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Innocenzo III e la Chiesa greca nell'ambito della IV crociata

Innocenzo III

Se la nascita del regno di Baldovino I fu accolto in tutto l’Occidente con una nota lieta, l’esistenza del nuovo Impero Latino di Costantinopoli si protrasse, tuttavia, sotto l’ombra della disapprovazione. La notizia della conquista della città greca raggiunse rapidamente l’Europa, tramite le lettere ufficiali del nuovo imperatore che si presentava ai principali sovrani occidentali.

Proponendosi come il risolutore della “questione bizantina”, in quanto l’intransigenza greca, che si manifestava nell’astio e nella diffidenza verso gli occidentali, aveva causato, per lungo tempo, gravi disagi agli interessi della cristianità latina in Palestina, egli può finalmente gioire per aver liberato Costantinopoli e aver dato l’adeguato castigo ai Greci.

Dopo aver agito per conto della Giustizia Divina e avere vinto la bellicosità dei Greci, non restava che invocare l’arrivo del pontefice per benedire il nuovo impero, riconciliare Greci e Latini, e riunire le due Chiese. L’atteggiamento di Innocenzo durante la crociata mancata, era stato piuttosto ambiguo. Esortando dapprima a gran voce all’impresa, egli si era mostrato, sin dal principio, dubbioso sul coinvolgimento dei Veneziani, e aveva poi ammonito più volte a non volgere il cammino all’infuori dei propositi iniziali; tuttavia tollerò le due deviazioni nonostante il suo preventivo dissenso, apertamente manifestato a più riprese.

Se egli comunque aveva sollecitato i capi dei crociati a non immischiarsi negli affari greci, facendosi coinvolgere nella lotta per la successione dinastica dal giovane Alessio Angelo, troppi erano gli interessi di Roma per la riunione delle due Chiese perché egli non riuscisse a cogliere i vantaggi di tale deviazione. I suoi disegni teocratici, nonché la sua sete di gloria, potevano indurlo ad accettare l’avvento di un episodio, che potesse abbreviare l’iter per riportare all’obbedienza romana la Chiesa di Costantinopoli.

Alle sue richieste di riunire le due Chiese, il patriarca Giovanni Camatero aveva rifiutato di prestare giuramento poiché non ammetteva la superiorità della sede romana. I vescovi greci, che occupavano illegittimamente, in quanto scismatici, le diocesi in Oriente, continuando a non riconoscere il primato romano, avrebbero dovuto essere sostituiti da una nuova gerarchia cattolica, in modo da ristabilire lo ius su un vescovado legittimamente fondato dalla sede di Roma e illegalmente occupato da un vescovo intruso.

Le modalità di sostituzione attraverso la conquista, potevano comportare certo delle riserve etiche, di cui parte della storiografia moderna ha fatto carico al pontefice, ma la legittimità del progetto innocenziano si fondava su basi ecclesiastiche, almeno tanto rilevanti quanto quelle per cui era invocato il recupero della terra santa. Passati pochi mesi dall’incoronazione di Baldovino, il pontefice pose

“tam te [Balduinum] quam terras et homines tuos sub principali beati Petri et speciali nostra protectione” dando per certo che “ut terram et homines tuos manuteneant et defendant, nec eos [archiepiscopis et episcopis, nec non aliis ecclesiarum praelatis, regibus quoque, ducibus ac comitibus, caeterisque principibus et populis universis] ipsi molestant, nec ab aliis faciant molestari”. [Acta Innocentii iii, n° 64, p. 276.]

Egli insiste nella sua lettera a Baldovino – 7 novembre 1204 – sull’importanza della conquista costantinopolitana, in quanto la città greca sarebbe stata un buon appoggio lungo la via per la Palestina e “per cuius [Constantinopolitanum imperium] subventionis auxilium terra sancta facilius poterit de paganorum manibus liberari”. [Acta Innocentii iii, n° 64, p. 276.]

Innocenzo benedice la nuova Romania non esclusivamente per l’importanza strategica, ora assunta nell’ottica del recupero di Gerusalemme, ma ribadisce come attraverso l’opera dei crociati sia stata fatta la volontà del Signore. Nel riportare all’obbedienza la Chiesa greca infatti, viene fatta giustizia contro gli usurpatori delle sedi orientali, riportate sotto la legittima giurisdizione romana, e il giusto giudizio di Dio è trasferito “a superbis ad humiles, ab inoboedientibus ad devotos, - e di maggior importanza per il papa - a schismaticis ad catholicos” e ciò che “sane a Domino factum est (…) est mirabile in oculis nostris”. Così benedice la conquista rifacendosi al famoso versetto del salmo 117 (Ps 117, 23).

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Innocenzo III e la Chiesa greca nell'ambito della IV crociata

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Informazioni tesi

  Autore: Filippo Bignotti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Enrico Morini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 78

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