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Il pettegolezzo, strumento di integrazione e controllo sociale.

Pettegolezzo e reputazione

In un importante saggio di Antonio Mutti (Rassegna Italiana di Sociologia n. 4, 2007) la reputazione viene definita come “la stabilizzazione temporale delle aspettative di una pluralità di agenti, relative a certe qualità (positive o negative) di specifici individui, gruppi e istituzioni”. Questa stabilizzazione implica una riduzione dell’incertezza nelle aspettative di coloro che attribuiscono tali qualità.

Norme, convenzioni e leggi stabilizzano, soprattutto, criteri generali relativi ad attori e relazioni, viceversa fiducia e sfiducia operano nei territori dove non ci sono norme che ne regolano l’andamento e vi sono comportamenti devianti, errori e manipolazioni di leggi esistenti.

Fiducia e sfiducia possono essere attribuite anche velocemente, quando c’è bisogno di decisioni rapide che implicano il ricorso a segnali, schemi abitudinari e altri espedienti decisionali; la reputazione, invece, ha sempre bisogno di tempo per essere costruita.

Importante è, per noi, sottolineare un’altra differenza tra fiducia, sfiducia e reputazione: le prime due, come la stima e la disistima, possono essere diadiche, cioè provate anche solo tra una coppia di persone, la reputazione, al contrario, implica sempre una cerchia più vasta di attori che l’attribuiscono.

La reputazione è quindi attribuita da una pluralità di individui, organizzazioni o istituzioni, caratteristica tipica anche della fama, che però si distingue dalla reputazione perché segnala più il fattore di notorietà e di visibilità indotto dai media che la qualità dell’individuo, del gruppo o dell’istituzione a cui essa viene assegnata. (Mutti, 2007)

Generalmente si associa la reputazione positiva alla fiducia, e la reputazione negativa alla sfiducia: margini di incertezza che vengono ridotti attribuendo fiducia o sfiducia in base a comportamenti e avvenimenti particolari si ripercuotono nella reputazione.

La reputazione può essere costruita informalmente nell’interazione sociale oppure reggersi su certificazioni formali: queste due forme possono sostenersi reciprocamente o configgere tra di loro, ad esempio quest’ultimo problema succede quando persone importanti istituzionalmente finiscono per deludere le aspettative dei cittadini.

Nelle società contemporanee si da molto peso all’appartenenza a un certo gruppo religioso o etnico, arrivando a reputarlo come importante elemento per attribuire buona o cattiva reputazione. Questa modalità di attribuzione della reputazione permette di distinguere le qualità legate alla reputazione e ottenute dagli attori grazie alla loro azione, dalle proprietà ascritte quali sesso, età, etnia o prestigio di ceto.

Si cerca sempre di costruirsi una buona reputazione perché essa consente di acquisire ricchezza, potere, status o più in generale permette di conquistare o mantenere relazioni di socievolezza importanti per vivere una vita serena all’interno del proprio gruppo. La reputazione, già costruita nell’interazione diretta tra specifici attori individuali o organizzativi, può essere diffusa e riconosciuta a sua volta da altre persone della società. Questo accade grazie al pettegolezzo, cioè grazie alla trasmissione di informazioni tra un individuo e una cerchia ristretta di persone.

Queste informazioni riguardano, nella maggior parte dei casi, dettagli sulla reputazione di un determinato soggetto, e vengono trasmesse da “imprenditori-diffusori”, individui che godono di una buona reputazione e che, grazie a ciò e alla posizione cruciale occupata nella rete sociale, esercitano un impatto più rilevante nel processo di attribuzione reputazionale (Mutti, 2007). Essi sono i leader, soggetti che si sono guadagnati nel tempo prestigio e autorevolezza, così da poter essere creduti sempre.

I pettegolezzi, quindi, quando vengono creduti e continuamente diffusi, contribuiscono alla formazione della reputazione anche se in realtà non corrispondono ai veri comportamenti o caratteristiche di una persona o di un’entità. Bromley (1993) sostiene che i pettegolezzi e le dicerie sono una sorta di reputazione secondaria, che si forma per mezzo delle opinioni che non si basano sul contatto diretto con la persona in questione.

Bisogna far attenzione, però, perché i pettegolezzi, in quanto forma di comunicazione non verificata, si basano sulla reputazione di chi li mette in giro: quando persone considerate negativamente esordiscono con nuovi pettegolezzi, veri scoop su qualche membro, importante e non, del gruppo, bisogna fare molta attenzione all’accettazione di questi, perché, vista la cattiva reputazione di colui che li diffonde, è molto probabile che siano sue invenzioni per essere al centro dell’attenzione. Pettegolezzo e reputazione hanno quindi un rapporto a due vie.

Qualche volta, attraverso questa circolazione di informazioni, in sé poco controllabile, si vengono a costruire rappresentazioni condivise di persone o di cose che possono dar vita ad un processo di etichettamento o addirittura di attribuzione di uno stigma.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il pettegolezzo, strumento di integrazione e controllo sociale.

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Bernardi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze sociologiche
  Relatore: Vincenzo Pace
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 46

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Parole chiave

controllo sociale
integrazione
norbert elias
pettegolezzo
politica e pettegolezzo
reputazione

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