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Caratterizzazione strutturale mediante diffrazione dei raggi x e dicroismo circolare del mutante des-(16-20)-RNasi A

Cristallizzazione

La cristallizzazione di molecole biologiche da una soluzione si ottiene riducendo la solubilità del soluto. In una soluzione satura il sistema si trova in uno stato di equilibrio in cui il soluto è ripartito tra una fase liquida ed una fase solida. Alla saturazione non si può ottenere un netto aumento nella quantità di soluto nella fase solida, poiché un tale aumento sarebbe controbilanciato da un’equivalente dissoluzione. In queste condizioni i cristalli non si formano. Il sistema deve essere guidato verso uno stato di non equilibrio, lo stato di soprasaturazione, in cui la concentrazione del soluto eccede la sua solubilità in soluzione. In questo caso l’equilibrio può essere ristabilito riducendo la concentrazione del soluto mediante precipitazione o formazione dei cristalli.
Questi sono principi generali che governano la crescita di cristalli sia di piccole molecole che di macromolecole biologiche. In particolare nel caso delle proteine, che sono sistemi chimico-fisici estremamente complessi, rispetto a sostanze di basso peso molecolare, il processo di cristallizzazione dipende da molti parametri ambientali quali: pH, forza ionica, temperatura, presenza di contaminanti, ligandi, etc.
Gli esperimenti di biocristallizzazione vanno effettuati su campioni con elevato grado di purezza biochimica e strutturale ed in condizioni che non denaturino la proteina. Si tratta di individuare delle condizioni che abbinino la ridotta solubilità alla omogeneità strutturale, condizioni molto specifiche e difficili da definire a priori. Per questa ragione la cristallizzazione è considerata lo stadio lento nella determinazione strutturale mediante diffrazione dei raggi X su cristallo singolo di una macromolecola biologica.
La cristallizzazione è un processo complesso che avviene in più stadi. Il primo stadio è la nucleazione: le singole molecole inizialmente si combinano in piccoli aggregati (catene).
L’interazione tra catene produce degli aggregati prenucleari. Quando un numero sufficiente di molecole si è associato nelle tre dimensioni si ottiene un nucleo critico o stabile. Questi nuclei forniscono le superfici opportune per la crescita dei cristalli, crescita che costituisce il secondo stadio. Il terzo stadio è la cessazione della crescita che si verifica o quando la soluzione è sufficientemente povera di molecole di proteina o quando deformazioni indotte da tensione meccanica destabilizzano il reticolo o ancora quando le facce del cristallo in crescita, vengono avvelenate da impurità.
Bisogna, inoltre, ricordare che mentre i cristalli di molecole più piccole contengono pochissimo solvente o ne sono addirittura privi, i cristalli macromolecolari sono costituiti in media da circa il 50% di solvente (il valore può variare dal 30% al 90%). I cristalli macromolecolari possono, quindi, essere immaginati come gel ordinati che presentano ampi pori e cavità pieni di solvente. Un cristallo disidratato si frantuma, esso deve, quindi, essere sempre bagnato dalla soluzione madre. In proporzione alla massa molecolare, il numero di legami che le molecole piccole formano in un cristallo è molto più grande rispetto a quello dei legami formati dalle macromolecole. Poiché questi contatti costituiscono le interazioni che mantengono l’integrità del cristallo, ciò spiega la differenza nelle proprietà dei cristalli di molecole piccole e di macromolecole e perché sia così difficile ottenere cristalli di macromolecole. La presenza di canali nei cristalli di proteina ha conseguenze anche sull’analisi per diffrazione dei raggi X. A causa delle ampie cavità interstiziali e delle deboli forze reticolari le posizioni delle molecole in un cristallo macromolecolare possono variare leggermente da una cella elementare all’altra. Di conseguenza, mentre i cristalli di molecole piccole danno diffrattogrammi spesso con una risoluzione vicina al limite teorico, il limite di risoluzione dei cristalli di proteine è generalmente più basso. Va comunque sottolineato che, l’elevato contenuto in solvente dei cristalli macromolecolari non è una caratteristica del tutto negativa: a causa dell’idratazione la struttura di una macromolecola è virtualmente immutata rispetto a quella che si osserva negli organismi viventi. Oltre a ciò i pori pieni di solvente dei cristalli macromolecolari sono abbastanza ampi da permettere il passaggio di composti che interagiscono con la macromolecola: ioni, substrati enzimatici, coenzimi, inibitori, ligandi, farmaci etc.
La cristallizzazione di biomacromolecole è generalmente condotta su scala microscopica con campioni di pochi microlitri: ciò consente di provare diverse condizioni di cristallizzazione riducendo la quantità di materiale da utilizzare. Numerose sono le tecniche che possono essere utilizzate per effettuare esperimenti di cristallizzazione.

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Caratterizzazione strutturale mediante diffrazione dei raggi x e dicroismo circolare del mutante des-(16-20)-RNasi A

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Informazioni tesi

  Autore: Nancy Acampa
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Napoli
  Facoltà: Farmacia
  Corso: Chimica e tecnologia farmaceutiche
  Relatore: Filomena Sica
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 81

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