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L'intelligenza emotiva in una realtà lavorativa altamente competitiva.

La misurazione dell’Intelligenza Emotiva

A partire dal XX secolo si sono succeduti metodi e test per la misurazione dell’intelligenza. Gia nel 1905 possiamo trovare la scala Binet-Simon che cercava di misurare le capacità astratte (comprensione, ragionamento, ecc.): la sua popolarità andava ricercata nell’alta correlazione che si riscontrava con i risultati che gli insegnanti fornivano dei propri alunni ai quali era stato precedentemente sottoposto il test. Successivamente il test venne migliorato in più riprese con l’introduzione del concetto di età mentale fino a quando del 1916 L.M.Terman della Standford University (da qui il nome della scala Standford-Binet) elaborò il concetto di QI.
Il successo di questo test lo si ebbe fino agli anni ’30, quando iniziarono le critiche che riguardavano l’inapplicabilità del test agli adulti in quanto costruito prevalentemente sulla rilevazione delle attitudini scolastiche; iniziarono ad essere prodotti quindi test che si prefiggevano di misurare specifiche attitudini (es.: scolastica, spaziale, musicale, ecc.). Ma proprio per il fatto che la produzione di reattivi psicologici era ai massimi livelli, come spesso accade in mancanza di specifici indirizzi e indicazioni condivise, si assistette al declino della loro validità e alla mancanza di un adeguato aggiornamento degli stessi. Dovemmo attendere il 1966 quando, dopo la comparsa di “movimenti culturali antitest”, vennero pubblicate le norme e le indicazioni delle procedure di somministrazione di test.
Proprio questo fatto dette un nuovo slancio verso la creazione di test sempre più validi e precisi. Il 1983 poi fu l’anno della svolta: con la pubblicazione di Formae mentis di Gardner, ci fu la secca presa di posizione per una critica negativa del QI. Gardner criticava il popolo della mentalità da QI indicando che in realtà non esiste una sola intelligenza, ma appunto una molteplicità. La lista delle iniziali 7 abilità intellettive era solo un pretesto per cercare di giustificare la sua idea: le intelligenze scolastiche erano affiancate da altre fino ad includere le intelligenze personali. Si arriverà infatti nel corso degli anni a vedere moltiplicarsi il numero delle intelligenze differenziate da Gardner, fino a raggiungere il numero di 20. Era evidente che la caratteristica peculiare della sua idea era appunto il concetto di molteplicità di intelligenze, e legato a questo anche la loro mutabilità, a differenza dell’immutabilità del QI.
Anche Goleman (1995) riprende il concetto di molteplicità, aggiungendo che questa concezione rende più ricco il ventaglio di valutazioni del potenziale di successo di un bambino rispetto ai test di valutazione del QI. Riprendendo quanto affermato da Gardner, Goleman osserva che il nucleo dell’intelligenza interpersonale consiste nelle “capacità di distinguere e di rispondere appropriatamente agli stati d’animo, al temperamento, alle motivazioni e ai desideri altrui”. Nell’intelligenza intrapersonale, che risulta essere la chiave per accedere alla conoscenza di sé, egli sottolinea l’ “accesso ai propri sentimenti e la capacità di discriminarli e basarsi su di essi, assumendoli come guida del proprio comportamento”. Gardner pone l’accento su tali capacità emozionali e di relazione e su quanto esse siano fondamentali per affrontare la vita.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'intelligenza emotiva in una realtà lavorativa altamente competitiva.

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Informazioni tesi

  Autore: Gianmarco Cellini
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia del lavoro e delle organizzazioni
  Relatore: Enrichetta Giannetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 139

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