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Spazio+Pubblico. Smarrirsi nella città contemporanea, il caso-studio Barcellona e il significato del progetto.

“nothing to declare”

La conclusione del viaggio permette di arrivare a delle considerazioni di tipo generale, comuni alle esperienze delle differenti città e che probabilmente trovano in Roma, non a caso ultimo episodio del viaggio, il loro apice: gli architetti si sono allontanati dalla società e dalle comunità; la società tende a sviluppare forme di autoproduzione di spazio pubblico; i progetti programmati dalle amministrazioni comunali spesso non diventano veri spazi collettivi della comunità, tradendo la loro funzione originale.
L’appiattimento dell’architettura alle regole del mercato, in cui il profitto occupa il primo posto, annienta quelle finalità sociali che la disciplina dovrebbe avere nel suo DNA. Il permanere dell’intreccio tra affari-politica-architettura confonde il risultato del progetto, inteso come sintesi di un processo, con il manufatto edilizio costruito dai più spregiudicati immobiliaristi, padri della “non città”.
Lo spazio pubblico è ancora troppo spesso relegato al ruolo di “resto”. Non è pensato a priori, gli interventi guidati dal mercato prediligono sempre il costruito, è inevitabile quando l’interesse economico risiede nella vendita di immobili. Lo spazio pubblico è affidato al disinteresse delle iniziative private che, sopratutto in Italia, attuano interventi in deroga allo strumento principe della pianificazione urbanistica: il piano regolatore generale, in perenne crisi e fulgido esempio della pericolante situazione generale. Ma lo spazio pubblico riesce a evadere i limiti ad esso imposti dal mercato. Oltre alla sua dimensione meramente economico-giuridica, è essenzialmente un fatto culturale insito nella società: se non trova un riscontro nell’attività delle amministrazioni comunali, sempre più guidate dagli interessi privati, riesce a trovare una sua realtà nei territori di confine, nei bordi dei frammenti della città complessa. E da lì innesca fenomeni correlati alle differenti culture, sia il modello nordico, quello mediterraneo o quello spagnolo il punto di riferimento. Questi fenomeni possono manifestarsi in maniere distinte, ma hanno tutti un filo condutture, un legame: il malcontento degli abitanti espresso nei confronti delle amministrazioni comunali e della figura dell’architetto, marginale sia su un fronte che sull’altro.
L’Italia è la terra dello spazio pubblico “di proprietà del consiglio comunale”: l’idea del Comune è soprattutto italiana ed è un concetto antico, particolarmente sviluppato in regioni centrali italiane come Toscana ed Emilia Romagna. La parola apparve per la prima volta nel Medio Evo e caratterizza uno spazio pubblico nel cuore della città, dove le attività commerciali e del tempo libero si verificano a fianco di dibattiti e incontri pubblici, nella tradizione della civiltà greca e dell’agorà. Queste città erano e sono più democratiche di altre, basti pensare a quelle del Sud, dove la storica dominazione straniera ha caratterizzato lo spazio sociale e pubblico come un soggetto simbolico, un mezzo per aggiungere grandezza al re o al papa. La tendenza contemporanea si accosta quindi a questa linea: lo spazio pubblico è pertinenza, o “proprietà”, delle amministrazioni comunali e, con queste in balia degli investimenti privati, il “pubblico” perde la valenza simbolica avuta in passato e di cui oggi non ha più senso parlare.
Nella contemporaneità lo spazio pubblico trova autonomamente altre vie e territori per manifestarsi nella sua forma autentica, è lo spazio vuoto tra i frammenti della città, è di conseguenza un atto di conquista di un bordo esistente tra distinti edifici di una città, tra quartieri della stessa città, tra elementi naturali ed elementi artificiali, tra città e città.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Spazio+Pubblico. Smarrirsi nella città contemporanea, il caso-studio Barcellona e il significato del progetto.

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Informazioni tesi

  Autore: Stefano Tiracchia
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Architettura
  Corso: Architettura
  Relatore: Francesco Cellini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 143

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Parole chiave

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