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Il dramma e il gioco. "La vita è bella" di Roberto Benigni.

La vita è bella: il racconto


«Questa è una storia semplice, eppure non è facile raccontarla. Come in una favola c'è dolore e come una favola è piena di meraviglia e felicità!». Così inizia La vita è bella, con una voce fuori campo che recita questa frase, facendoci calare fin da subito nell'atmosfera del film, un film in bilico tra la lacrima e il riso. Il sesto film di Benigni è il più ambizioso, difficile e rischioso ma è anche il migliore. Si svolge tra il 1939 e il 1945, quando finisce la seconda guerra mondiale, ma non è una storia sul fascismo o sul nazismo o sulla loro caduta. È l'umana vicenda di Guido, di Dora e del loro figlio Giosuè, di una famiglia che cerca disperatamente di sopravvivere in mezzo allo sterminio, facendo risaltare la voglia di essere comunque felici nonostante le mostruosità che li circondano. Ma partiamo dall'inizio della storia. Siamo in Toscana, precisamente nella provincia di Arezzo, nell'anno 1939 e due spensierati giovanotti, Guido (Roberto Benigni) e l'amico poeta Ferruccio (Sergio Bustric) attraversano la campagna a bordo di una scoppiettante Balilla. Guido è un ometto toscano pieno di vitalità e di allegria, non si occupa di politica però la sente, perché è una persona intelligente e perciò vive con addosso la tensione di quegli anni. Vorrebbe avere una vita normale, vorrebbe vivere la sua vita nella maniera più bella possibile, più dignitosa, più generosa, più libera. È un uomo straordinariamente libero. Ad un tratto si rompono i freni alla macchina, i due colti alla sprovvista escono di strada, attraversano un bosco e fortunatamente riescono a ritornare su un'altra strada, intatti, ma con la macchina piena di rami e di foglie, da sembrare addobbata per una sfilata. E infatti si ritrovano a passare in mezzo ad una folla che aspetta il re; Guido si mette a gridare: «Via non ci sono i freni via!» mentre si esibisce in plurimi involontari “saluti romani” e il popolo entusiasta ricambia il gesto, tanto che quando arriva il vero re sono ancora tutti voltati verso la Balilla impazzita che si sta allontanando. La corsa finisce nei pressi di una fattoria e Ferruccio cerca subito di aggiustare la macchina per riprendere il viaggio prima che si faccia buio, mentre Guido, che è solo d'impaccio nelle riparazioni, si avvicina al casolare per lavarsi le mani e incontra Eleonora, una bambina, intenta a mungere una mucca. «Molto piacere, principe Guido» così si presenta a lei, lasciandola stupita e anche un po' perplessa e subito dopo si scusa perché se ne deve andare ma ha un appuntamento con la principessa proprio adesso. Magicamente dal solaio di una stalla, Dora (Nicoletta Braschi) le cade tra le braccia e in modo così naturale e spontaneo Guido esclama: «Buongiorno principessa!», restando subito affascinato dalla donna-angelo, che entra nella sua vita per sconvolgerla e portarvi nuovi colori. Mai nei film precedenti, la “donna per la vita” era apparsa così improvvisamente per restare sulla scena dalla prima all'ultima inquadratura. D'altronde La vita è bella è prima di tutto una grande storia d'amore, a due fra Dora e Guido, quindi a tre con la nascita di Giosuè, una love story che ha per protagonista un Benigni più innamorato del solito. Fin da questo primo incontro Guido cerca di ammaliare e conquistare Dora, con la sua eleganza e i suoi trucchi da clown prestigiatore, salutandola mentre con abilità si solleva il cappello con un bastone “invisibile”.
Quindi Guido e Ferruccio ripartono alla volta di una bella cittadina, ma appena arrivati davanti alla casa dello zio di Guido (Giustino Durano), il quale deve ospitarli, si scontrano con tre loschi giovanotti che stanno correndo fuori proprio dalla porta d'ingresso. Immediatamente i due amici si precipitano dentro e trovano la casa tutta a soqquadro e lo zio accasciato sul pavimento. Questi è ebreo, e sa benissimo il perché dell'incursione nella sua villa ma per non far preoccupare i due ragazzi, lo zio dice che sono solo barbari e che non c'è motivo di allarmarsi. Nonostante si percepisca già nell'aria un clima militaresco e fascista la città offre nuovi stimoli sia a Guido, che desidera aprire una libreria, sia a Ferruccio, che vorrebbe affermarsi come scrittore; mentre aspettano di poter realizzare i loro sogni si tengono occupati con altri lavoretti: Ferruccio lavora come tappezziere nel negozio di Oreste, un conoscente di Guido e quest'ultimo aiuta lo zio facendo il cameriere al Grand Hotel.
La spensieratezza e la voglia di giocare di Guido, come tutte le volte che scambia il suo vecchio cappello con quello nuovo di Oreste, cozzano con gli indizi dell'imminente tragedia: lo zio ebreo preso di mira da giovani fascisti; «Fate i bravi ragazzi perché questi sono tempi brutti, ma brutti, brutti!» – afferma Oreste prima di sgridare i due figli Benito e Mussolini; e altri eventi e segnali apparentemente privi di significato che però Benigni regista ci fa notare sottolineandoli anche con temi musicali (il motivetto che contrassegna lo scherzo iniziale ai danni dello zio è lo stesso che ritroveremo dinanzi ai forni nel lager).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il dramma e il gioco. "La vita è bella" di Roberto Benigni.

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Informazioni tesi

  Autore: Giulia Braccini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Educatore professionale socio-culturale
  Relatore: Chiara Tognolotti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 109

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cinema
favola
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la vita è bella
propp
roberto benigni
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