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Le Comunidades Autonomas

Gli Statuti di autonomia e la loro peculiare natura giuridica

In conclusione allo studio sui principi generali dello “Stato delle Autonomie” l’analisi si sposta necessariamente sugli Statuti di autonomia, definiti all’articolo 147.1 della Costituzione spagnola come “la norma istituzionale basica di ogni Comunidad Autònoma” che lo Stato “riconoscerà e tutelerà come parte integrante del suo ordinamento giuridico”.

La disposizione presenta una struttura bivalente in corrispondenza con le norme che indicano i soggetti titolari del diritto all’autonomia, ovvero le Comunidades Autònomas, definite infatti “nacionalidades y regiones” all’articolo 2 e successivamente – all’articolo 137 – come articolazioni territoriali dello Stato. Da una parte quindi si fa leva sulla loro autonomia mentre dall’altra sul loro legame con l’ente centrale, ripetendosi lo stesso meccanismo all’interno della disposizione sugli Statuti di autonomia.

E’ sorta pertanto in dottrina la questione riguardante la natura giuridica di questi, ponendosi come interrogativo che si tratti di autentiche norme regionali, assimilabili alle Costituzioni degli Stati membri di una federazione, oppure di vere e proprie leggi statali così come tra gli altri sostiene il professor Garcìa de Enterrìa.

In particolare secondo quest’ultimo gli Statuti di autonomia si collocano in una particolare posizione nella gerarchia delle fonti giuridiche, da una parte subordinati alla Costituzione come Norma Fondamentale che mantiene incondizionato il suo primato sul sistema generale, e dall’altra sovraordinati invece alle restanti leggi, sia statali che delle Comunidades, e sia ordinarie che “orgànicas” (ovvero le leggi costituzionali dell’ordinamento spagnolo).

Questa tesi si presenta quindi a favore dell’incorporazione degli Statuti all’interno dell’ordinamento giuridico statale, seppur con una collocazione speciale nel sistema delle fonti, e nello stesso senso opina anche lo stesso Tribunal Constitucional1 rilevando come la matrice statale sia in essi palesata dal fatto decisivo della loro approvazione per mezzo di una Ley Orgànica (art.81 CE), indipendentemente da quale sia poi il procedimento di elaborazione adottato.

Si possono infatti distinguere diverse formule di elaborazione statutaria, parallelamente ai procedimenti previsti per l’accesso all’autonomia, che cambieranno a seconda che si adotti la “via lenta” (e cioè quella teoricamente generale disciplinata agli articoli 143 e 144 CE) oppure la “via rapida” ( e cioè il caso speciale che si rivelò poi la regola più applicata ex art. 151 e Disposizione Transitoria Seconda CE), consentita quando le esigenze di autonomia fossero particolarmente manifeste per ragioni storiche o democratiche, ovvero se si fosse plebiscitato a favore di un progetto di Statuto o si fosse verificata una ratifica referendaria nei confronti della costituzione in Comunidad Autònoma.

Scegliere quindi di accedere all’autonomia nell’uno o nell’altro modo cambiava pure il procedimento per l’elaborazione degli Statuti, dal momento che la loro emanazione andava di pari passo con la costituzione in Comunidad Autònoma. Più nel dettaglio ciò che si verificava è quanto segue: nel primo caso – il presupposto comune o “lento” – era prevista l’elaborazione di un progetto di Statuto ad opera di un’Assemblea rappresentativa delle province interessate (art. 146 CE), esaminato poi dalle Cortes Generales che completavano il procedimento approvandolo attraverso Ley Orgànica, quindi con maggioranza semplice del Senato ( da sottolineare anche qui l’esiguità della sua funzione) e assoluta del “Congreso”, con votazione finale sull’insieme del progetto.

Quanto ai casi speciali, rientranti pur sempre – seppur in via eccezionale – nel presupposto comune, si prevedevano due varianti: una (art. 144 b) CE) per territori non integrati in organizzazioni provinciali i cui progetti potevano essere “autorizzati” o “accordati” con Ley Orgànica dalle Cortes Generales ( si tratta di una disposizione formulata ad hoc per le città di Ceuta, Melilla e Gibilterra, antiche dominazioni spagnole non appartenenti però al suo territorio nazionale); l’altra (art.144 c) CE) consentiva invece alle Cortes Generales di supplire per motivi di interesse nazionale alla mancata iniziativa delle Corporazioni locali in relazione a quanto disposto all’articolo 143.2 della Costituzione.

Il presupposto speciale della “via rapida” di accesso all’autonomia, quello teoricamente aperto alle “nacionalidades” di matrice storica, comportava invece un procedimento di elaborazione statutaria sostanzialmente diverso. L’articolo 151.2 della Costituzione prevede infatti quattro fasi: la redazione del testo effettuata da un’Assemblea composta da tutti i parlamentari delle province interessate e non anche da rappresentanti degli organi locali come avviene nel caso precedente; la fase della conciliazione in cui il progetto viene esaminato da una Commissione Costituzionale del “Congreso”, con l’assistenza di una delegazione redattrice allo scopo di raggiungere un accordo sulla formulazione definitiva entro un termine di due mesi (é esclusa quindi di nuovo la partecipazione del Senato, la teorica Camera di rappresentazione territoriale);

la fase referendaria in cui il testo approvato viene sottoposto al voto popolare; infine la ratifica delle “Cortes Generales” senza diritto ad apportare emendamenti qualora il testo venga approvato con referendum che raggiunga la maggioranza assoluta dei voti favorevoli in ciascuna provincia. E tanto per il presupposto comune che per quello speciale è prevista la sanzione finale del Re e la promulgazione dello Statuto come legge.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le Comunidades Autonomas

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Informazioni tesi

  Autore: Ilaria Mariotti
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Ugo Rescigno
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 205

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