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La crisi finanziaria islandese: cause, costi e prospettive per il Paese

L'adesione all'area euro

La crisi finanziaria ha riaperto il dibattito in merito ad una possibile adesione all'Unione Europea, e quindi all'ingresso nell'Unione Economica e Monetaria e l'ingresso dell'euro quale moneta nazionale anche per l'Islanda.
Il Parlamento l'estate appena conclusa ha votato favorevolmente al fine di sottoporre la propria candidatura all'UE.
Sicuramente l'adesione potrebbe arrecare all'isola non pochi vantaggi, data anche la natura degli squilibri che sta soffrendo: deprezzamento della corona e drammatica bilancia dei pagamenti sono problematiche che potrebbero essere ridimensionate grazie alla sostituzione della moneta islandese con l'euro, e all'intervento della Banca Centrale Europea (BCE). In realtà la possibilità di aderire all'area euro è una prospettiva che guadagna consenso nel Paese dal momento in cui scoppia la crisi, ma l'allora primo ministro Haarde, euro-scettico della prima ora, non aveva valutato l'opportunità. L'attuale primo ministri, invece, considera l'adesione all'UE quale un'occasione rilevante per fronteggiare meglio la crisi e guidare la ripresa. I vantaggi che potrebbero derivare dall'adesione non sono solo in termini monetari grazie all'inserimento di una moneta forte e stabile quale l'euro, ma anche perché la procedura di adesione, che avviene attraverso il rispetto dei criteri di Copenaghen, spingerebbe ancor più il Paese a migliorare i propri risultati. Infine vi è da considerare che uno degli aspetti più impegnativi per l'adesione sta nell'acquisire l'acquis communitaire, ossia quel corpo di norme dell'UE che l'Islanda ha già fatto entrare nel suo sistema legislativo al momento dell'ingresso nell'Area Economica Esclusiva in qualità di membro EFTA:
Sotto il profilo burocratico l'accesso all'UE richiede la ratifica da parte di tutti e 27 gli Stati membri, mentre a livello nazionale richiede il parere positivo di un referendum popolare. Gli ostacoli al suo ingresso potrebbero risiedere nel fatto che l'Islanda ancora ha delle misure protezionistiche a tutela del settore agricolo e della pesca, che dovrebbe eliminare per poter accedere al mercato unico europeo.
Partecipando alla politica monetaria della Banca Centrale Europea, l'Islanda ha un vantaggio competitivo nel poter riacquistare credibilità grazie all'influenza stabilizzatrice che potrebbe abbassare i tassi di interesse, giovando ai costi sul servizio del debito pubblico. D'altra parte il ruolo della BCE sarebbe fondamentale anche per aggiustare il settore privato, grazie a più bassi costi per accedere al capitale. La condivisione di una moneta unico (l'euro) rinforzerebbe anche le relazioni commerciali con gli altri partner europei, aumentando la sincronia del ciclo d'affari. Certo è che, entrando nell'UE, l'Islanda perderebbe la possibilità di intervenire sul cambio per seguire gli shock del mercato, ma il rinunciare alla politica dell'aggiustamento del tasso di cambio (peraltro usata dai PVS per guidare lo sviluppo e drammaticamente errata) non dovrebbe essere un grave problema per un Paese che ha dimostrato di essere flessibile agli shock quale l'Islanda.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La crisi finanziaria islandese: cause, costi e prospettive per il Paese

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Informazioni tesi

  Autore: Giulia Cavagna
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Giovanni Somogyi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 54

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