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Elezioni Politiche 2006 - Analisi comparativa dei due dibattiti Berlusconi-Prodi

Par condicio, televisioni e conflitto d’interessi

Le televisioni, ecco il secondo argomento più infuocato della campagna elettorale, il cavallo di battaglia del centrosinistra contro Berlusconi. Incapace nei cinque anni di governo precedenti di approvare una legge sul conflitto d’interessi che costringesse i politici a vendere le proprie aziende in caso di candidatura politica, la sinistra adotta una politica aggressiva dal 2001 contro Mediaset e la Rai lottizzata lottando contro l’informazione parziale dei telegiornali e dei programmi d’approfondimento filo-governativi, gridando allo scandalo quando il cosiddetto “editto bulgaro” allontana dal video Enzo Biagi e Michele Santoro, nonché il comico Daniele Luttazzi che aveva invitato nel suo programma Satyricon Marco Travaglio, autorevole giornalista giudiziario che indagava su Berlusconi e autore di alcuni libri sul modo (secondo Travaglio illecito) in cui egli costruì la sua fortuna. Un atto che pareva mettere seriamente in pericolo la libertà d’informazione e che non piacque neanche a molti indecisi che votarono per lui. Secondo Eco si instaurò un regime di fatto “Qualora un uomo si trovasse a poter controllare di fatto tutte le fonti d’informazione del proprio paese, neppure se fosse un santo potrebbe sottrarsi alla tentazione di gestirlo secondo la logica che il suo sistema imporrebbe e, quand’anche facesse del suo meglio per sottrarsi a tale tentazione, il regime di fatto sarebbe gestito dai suoi collaboratori”. In aggiunta alle leggi ad personam e ad un sostanziale fallimento del programma di governo, la sinistra arriva alla vigilia delle elezioni con un consistente vantaggio che rende spavaldi i leaders dell’Unione; ma il centrodestra deve ancora tirare fuori la sua arma migliore, la televisione, il mezzo con cui il cavaliere ha cambiato una nazione inculcandogli il cosiddetto berlusconismo (termine che fu coniato da Bertinotti “per esprimere una critica al modo di fare politica di Berlusconi, in seguito diffusosi senza accezioni critiche nel giornalismo e in sociologia politica per indicare più in generale il suo modo di porsi nei confronti dell'opinione pubblica”), che ha formato, per dirla alla Eco, il cosiddetto “Elettorato Affascinato”- categoria che “non ha un’opinione politica definita, ma ha fondato il proprio sistema di valori sull’educazione strisciante impartita per decenni dalle televisioni, e non solo da quelle di Berlusconi”. Anche la Rai, infatti, si dovette adeguare alla televisione commerciale. Prodi, con un po’ di snobismo, traccia il solco tra il suo elettorato e quello berlusconiano “meno ore davanti alla tv più votano per me. Più ore davanti alla tv, più votano per Berlusconi” conclude la ricetta dicendo “dovremo andare per strada a convincere la gente”. Nobile intento ma con la grande differenza che un comizio lo ascoltano (se va bene) migliaia di persone mentre con la tv il messaggio arriva a milioni di telespettatori, di destra o di sinistra che siano.
Come ho già scritto nel primo paragrafo, Berlusconi a marzo occupa l’agenda setting televisiva alla ricerca dei voti delle casalinghe, dei “pallonari” e degli anziani. Certo non disdegna i programmi d’approfondimento politico, soprattutto se ha la possibilità di parlare senza contraddittorio in salotti amici che ne esaltano le innate capacità affabulatorie, da teleimbonitore (diceva ironicamente Biagi che se Berlusconi fosse nato con una punta di seno avrebbe fatto anche l’annunciatrice televisiva). Nel 2001 a Porta a porta firmò quel capolavoro comunicativo chiamato “contratto con gli italiani”; era il culmine di una propaganda centrata sul presidente imprenditore, allo stesso tempo operaio, che concepiva il governo come un’azienda e che sancì la sconfitta del centrosinistra. La scomoda, per lui, legge della par condicio (di cui ho già accennato in precedenza) ne limita le potenzialità: non può esserci un servizio, un’intervista, una dichiarazione di voto in favore di un candidato senza che vi sia una parificazione di trattamento per il candidato della coalizione opposta. Una legge che dovrebbe costringere anche Mediaset all’imparzialità ma che in realtà verrà infranta. Il primo scontro avviene in occasione del viaggio di Berlusconi dal presidente americano Bush: Tg5 e Tg4 (in replica) offrono la diretta integrale all’intervento del premier, “Appena dopo le sfide alla fama dei ragazzi di «Amici», alle 17 parte lo speciale Tg5, curato dal vicedirettore Lamberto Sposini. Conduce Luca Rigoni, caporedattore degli esteri; in studio assisi per il dibattito il ministro della Difesa Antonio Martino, l’ambasciatore italiano a Washington Fulvio Vento e il corrispondente del Wall Street Journal, Gabriel Cahn. La par condicio sarebbe garantita da Umberto Ranieri, senatore ds”. Il centrosinistra chiede una sanzione all’Authority di garanzia sulle Comunicazioni, lo stesso Cdr del Tg5 si dichiara perplesso per la diretta ma secondo Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, i suoi direttori “hanno esercitato un sacrosanto diritto di cronaca”. La sanzione arriverà (tardi) il 22 marzo: duecento mila euro di multa al Tg4 e centomila euro a Studio Aperto entrambi ripetutamente richiamati già in precedenza, diffide a Tg1 e Tg2 per non aver dedicato abbastanza spazio all’Unione e a Romano Prodi.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Elezioni Politiche 2006 - Analisi comparativa dei due dibattiti Berlusconi-Prodi

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandro Arena
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Felice Rossello
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 119

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