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La spending review con particolare riguardo alla disciplina delle locazioni passive PA: il caso ISPRA

Analisi della spesa pubblica: dai tagli lineari ad interventi strutturali

L’obiettivo dichiarato di tutte le manovre sopra esposte è la riduzione dei costi dell’Amministrazione pubblica, raggiungibile attraverso una maggiore efficienza dei processi, cioè lo stesso risultato con una spesa inferiore, in un’epoca in cui è opinione diffusa che il rapporto tra quanto lo Stato chiede ai cittadini in termini di prelievo fiscale e quanto restituisce in termini di servizi è sproporzionato (Ricolfi, 2011).

La crescente attenzione del legislatore per il controllo della spesa ha condotto nel triennio 2010-2012 ad alcuni risultati positivi per quanto concerne il contenimento della dinamica della spesa: sulla base dei dati contenuti nel DEF 2013, Allegato I, tale spesa infatti pari a 669,6 miliardi di euro nel 2010, è scesa ai 666,5 miliardi nel 2012, con un calo, quindi, di 3,4 miliardi e, in termini di PIL, di 0,6 punti percentuali.
Nel quadro delle spesa pubblica assume un particolare rilievo, richiamando l’attenzione del legislatore, l’acquisto di beni e servizi, il cd. public procurement.

Da una prima analisi a freddo dei dati diffusi a luglio 2014 dalla Ragioneria Generale dello Stato nell’“Annuario Statistico 2014” (MEF- Ragioneria Generale dello Stato, 2014), sembrerebbe in particolare che nel 2013 la spesa per consumi intermedi, pari ad € 12.183.000.000, abbia subito un incremento poco meno del 16% rispetto al 2012 (€ 10.527.000.000), mentre, come successivamente elaborato dalla Corte dei Conti nel “Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2014” (Corte dei Conti, 2014), si evidenzia che la stessa per consumi intermedi ha subito una riduzione di poco meno del 9% rispetto al 2012 – escludendo dal calcolo gli aggi di riscossione che gravano sul bilancio statale a partire dal 2013 per effetto dell’accorpamento dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato nell’Agenzia delle dogane -passando da un importo di € 10.969.000.000 del 2011 ad € 9.617.000.000 nel 2013.

Al riguardo si ritiene che sia il taglio agli sprechi, sia l’imposizione di tetti di spesa con riferimento ai fabbisogni standard, calcolati sulla base di parametri che individuano la reale necessità di servizi anche attraverso una comparazione virtuosa tra i diversi Enti (Baretta, 2014), costituiscono una perfetta base di partenza per l’attuazione della spending review che, tuttavia, non può proseguire oltre in questa direzione perché per tagliare ulteriormente si finisce per limitare l’operatività istituzionali della PA ed inoltre provoca un effetto depressivo sull’economia del Paese.
In questo senso la spending review sta acquisendo un significato sempre più ampio di riorganizzazione della PA, di una sua modernizzazione, almeno sulla carta, attraverso la modifica di criteri e procedure alla base delle decisioni di bilancio e dell’utilizzo delle risorse pubbliche.

Dai tagli lineari, cui si è necessariamente ricorso per l’incapacità dei pubblici poteri di selezione, tra le diverse attività pubbliche, quelle meritevoli di essere sostenute (Perez, 2009), si sta gradualmente giungendo, attraverso fasi alterne, ad una spending review “settorializzata” che intraprende la via della valutazione della performance, dell’analisi delle inefficienze, dei programmi di spesa da abbandonare e di quelli da finanziare, attraverso l’adozione di un processo di performance budgeting (orientamento ai risultati), caratterizzato da un forte legame tra allocazione delle risorse e risultati ottenuti, valutandone lo scostamento rispetto agli obiettivi prefissati; tutto ciò al fine di assicurare un’amministrazione più efficiente, più vicina al cittadino e a quei canoni razionali di buon funzionamento indicati dalla stessa Costituzione.

E già dal corrente anno (2014), infatti, con riguardo alle spese per consumi intermedi, nella “Manovra di finanza pubblica – Tabella 2.1-2 Effetti finanziari della manovra” (MEF-Ragioneria Generale dello Stato, 2014) sono state previste riduzioni per soli 152 milioni, mentre si resta in attesa di ulteriori misure di spending review che dovranno assicurare una riduzione della spesa in misura non inferiore a 600 milioni di euro nel 2015 e 1,3 miliardi di euro a decorrere dal 2016.

La via scelta dal Primo Ministro Renzi è quella della condivisione e della responsabilizzazione dei Ministri in carica al fine di individuare nei propri dicasteri di competenza i centri di costo su cui poter risparmiare (AGI, 2014).
Da quanto sopra detto, si desume che si è giunti ormai alla consapevolezza che sono limitatissimi i margini per la riduzione delle spese di funzionamento ad invarianza di servizi, pertanto sono necessari interventi strutturali che rispecchiano lo spirito della SR, come ad esempio gli interventi operati sul piano sociale attraverso la riforma della previdenza, il cui nuovo sistema è stato ritenuto dagli organismi internazionali e la stessa Unione Europea come uno dei più virtuosi al mondo, o ancora, rimanendo nell’ambito dei consumi intermedi stessi, gli interventi di razionalizzazione e valorizzazione degli immobili ad uso delle PP.AA.

Bisogna pertanto tener presente che proseguire unicamente in questa direzione di rigido ed eccessivo contenimento dei costi, non può che comportare a lungo andare “effetti perversi”, come per esempio l’aumento del precariato a seguito del blocco delle assunzioni che ad un certo momento ha “presentato il conto”, chiedendo l’immissione in ruolo e determinando una spesa per il personale superiore a quella che si sarebbe verificata senza blocco (Muraro G., 2009).

Questo brano è tratto dalla tesi:

La spending review con particolare riguardo alla disciplina delle locazioni passive PA: il caso ISPRA

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Castellani
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2013-14
  Università: Università Telematica TEL.M.A.
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze dell'amministrazione
  Relatore: Roberto Benedetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 56

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Parole chiave

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