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Un'analisi dell'offshoring di ricerca e sviluppo nei Paesi emergenti

I confini dell’impresa: internalizzazione/esternalizzazione

La scelta principale relativamente alla modalità di ingresso nei mercati esteri della tecnologia è quella tra l’internalizzazione, attraverso un’affiliata straniera (offshoring), e l’esternalizzazione verso imprese indipendenti o istituti di ricerca (outsourcing).

Le classiche determinanti della scelta tra lo sviluppo interno o l’acquisizione dall’esterno di risorse (make or buy) suggeriscono che l’outsourcing è preferibile rispetto all’internalizzazione quando i benefici - in termini di raggiungimento da parte delle imprese di mercato delle economie di scala e di un elevato grado di efficienza e innovazione, derivanti dal loro essere soggetti alle leggi di mercato - superano i costi legati al coordinamento, alla transazione e alla fuga di informazioni riservate (Besanko, Dranove e Shanley, 2001).

L’impresa è portata ad esternalizzare alcune delle sue funzioni innovative quando non è capace di sviluppare le risorse necessarie all’interno dei suoi confini o quando il loro sviluppo, se condotto all’interno, risulta essere più complesso e quindi più costoso. Inoltre l’elevato costo da affrontare per retribuire gli ingegneri e i ricercatori potrebbe spingere l’impresa ad affidarsi all’outsourcing, per tagliare questi costi fissi.

Se poi la produzione manifatturiera è stata ampiamente esternalizzata, è probabile una crescita parallela del bisogno di affidarsi a fonti di innovazione esterne (Reddy, 2000). L’outsourcing all’estero consente inoltre di accedere a nuove tecnologie, non disponibili entro i confini nazionali e non facilmente trasferibili attraverso di essi, attribuendo all’impresa un vantaggio sui concorrenti nel paese d’origine che non hanno questo accesso.

Un’altro beneficio dell’esternalizzazione consiste nel fatto che l’impresa partner, o altra tipologia di soggetto innovatore, si concentra su uno specifico progetto di ricerca, con relativo risparmio in termini di tempo. Quest’ultimo diventa cruciale quando le spinte competitive richiedono innovazioni più rapide.

Williamson (1975) spiega i vantaggi dell’internalizzazione e i rischi connessi al ricorso al mercato attraverso tre concetti: razionalità limitata, comportamento opportunistico e specificità delle risorse. L’informazione imperfetta a livello cognitivo determina da parte dell’impresa che ricorre al mercato una razionalità limitata, poiché la qualità dell’informazione tende ad essere più elevata quando le attività vengono compiute entro i confini dell’impresa.

L’asimmetria informativa può, ad esempio, condurre a situazioni in cui il partner non dispone realmente delle risorse che in fase di contrattazione aveva dichiarato di possedere (Grimpe e Kaiser, 2010). In secondo luogo, le transazioni interne, le quali garantiscono un ivello maggiore di informazione, consentono all’impresa di difendersi da eventuali comportamenti opportunistici con più successo rispetto alla situazione in cui tali comportamenti siano assunti da soggetti esterni alla stessa (Coase 1937, Anderson e Gatignon 1986). Infine la specificità delle risorse dell’impresa, data dalla loro peculiare combinazione e dal loro adattarsi vicendevolmente, determina rendimenti maggiori rispetto a quelli originati da un uso separato.

La scelta tra l’esternalizzazione e l’internalizzazione della R&S nello specifico richiede però ulteriori considerazioni. Secondo la teoria dei costi di transazione (Coase 1937, Teece 1977), quando è coinvolta la R&S, l’incentivo a internalizzare è più forte perché le condizioni che in generale fanno dell’internalizzazione una strategia vincente, nel mercato della conoscenza sono ancora più presenti.

Il mercato della conoscenza è cioè caratterizzato da imperfezioni di mercato più accentuate: lunghi lassi di tempo del processo innovativo, spiccate tendenze monopolistiche, difficoltà nel valutare
l’effettivo valore della conoscenza se la si deve acquistare che determina una più facile manipolazione dei prezzi (Buckley e Casson, 1976). Quanto più tali imperfezioni sono accentuate e il processo innovativo è lungo e complesso, tanto più il ricorso all’internalizzazione è probabile.

L’impresa tende inoltre a trattenere internamente la funzione di R&S quando la conoscenza coinvolta è altamente tacita, complessa e difficile da replicare (Dunning, 1989). Un altro motivo che può spingere l’impresa a non esternalizzare risiede nel fatto che tramite l’outsourcing essa non possa beneficiare delle economie di scopo connesse alla conoscenza, la quale una volta creata può essere riutilizzata per altre applicazioni senza sostenere investimenti addizionali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Un'analisi dell'offshoring di ricerca e sviluppo nei Paesi emergenti

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Informazioni tesi

  Autore: Vanessa Aiosa
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali
  Relatore: Grazia Santangelo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 80

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