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I principi generali del sistema tributario comunitario nell'esperienza della Corte di Giustizia delle comunità europee

Il principio di non discriminazione fiscale e il divieto di restrizioni fiscali in riferimento alle quattro libertà fondamentali

Il “valore assoluto delle libertà fondamentali” è stato riconosciuto nel settore della fiscalità con il caso Barbier, in base al quale la tutela comunitaria può essere invocata anche senza motivazioni di ordine economico o professionale.

Sul generale divieto di prevedere discriminazioni fiscali in materia di imposte sul reddito non alberga alcuna ipotesi di dubbio, dovendo le imposte dirette, nonostante siano sottese alla potestà legislativa degli Stati membri, confrontarsi con il Trattato CE e i principi che regolano il diritto comunitario.

L’approccio di cui la Corte si è servita per valutare la compatibilità della normativa fiscale interna in riferimento al principio di libera circolazione dei lavoratori è, nella maggioranza dei casi, riferibile a quello basato sul divieto di discriminazioni. Per valutare la presenza o meno di una discriminazione vietata è stata perciò utilizzata, caso per caso, la tecnica della comparazione della situazione giuridica dei non residenti in rapporto a quella dei residenti.

La ragione di suddetta comparazione risiede nel carattere personale tipico delle imposte sui redditi delle persone fisiche le quali, al fine di determinare l’effettiva capacità contributiva, da un lato comprendono i redditi prodotti su base mondiale e dall’altro prevedono la deducibilità di particolari oneri necessari alla loro formazione.

Secondo questa logica, se il non residente produce redditi significativi sia nello Stato di residenza sia in quello di destinazione, si può in generale apprezzare un’effettiva diversità circa le situazioni oggetto di comparazione.

Nell’ordinamento tributario dello Stato di destinazione il non residente potrà così essere correttamente considerato nella stessa posizione del residente nei seguenti casi: · la normativa dello Stato d’origine non riconosce al residente particolari deduzioni o detrazioni fiscali in virtù del suo movimento in uscita; · la normativa tributaria dello Stato d’origine, a sua volta, tratta il soggetto come non residente.

Pertanto, al verificarsi di una delle situazioni sopraespresse, la compatibilità della norma tributaria interna viene analizzata considerando comparabili le situazioni dei residenti rispetto a quella dei non residenti.

Negli altri casi è quindi logico affermare che la normativa fiscale interna potrebbe legittimamente non prevedere la deducibilità di particolari oneri in capo ai non residenti sulla logica che essi saranno considerati in deduzione dal reddito imponibile nello Stato membro a cui è collegata la loro residenza. In questi casi, quindi, la Corte andrà ad esaminare la legittimazione delle disparità di trattamento in virtù delle differenti situazioni giuridiche, al fine di determinare la compatibilità della norma nazionale.

La generale non comparabilità, ai fini dell’imposta personale sui redditi, tra la situazione del residente rispetto a quella del non residente, derivante dal fatto che normalmente il non residente percepisce nello Stato di destinazione solo una parte del suo reddito mondiale, è stata sancita con il caso Schumacker. La previsione di un diverso trattamento tributario cui sono assoggettati residenti e non residenti può essere giustificato dal fatto che, nella generalità dei casi, i non residenti producono la maggior parte del loro reddito nel Paese di residenza.

Da tale sentenza si evince inoltre che, per non essere ritenuta discriminatoria, la normativa dello Stato di destinazione deve essere in grado di valutare la situazione del non residente, necessaria al fine di determinarne la capacità contributiva, se tale situazione non è considerata nel suo Stato d’origine. In conseguenza di ciò, la capacità contributiva del contribuente deve essere valutata dal Paese membro in cui tale indice è più agevolmente determinabile, cioè nel Paese in cui si forma la totalità, o la quasi totalità, dei redditi imponibili.

In conclusione di ciò, devono considerarsi indirettamente discriminatorie le disposizioni normative degli Stati di destinazione che prevedono un trattamento fiscale più gravoso in capo ai soggetti residenti in altro Stato membro e aventi esercitato una libertà fondamentale, la cui capacità contributiva sia valutabile nello Stato di destinazione, rispetto ai residenti perché, in tali casi, residenti e non residenti devono essere assoggettati alla stessa imposta e, nel contempo, devono poter usufruire delle medesime agevolazioni fiscali.

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I principi generali del sistema tributario comunitario nell'esperienza della Corte di Giustizia delle comunità europee

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Graser
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Commercio
  Relatore: Mauro Beghin
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 63

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Parole chiave

abuso di diritto
comparabilità delle situazioni giuridiche
deroghe dalla norma del trattamento nazionale
diritto tributario comunitario
exit tax
libera circolazione dei capitali
libera circolazione dei lavoratori
libera prestazione di servizi
libertà di stabilimento
libertà fondamentali
principio di eguaglianza
principio di non discriminazione
restrizioni fiscali in entrata
restrizioni fiscali in uscita
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