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Linguaggio e verità in Paul Celan

Due osservazioni di Benjamin sul poetato: "Due poesie di Holderlin"

Nel suo saggio Due poesie di Hölderlin, Benjamin ci dice almeno due cose importanti relative a Hölderlin ed all’esegesi dei suoi testi.
La prima consiste nell’approfondimento del concetto di poetato, nelle due modalità in cui è un concetto limite: come confine tra forma e materia poetiche e come confine tra poesia e vita.

Il poetato è l’oggettività del compito poetico, la sintesi dell’ordine intuitivo e dell’ordine intellettuale che la poesia, pur sommariamente, compie. Il poetato da una parte è l’allentamento dei solidi legami funzionali che tengono in piedi l’edificio poetico ed è quindi il luogo in cui il senso intimo di un componimento si estende a dominio di senso più ampio, parzialmente trascendente rispetto alle strutture monadiche ed intrafunzionali da cui la lirica scaturisce, è territorio relazionale, privo di elementi ultimi, che mantiene una distanza cautelare tanto dal dogmatismo dell’intenzione quanto dalla pura militanza iperermeneutica; dall’altra è il banco di prova del compito del poeta, ovvero la vita.
Tanto più un poeta trascrive immediatamente la vita nella poesia, tanto meno riesce nel compito.
Il poetato come concetto-limite è precisamente il territorio metaforico in cui la vita si dà nella poesia mediante la via più lunga dell’oprare poetico che, trasfigurandola, la restituisce al suo proprio ambito di verità.

La seconda osservazione di Benjamin ci dice, in relazione a questo concetto-guida, qualcosa di molto importante sullo scrivere di Hölderlin. Confrontando la prima e la seconda stesura di una medesima poesia (Dichtermut il primo titolo, Blödigkeit il secondo) Benjamin mostra come da una condizione di imperfezione intuitiva, in cui la forma incompiuta della scrittura poetica mal si amalgamava al suo contenuto e in cui per conseguenza tra poesia e vita si interponeva la necessità del supporto mitologico, nella seconda stesura Hölderlin passi ad un rafforzamento dell’elemento intuitivo che trasfigura l’ambasciata ermeneutica del mitologico nella stessa struttura interna del mito, gettando in qualche misura la poesia al di fuori dell’ambito mitico, o meglio racchiudendo il mitico all’interno del proprio equilibrio semantico/sintattico. I celesti della prima stesura rimanevano al di là del canto del poeta; nella seconda essi cadono totalmente in balia del loro principio: la forma. In questo modo, nella totalità del canto, si compie il suo poetato e la forma rende giustizia a quanto il messaggio della poesia enuncia: la crucialità del poeta come semidio, messaggero degli Dei e del popolo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Linguaggio e verità in Paul Celan

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Informazioni tesi

  Autore: Massimo Baldi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Fabrizio Desideri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 160

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