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Da "les rwandais" a "the rwandans": il Rwanda e la comunità internazionale dal genocidio ad oggi

Gli effetti del piano di aggiustamento strutturale e della condizionalità degli aiuti sul conflitto del 1994

Dall’inizio degli anni ’80 la maggioranza dei Paesi in via di sviluppo ha intrapreso dei programmi economici di aggiustamento strutturale implicanti la liberalizzazione del mercato, la svalutazione della moneta, la stabilizzazione (attraverso la riduzione dei deficit governativi) e alcune riforme istituzionali (come le privatizzazioni e la promozione di investimenti stranieri). I principali promotori di questi programmi sono la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.

I critici delle istituzioni di Bretton Woods puntano il dito contro il loro ruolo di strumenti nelle mani dei Paesi sviluppati, guidati, in particolare, dalle politiche degli Stati Uniti; ciò spiegherebbe il passaggio, durante gli anni ’80, a una strategia di stretto neo-liberalismo. Secondo alcune opinioni, infatti, la diffusione di programmi di stabilizzazione e aggiustamento strutturale a partire dagli anni ’80 si spiega non tanto con l’intenzione di aiutare le economie dei Paesi in via di sviluppo a risollevarsi per migliorare le condizioni di vita delle loro popolazioni, quanto con la volontà di produrre risorse per il pagamento dei debiti. L’effetto di questi piani nella maggioranza dei casi, però, non ha portato a un reale miglioramento delle condizioni economiche, ma piuttosto ha fatto sì che le élites di diversi Paesi africani abbiano sfruttato a proprio vantaggio alcune delle misure imposte dalle istituzioni di Bretton Woods; l’esempio principale è rappresentato dalle privatizzazioni, attraverso le quali le élites governative hanno venduto imprese statali a se stesse o a membri delle loro famiglie.

Dal punto di vista politico, gli anni ’80 (e in misura maggiore anche l’inizio degli anni ’90) e la diffusione dei programmi economici di aggiustamento della Banca Mondiale hanno coinciso con il nuovo paradigma degli aiuti internazionali che ha portato le potenze occidentali a premere sui Paesi in via di sviluppo e a porre delle condizioni sugli aiuti, una delle quali (e forse la più importante) è la democratizzazione. Così, nei primi anni ’90, 25 Paesi africani subiscono forti pressioni da parte dei donatori occidentali che pretendono il rispetto dei diritti umani, l’instaurazione di istituzioni democratiche, e più in generale la good governance. In alcuni casi, però, le pressioni non hanno sortito i risultati attesi perché, piuttosto che persuadere i regimi repressivi ad aprire i loro sistemi politici, queste hanno avuto l’effetto di aumentare il senso di vulnerabilità sui governanti africani che, sentendosi minacciati, hanno trovato delle risposte repressive per mantenere il loro potere. ( Philip G. Roessler, Donor-Induced Democratization and the Privatization of State Violence in Kenya and Rwanda)

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Da "les rwandais" a "the rwandans": il Rwanda e la comunità internazionale dal genocidio ad oggi

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Informazioni tesi

  Autore: Lucia Cecconi
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali e studi europei
  Relatore: Maria Stella Rognoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 194

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Parole chiave

aiuti internazionali
genocidio
hutu
missioni peacekeeping
onu
paul kagame
rwanda
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