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Il canto e la danza nel libro VIII dell'Odissea

Aspetti culturali della danza greca e percezione sociale

La danza nella Grecia antica, e presso i popoli dell'antichità in generale, era un fatto sostanzialmente quotidiano. Si danzava infatti in ogni occasione di carattere sociale, sia pubblica sia privata: durante le numerose festività, durante le esequie funebri, durante i matrimoni, durante i riti propiziatori per le guerre, ecc. In pratica non c'era aspetto della vita sociale greca, a tutti i livelli, che non fosse accompagnato da un particolare tipo di danza, adeguato all'occasione. La danza in sé non aveva poi il carattere puramente spettacolare né la necessità di esprimere un rapporto di "dialogo" tra due corpi di sesso diverso, aspetti che sembrano essere tipici e quasi esclusivi della danza intesa in senso moderno.
Da un punto di vista tecnico-formale, la danza si potrebbe definire come il movimento controllato e coordinato di una o più persone nello spazio e nel tempo, caratterizzato da ben determinati schemi o "figure ritmiche" che ne rendono possibile, da parte sia di chi osserva sia di chi esegue, una comprensione ben definita ed eventualmente ripetibile, se non altro almeno della performance fisica in sé. Libanio, filosofo, retore e sofista siriano vissuto nel IV sec. d.C., ha infatti definito la danza come "movimento controllato delle membra secondo degli schemi e dei ritmi":κίνεσις τῶν μελῶν σύντονος μετά τινων σχημάτων καὶ oυθμῶν.

Tuttavia, definire in modo univoco la danza soltanto da un punto di vista tecnico-formale sarebbe troppo semplicistico, nonché fuorviante per quel che attiene al proposito in questa sede perseguito. Considerando l'argomento anche da un'ottica di tipo antropologico, infatti, sembrerebbe più corretto focalizzare l'attenzione su quello che è l'aspetto primariamente comunicativo, che certo rappresenta la sostanza essenziale della danza antica in Grecia. Una possibile soluzione a questa sorta di dicotomia basilare tra movimento tecnico da un lato e intenzione comunicativa dall'altro, risiede forse nel pensare alla danza in termini di dance events, ovvero di cerimonie e celebrazioni che implicano la danza come manifestazione funzionale al contesto in cui essa si attua, o altrimenti come contributo sociale in forma ritualizzata.
Tale "approccio funzionale", per così dire, si basa ovviamente sull'assunto che tutti gli aspetti di una società, e di una cultura in generale, contribuiscono al suo stesso funzionamento e alla sua particolare caratterizzazione in relazione e rispetto ad altrettali organismi sociali o culture.
In questo senso, dunque, l'importanza della danza antica non risiede tanto nella sua struttura ritmico-cinetica o nella descrizione degli schemi coreografici, fine a se stessa perché estetizzante, bensì in modo peculiare nell'ambiente sociale in cui essa ha luogo. In definitiva, infatti, a determinare il significato della danza antica sono sia il contesto sociale generale sia l'evento particolare; in altre parole il messaggio che essa vuole comunicare alla società spettatrice, in senso antropologico. Per questo motivo la danza nell'antichità non è mai stata un fenomeno isolato in sé, né è stata mai ritenuta tale. A ben guardare, infatti, in quanto movimento ripetuto e significativo, essa appartiene piuttosto alla categoria culturale compresa nel termine "rituale".
In tutti gli autori greci antichi che si sono occupati della danza, ὄρχησις, l'aspetto comunicativo non è tuttavia il primo a essere evidenziato. La danza, infatti, è definita innanzitutto nella sua accezione gestuale e mimetica, χειρονομία, ovvero l'aspetto decisivo a livello tecnico e formale. Da Platone a Senofonte, da Libanio ad Ateneo, da Aristotele a Luciano, la danza viene percepita prima di tutto come espressione di un movimento del corpo, κίνησις τοῦ σώματος. Tale movimento è vincolato da schemi o "figure ritmiche", σχήματα, che ne individuano le singole parti tecniche e strutturali, eventualmente ripetibili. Per via di questa simbiosi armonica dei movimenti corporei, all'interno di una gestualità mimica e ritmica composta da schemi, grande importanza e grande valore vengono assegnati anche alla musica: voce, ritmo, melodia, "ginnastica" (intesa come movimento legato a σχήματα appropriati) si univano così insieme formando un tutt'uno inscindibile, caratteristico e identificativo.


Paola Ceccarelli, sintetizzando abilmente la rilevanza sociale della danza greca antica, ha scritto in proposito le seguenti parole:

Ma la danza per i Greci è molto più che semplice movimento fisico: la μουσική, intesa come insieme inscindibile di canto, musica e danza, riveste un'importanza fondamentale nel mondo greco. Specialmente durante l'epoca arcaica e classica, ma anche in seguito, essa costituisce il modo di espressione privilegiato del gruppo, è quindi parte integrante della vita comunitaria: il coro costituisce una rappresentazione globale della società.[…]
D'altra parte, il coro stesso è il principale veicolo e strumento di παιδεία, di educazione, nel mondo greco arcaico e classico: la danza appare come un organo di controllo sociale
.

La relazione etimologica che c'è tra il sostantivo greco παιδεία, "educazione", e il verbo παίζω, "danzare" ma anche "giocare", pone l'accento sulla continuità fra giochi dei bambini, organizzazioni orchestiche giovanili e cori di persone adulte, laddove gli σχήματα coreografici assumono forme via via sempre più elaborate.

Platone ha teorizzato questo approccio tecnico alla danza nelle sue opere come una naturale propensione dell'uomo al movimento e alla percezione dell'ordine e del suono: il filosofo ateniese giunge addirittura a distinguere gli uomini dagli animali anche sulla base del gusto per il ritmo, l'armonia e l'ordine dei movimenti, αἴσθησις κινήσεων, di cui il regno animale non ha né coscienza né consapevolezza innate.
Platone approfondisce l'argomento, trovando la radice originaria della danza in quel senso di grazia e gioia, χαρά, che promana da essa. Secondo Platone il termine χορός, "coro", deriva proprio dalla parola χαρά. Gli dei stessi hanno imposto a questo tipo di espressioni non verbali degli uomini il nome di "cori", χοροί, proprio in virtù della loro caratteristica e connaturata "graziosità".
In quanto dono degli dèi, per Platone la danza non può che essere elemento fondamentale e imprescindibile per la vita retta di un cittadino greco. L'uomo privo di educazione,  παίδευτος, per Platone è definibile addirittura anche come  χόρευτο, "non allenato alla danza".
L'uomo educato alla maniera platonica deve perciò essere "dotato nella danza", κεχόρευκος.
Questa insistenza del filosofo nel rimarcare la funzione educativa della danza risale probabilmente agli anni in cui egli era discepolo presso Socrate, suo maestro giovanile. Anche Aristotele, discepolo a sua volta di Platone, pone l'accento sul ruolo educativo della danza e della musica in generale, come elementi non privi di una certa importanza nell'ideale percorso formativo del cittadino greco.
Ma il filosofo stagirita non sembra rendere merito all'importanza assegnata all'argomento da Platone.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il canto e la danza nel libro VIII dell'Odissea

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Informazioni tesi

  Autore: Daniele Rastrello
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi della Tuscia
  Facoltà: Conservazione dei Beni Culturali
  Corso: Archeologia
  Relatore: Maddalena Vallozza
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 118

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