante l’acceso dibattito a favore di una riforma strutturale, il direttore generale puntava alla sua completa «politicizzazione» mediante la progressiva estromissione dei “vecchi” aziendali e una sempre più equilibrata spartizione dei posti chiave con dorotei, socialisti ed esponenti dei partiti laici di governo. Bernabei continuava con coerenza a portare avanti il suo progetto di fare della televisione lo strumento dell’egemonia culturale della classe dirigente nella convinzione, tuttavia, che il modello televisivo proposto «corrispondesse realmente ai bisogni degli italiani, ne rispecchiasse con un accettabile grado di approssimazione l’identità di popolo». L’offerta del palinsesto si ampliava e si differenziava, il successo popolare della TV era ancora incontrastato ed erano oltre 24 milioni le persone che utilizzavano quotidianamente il televisore domestico. Il 25 giugno 1967 la RAI partecipava per la prima volta alla Mondovisione e mandava in onda il primo collegamento diretto con cinque continenti. La TV italiana cercava quindi di essere al passo coi tempi e di competere con le altre emittenti europee; anche se poi per l’introduzione della televisione a colori si dovette aspettare, sia a causa dell’opposizione di alcuni settori politici (PRI in testa9, sia delle pressioni di alcune lobbies imprenditoriali, fino al 1975 quando ormai la tecnologia del colore era a disposizione da quasi un decennio.

All’interno dell’Azienda la spinta più forte alla modernizzazione delle strutture venne in questi anni dal nuovo amministratore delegato Gianni Granzotto, entrato in carica nell’aprile del ’65. Giornalista vicino all’aerea della democrazia laica, Granzotto riteneva che fosse giunto il momento di cambiare i metodi di gestione della RAI, introducendo criteri di organizzazione più moderni e manageriali e riducendo, nel contempo, il peso dei «politici» e le ingerenze democristiane. Dopo una fase iniziale di «buon vicinato» tra Bernabei e Granzotto, la rottura si ebbe quando l’amministratore delegato, anche per far fronte alla difficile situazione economica in cui stava precipitando la RAI, decise di affidare uno studio sullo riorganizzazione dell’Azienda a Gino Martinoli, Giuseppe De Rita e Salvatore Bruno. Il «rapporto degli esperti», redatto nel corso del 1968 e reso noto solo nell’aprile dell’anno successivo, non sortì tuttavia gli effetti sperati dai suoi promotori: accusato dalle sinistre di rafforzare il carattere imprenditoriale e «neocapitalistico» dell’Azienda, inviso a Bernabei che coglieva il tentativo di strappare la RAI al controllo dei fanfaniani, accolto fra molte polemiche anche dalla stampa nazionale, il rapporto venne ben presto liquidato e alla fine anche Granzotto scelse di rassegnare le dimissioni.

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Di Vincenzo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze e tecnologie delle arti figurative, musica, spettacolo e moda
  Relatore: Giancarlo Monina
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 153

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Parole chiave

commissione parlamentare di vigilanza
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