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I soggetti "mancanti" della società. La diversità come valore e principio nella prospettiva interculturale

Minori, migranti e diversabili

Ianes definisce le “famiglie con handicap” come «famiglie del tutto normali, ma che si trovano nella necessità di far fronte a problemi supplementari, dovuti alla presenza di un loro famigliare con handicap o malattia cronica invalidante ed alla cura ed assistenza che gli prestano quotidianamente» (Ianes 1991).
Secondo Fruggeri i servizi svolgono una funzione di sostegno in quanto le prestazioni compensano la mancanza di risorse necessarie a far fronte ai cambiamenti. Ogni intervento posto in essere presuppone che siano presenti risorse all’interno della famiglia per determinati aspetti, mentre per altri vi sia una carenza; sono un esempio l’assistenza domiciliare, servizi sanitari riabilitativi e strutture diurne o residenziali per soggetti non autosufficienti.
In apparenza sembra non esserci alcuna difficoltà, ma quando gli operatori si trovano a dover avere a che fare con una famiglia straniera «il problema più rilevante è rappresentato dalla barriera linguistica e dalle criticità che si verificano nell’utilizzo della mediazione linguistico – culturale», in quanto possono nascere complicazioni sia dal punto di vista contenutistico sia per quello che riguarda i valori, i codici e tutto ciò che è implicito durante un’interazione.
Grazie ad uno studio condotto presso l’Ufsmia (Unità funzionale di salute mentale infanzia e adolescenza) del Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Usl di Prato, è emersa l’importanza della mediazione culturale all’interno dei servizi poiché deve porsi come strategia di lavoro e non come semplice risoluzione di un problema comunicativo; un mediatore culturale non deve essere sinonimo di traduttore linguistico.
Tutto questo permette di illustrare il secondo risultato della ricerca, ossia l’incontro fra le famiglie ed il servizio. Questi due soggetti operano attraverso due logiche nettamente opposte: il servizio, soprattutto grazie alla diffusione dell’ICF, desidera coinvolgere la famiglia , mentre quest’ultima si aspetta un approccio più “brutale”, essendo i primi a metterlo in atto, così come ha spiegato una terapista coinvolto nell’indagine. Diventa quindi importante, sempre in ottica di comunicazione, lavorare sulle medesime aspettative e sullo “scoglio del primo accesso”, avviare la relazione senza l’incertezza e l’inesperienza degli operatori permettendo di avere una presa in carico più coerente, senza una schizofrenia nell’interazione.
In ultimo la ricerca ha evidenziato che le attività dedicate all’utenza migrante con un famigliare diversabile non devono essere considerate come un sottrarre risorse all’utenza italiana, ma come una capacità del sistema di welfare di sapere rispondere alla crescente complessità del sistema sociale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

I soggetti "mancanti" della società. La diversità come valore e principio nella prospettiva interculturale

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Biraghi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Servizio sociale
  Relatore: Giovanni Garena
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 136

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