La crisi finanziaria 2008-2009 e le ripercussioni nei paesi in via di sviluppo: il caso della Turchia

La turbolenza finanziaria esplosa dopo la crisi dei mutui sub prime negli USA, e l’intensificarsi della stessa dopo il collasso di colossi bancari ed assicurativi come Lehman Brothers ed AIG ha fatto crescere la preoccupazione di un’altra Grande Depressione.

Dopo un’iniziale resistenza, la turbolenza ha raggiunto le economie dei paesi emergenti e di quelle in via di sviluppo. Dall’ultimo trimestre del 2008 molte economie emergenti hanno cominciato a soffrire dello stress finanziario globale.

I tassi di cambio hanno cominciato ad essere sotto pressione, dominati dal deprezzamento e dall’esaurimento di valuta estera. Preoccupazioni circa la diminuzione dell’afflusso di capitali e della sostenibilità esterna, ed il deterioramento delle prospettive economiche hanno colpito duramente i mercati azionari.

Molti investitori stranieri si sono ritirati da molti mercati emergenti, sebbene ad eccezione di alcune, con conseguenti effetti disastrosi per queste economie che spesso dipendono dagli investimenti esterni. La produzione industriale è difatti crollata negli ultimi mesi del 2008. All’inizio del 2009 si è registrata una contrazione annuale del 17.6% nei paesi emergenti europei, riflettendo una domanda calante di importazioni dai paesi avanzati.

Durante crisi su larga scala simili (America Latina ; Crisi Asiatica 1997-1998) gli afflussi di capitale si sono prosciugati per lungo tempo. Gli effetti sono però differenti a seconda dei paesi, quindi della loro composizione economica, dal grado di sviluppo finanziario, dal grado di interrelazioni commerciali e finanziarie con i paesi sviluppati. A questo proposito una non irrilevante eccezione rispetto alla crisi generalizzata è rappresentata dalla buona tenuta di alcuni paesi, i cosiddetti ‘BRIC’ (Brasile, Russia, India, Cina).