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Gli strumenti della valutazione del dolore nel neonato:analisi critica

Definizione scientifica del dolore nel neonato

La definizione che meglio sembra adattarsi all’uso clinico-pediatrico è quella suggerita da McCaffrey: “Pain is whatever the experiencing person says it is, existing whenever he says it does”. La generalità della definizione introduce, da sola, la complessità del tema.
Nel campo neonatale, in particolare, una pietra miliare è stata posta da Anand e Hockey nel 1987, tramite uno studio approfondito sul dolore del neonato, pubblicato sul New England Journal of Medicine. I due anestesisti di Harvard spiegarono che già a partire dalla 24esima settimana di gestazione sono presenti nel feto le basi anatomiche e fisiologiche per la percezione del dolore.
A loro va il merito di aver scoperto che nel neonato il sistema neuroeccitatorio ha un rapido sviluppo, mentre le vie inibitorie (che modulano l’intensità degli stimoli in arrivo) al contrario maturano più lentamente: quindi, nel neonato la trasmissione del dolore attraverso il midollo spinale è amplificata, e solo a partire dalla 30esima settimana si ha lo sviluppo di un adeguato sistema di controllo.
Come riportano i due studiosi: “Numerose linee di evidenza suggeriscono che nei feti umani i collegamenti del dolore, come quelli dei centri corticali e subcorticali per la percezione del dolore, si sviluppano tardi nella gestazione (…) Le risposte fisiologiche agli stimoli dolorosi sono state documentate con attenzione in neonati di diverse età gestazionali, con cambiamenti che hanno avuto ripercussioni sul sistema ormonale, metabolico e cardiorespiratorio di ciascuno di essi”.
Se ne deduce, quindi, che i neonati a termine, (e a maggior ragione i prematuri), non solo percepiscono il dolore, ma lo percepiscono finanche con intensità maggiore rispetto agli adulti.
Per la precisione, i due medici ammisero che “…none of the data cited herein tell us whether neonatal nociceptive activity and associated responses are experienced subjectively by the neonate as pain similar to that experienced by older children and adults. However, the evidence does show that marked nociceptive activity clearly constitutes a physiologic and perhaps even a psychological form of stress in premature or full-term neonates ”.
Fin dalla 6^ settimana di gestazione le cellule delle corna posteriori del midollo spinale formano sinapsi con i neuroni sensitivi che si stanno sviluppando e che raggiungeranno la cute degli arti circa alla 11^ settimana, il resto del tronco circa alla 15^ e le rimanenti superfici cutanee e mucose alla 20^. Al completamento dello sviluppo del neonato, quindi, sono presenti terminazioni nervose nocicettive distribuite sulla cute, sui muscoli e nella parete degli organi interni, con una densità pari all’adulto. Successivamente, un’ulteriore organizzazione della struttura laminare delle cellule delle corna posteriori e le loro sinapsi, insieme alla comparsa di specifiche vescicole per i neurotrasmettitori, inizia alla 13^ settimana e si completa entro la 30^.
Ancora, il processo di mielinizzazione per alcune fibre avviene già nel corso della vita intrauterina, mentre per altre soltanto dopo la nascita. La mancanza di mielinizzazione è stata spesso considerata indice di mancata funzione del sistema nervoso del neonato, portando alla falsa conclusione che i neonati, soprattutto i pretermine, non sono capaci di percepire il dolore: in realtà, tra le fibre che trasmettono le sensazioni dolorose nel genere umano di ogni età, vi sono anche le amieliniche. L’incompleta maturazione del sistema mielinico, quindi, sta semplicemente ad indicare che la velocità di conduzione degli stimoli dolorosi nelle fibre nervose dei neonati è rallentata rispetto a quella degli adulti: ciò viene però compensato dal fatto che nei neonati questi impulsi devono percorrere distanze più brevi data la minor lunghezza delle fibre, che trasmettono un dolore sordo, diffuso, mal localizzabile e di maggiore intensità.
I dati fin qui esposti confermano che le strutture anatomiche della nocicezione non sono semplicemente immature, ma sono differenti nel feto rispetto all’adulto: la trasmissione di uno stimolo doloroso avviene ugualmente, ma ad una velocità ridotta e la risposta può essere di lunga durata, esagerata o solo poco localizzata.
Da queste prima asserzioni, appare dunque evidente quanto vasto sia il campo di analisi dell’argomento, e parimenti quando sia stato utile e necessario creare delle scale di misurazione ad hoc per poter studiare e trattare in modo oggettivo il fenomeno stesso.
Ciò partendo dalle considerazioni di una ricercatrice neonatologa dell’Ospedale Pediatrico di Washington, che a proposito degli studi rivoluzionari dei colleghi Anand e Hockey, affermò che “l’evidenza in base alla quale le attività nocicettive costituiscono uno stress fisiologico nei neonati è talmente importante che nessuno può ulteriormente asserire che i neonati sono indifferenti al dolore”.
In base a ciò, “neonatologi, anestesisti e infermieri devono collaborare con i genitori per garantire che sia fatto il massimo per alleviare il dolore nei neonati, e per tenerli quanto più possibile lontani dal dolore stesso”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Gli strumenti della valutazione del dolore nel neonato:analisi critica

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Informazioni tesi

  Autore: Raffaella Robles
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Medicina e Chirurgia
  Corso: Infermieristica
  Relatore: maura lusignani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 35

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