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Le attività terapeutiche degli internati dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario ''F. Saporito'' di Aversa

La nascita dell’O. P. G. (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) “F. Saporito” di Aversa

Nel 1876 nell’edificio dell’ex convento di San Francesco, ad Aversa, il direttore generale delle carceri, Martino Beltrani Scalia, creò la sezione per maniaci, inviandovi diciannove rei folli. In seguito il Regolamento generale delle carceri emanato nel 1891, a seguito del Codice Penale Zanardelli del 1889, previde la misura del manicomio giudiziario per i condannati divenuti pazzi durante l’espiazione della pena e per gli imputati ed accusati per i quali l’Autorità giudiziaria competente ordina il ricovero forzato, temporaneo o definitivo.

Nel 1876 giunge alla direzione di Aversa il dottor Gaspare Virgilio, medico chirurgo della casa penale. Fece vari studi sul parallelismo tra malati di mente comuni ed alienati delinquenti. Egli si impegna in una vasta e profonda opera di rinnovamento del manicomio stesso, soprattutto forzando le province, ad esso ancora afferenti, a non ricoverare i folli ad Aversa.

Conduce la sua battaglia a favore della “disgraziata classe dei pazzi” sia con gli scritti sia ricorrendo a misure particolarmente forti come il blocco delle ammissioni. E solo a partire dal 1881 le province cominciano a ritirare i loro malati. Tra il 1883 e il 1885 le province di Avellino, Bari, Campobasso, Cosenza, Foggia e Salerno ritirano i loro malati da Aversa, in quanto hanno costituito un consorzio per ricoverare i folli nel nuovo manicomio che sorge a Nocera Inferiore, il Vittorio Emanuele II.

Nel 1904 la sezione per maniaci fu ampliata e trasformata in direzione autonoma di manicomio giudiziario. Nel 1907 successe a Virgilio nella direzione del manicomio giudiziario di Aversa Filippo Saporito, da cui l’O. P. G. ha preso il nome.

Filippo Saporito, uno dei luminari della psichiatria e criminologia mondiale, nacque ad Aversa nel 1870 e morì nel 1955. Non lasciò mai la sua Aversa, erigendola a capitale internazionale di studi in questi settori della scienza, se non per partecipare a convegni e simposi internazionali o per ritirare premi e riconoscimenti al suo lavoro. Già prima di laurearsi in medicina collabora con l’ospedale psichiatrico della Maddalena, dove già il nonno esercitava la professione di medico.

Proprio nell’O. P. G. Saporito svolse la sua intensa attività, che lo porterà ad essere uno dei maggiori esperti di sempre nell’Antropologia Criminale, e come recita una targa che si trova nella biblioteca dell’istituto: “Fece della sua vita un apostolato per riaccendere in coscienze imbucate dal morbo e dal delitto la divina scintilla del pensiero proteso verso il bene”. Riorganizzò, infatti, l’intera struttura, all’epoca alloggiata in luoghi fatiscenti e riuscì ad acquisire l’ex Castello Aragonese, dove per anni fu ospitata la sezione femminile dell’Ospedale psichiatrico giudiziario. Nell’antica sede della cavalleria borbonica trovarono ospitalità, o secondo alcuni prigionia, le protagoniste di delitti atroci e passionali.

In questo periodo si poneva il problema della creazione di spazi di detenzione per i soggetti autori di reato incapaci di intendere e di volere, e per i rei folli. I manicomi civili e le direzioni delle carceri si rifiutavano di ospitarli. Quindi ad Aversa, seguendo l’esempio dell’Inghilterra, della Francia, della Germania, del Canada, degli Stati Uniti, si sperimentò il primo esempio d’asilo per maniaci, prototipo del manicomio giudiziario fortemente auspicato dagli esponenti dell’antropologia criminale, in particolare da Cesare Lombroso. Infatti l’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa è il primo, il più grande, il più vecchio.

Sul tetto, a metà degli anni Settanta, è morto un terrorista dilaniato dalla bomba preparata per far scappare alcuni compagni. Qui, nel ’78, arrivò Raffaele Cutolo, neo capo di camorra, da lì poi evaso. Un anno dopo si è impiccato un vecchio direttore. Negli anni ’80 i camorristi venivano a costituirsi davanti a questo portone prigione e cupo: meglio il manicomio, dicevano, che Poggioreale. Si fingevano pazzi. Nel museo dell’ospedale c’è il pianoforte a corde della mitica contessa Bellentani. Era una bellissima donna, comasca, fu ospite del Saporito dopo aver ucciso la fidanzata del suo spasimante.

Il direttore di allora, Filippo Saporito, se ne invaghì perdutamente e le consentì di portare il pianoforte, e quindi lei di notte suonava brani di Chopin. Fu rinchiusa qui anche Leonarda Cianciulli, detta la saponificatrice per l’uso che faceva delle sue vittime. Dopo qualche anno sorsero in Italia altre strutture analoghe: a Montelupo Fiorentino (1886), a Reggio Emilia (1896), a Napoli (1923), a Barcellona Pozzo di Gotto (1925), a Castiglione dello Stiviere (1939), a Pozzuoli (1955).

Oggi, dopo la chiusura dei manicomi è in corso il dibattito sull’utilità di tenere ancora aperti i manicomi giudiziari, che hanno cambiato la denominazione in ospedali psichiatrici giudiziari in seguito alla riforma dell’Ordinamento Penitenziario del 1975 (l. 354 del 26 luglio 1975). E’ un problema di difficile soluzione, ma vi è unanimità riguardo al fatto che l’ospedale psichiatrico giudiziario è ormai un’istituzione che ha fatto il suo tempo e occorrono delle alternative nuove per la gestione dei prosciolti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le attività terapeutiche degli internati dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario ''F. Saporito'' di Aversa

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Informazioni tesi

  Autore: Nicoletta Palma
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Sociologia
  Relatore: Dora Gambardella
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 107

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