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Il ruolo dell'attività fisica nel miglioramento delle abilità sociali nei soggetti autistici

Attività fisica e autismo

La promozione dell’attività sportiva per persone con disabilità ebbe inizio verso la metà del ventesimo secolo, quando il neurochirurgo Ludwig Guttmann introdusse le discipline sportive all’interno del processo di riabilitazione per persone con disabilità fisiche nell’ospedale di Stoke Mendeville, uno dei più importanti centri di riabilitazione motoria in Inghilterra. In questo centro Gutmann proponeva la cosiddetta “sport-terapia” ai membri delle forze armate che avevano subito una lesione midollare. Nel 1948, in concomitanza delle Olimpiadi di Londra, vennero inaugurati i primi giochi di Stoke Mendeville per persone mielolese ed in carrozzina.

In Italia questi giochi arrivarono qualche anno più tardi, precisamente nel 1958, quando Antonio Maglio convinse Guttmann a portare le competizioni di Stoke Mandeville a Roma. Qualche anno dopo, nel 1970, ci fu la nascita delle Paralimpiadi, alle quali presero parte 400 atleti para e tetraplegici provenienti da 23 Paesi. Il termine “para” inizialmente si riferiva a “paraplegico”, invece ora allude al fatto che tali olimpiadi vengono disputate in “parallelo” con i Giochi Olimpici per normodotati, ogni quattro anni. Nel corso degli anni le competizioni paraolimpiche hanno raggiunto una sempre maggiore attenzione da parte delle istituzioni e hanno attirato un numero sempre maggiore di atleti. Per quanto riguarda il contesto italiano, un grande contributo alla nascita dello sport per i disabili è stato reso, come accennato in precedenza, da Antonio Maglio, pioniere delle terapie di riabilitazione per i disabili. Oltre ad aver portato i giochi paralimpici a Roma, ha avuto un ruolo decisivo nella nascita della “Federazione Internazionale degli sport per disabili”, che oggi è conosciuta con il nome di “Comitato Paralimpico Internazionale” (IPC).

Inoltre, Maglio creò nel 1957 il Centro Paraplegici di Ostia “Villa Marina”, primo centro di riferimento in Italia per la sport-terapia. Grazie al suo contributo l’Italia è oggi uno dei paesi più importanti nella storia dello sport paralimpico. In Italia l’ente principale per lo sport paralimpico è il CIP (Comitato Italiano Paralimpico), che promuove l’attività paralimpica e l’avviamento sportivo delle persone con disabilità, disciplina, regola e gestisce le attività sportive sul territorio nazionale e coordina la preparazione atletica delle rappresentative paralimpiche delle diverse discipline in vista dei Giochi Paralimpici. Il suo obiettivo è quello di garantire a tutti i soggetti disabili, in ogni fascia di età, a qualunque livello e per qualsiasi tipologia di disabilità, il diritto allo sport, quale formidabile mezzo di crescita personale. Altro grande contributo per la diffusione dello sport per persone con diverse abilità è dato dall’organizzazione internazionale “Special Olimpics”. Si tratta di una delle più grandi associazioni al mondo per persone con disabilità intellettuale che conta più di 4.9 milioni di atleti. Questo nuovo approccio alla disabilità sottolinea l'importanza di valutare le capacità residue piuttosto che i limiti delle persone.

Come sottolinea il professor Lucio Cottini: "Attualmente si sta assistendo a una sorta di ridefinizione del concetto di integrazione in quello più articolato di inclusione […]. Se il processo di integrazione si indirizza ai bisogni delle persone con disabilità o a quelle con bisogni speciali, l’inclusione rivolge la sua attenzione a tutti quelli che partecipano alla vita sociale" (Cottini et al., 2008). Ormai tutti sanno che l’attività fisica gioca un ruolo fondamentale per il mantenimento della salute ed il benessere personale. Negli ultimi decenni l’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità) ha sempre più riconosciuto il ruolo dell’esercizio fisico ed il suo impatto sulla salute e sul benessere. L’esercizio fisico è particolarmente importante soprattutto per i bambini perché può aiutarli a migliorare non solo la loro condizione fisica, ma anche la loro autostima, le abilità sociali e il comportamento (Strauss et al, 2001).

Molti studi hanno sottolineato l'importanza e i benefici dell'esercizio fisico e contemporaneamente hanno evidenziato il forte rischio che possiede l’inattività fisica per i bambini, in particolare per quelli con disabilità (Bloomfield A., 2005). Lo sport per le persone con ASD è uno dei metodi di trattamento che ha iniziato a essere introdotto a partire dai primi anni 70’ dei Novecento. Oltre ad essere un'attività che può essere svolta quotidianamente, comporta diversi vantaggi rispetto alle altre tecniche terapeutiche attualmente utilizzate: favorisce l’inclusione sociale, aumenta la qualità della vita, contribuisce allo sviluppo delle abilità sia fisiche che cognitive, crea abitudini salutari. I bambini con ASD si trovano in una situazione più rischiosa a causa delle loro limitate opportunità di partecipare ad attività fisiche e giocare con i loro coetanei, a causa delle loro difficoltà nelle interazioni sociali e nelle capacità comunicative, che fungono da barriera (Pan & Frey, 2006). I bambini con ASD tendono anche a prediligere le attività individuali, a stare isolati rispetto al gruppo e sono tipicamente meno attivi rispetto ai loro coetanei durante il tempo libero.

Questo li predispone maggiormente al rischio di sovrappeso e obesità. A causa di questi deficit sociali e comportamentali, i bambini con ASD presentano tipicamente livelli di attività fisica ridotti, stile di vita sedentario e minore tolleranza all'esercizio rispetto alle controparti tipicamente in via di sviluppo (Must et al., 2014). Inoltre, le abilità motorie nei bambini con ASD sono in genere scarsamente sviluppate o in ritardo rispetto al normale, e spesso presentano comorbilità con il disturbo di coordinazione dello sviluppo. Queste carenze nel controllo motorio rendono gli individui con ASD inclini a malattie croniche. Inoltre, si è visto che i bambini con ASD presentano deficit più marcati nelle capacità motorie rispetto ai bambini senza ASD. Questi deficit riguardano l’equilibrio, la stabilità posturale, la coordinazione e inoltre è presente disprassia motoria (Downey & Rapport, 2012).

Negli ultimi anni sono stati condotti molti studi che hanno indagato il ruolo dell’attività fisica nel miglioramento della salute di questi soggetti. In particolare si è visto che l’attività fisica, condotta in un ambiente strutturato, può influenzare positivamente l’interazione sociale, le capacità comunicative, la capacità di autocontrollarsi e la cooperazione dei bambini con ASD (Zhao & Chen, 2018). L'esercizio fisico ha mostrato di possedere effetti positivi sulla sintomatologia e sulla riduzione delle comorbidità, oltre che nel miglioramento della salute generale dell’individuo. Tra gli effetti positivi si annovera anche una riduzione del comportamento stereotipato e aggressivo (Oriel et al., 2011) e una diminuzione dell'indice di massa corporea, o BMI (Neely et al., 2015). Inoltre, sono stati riscontrati miglioramenti nella coordinazione motoria, nell'equilibrio dinamico, nella forza muscolare, nella prestazione scolastica e in diversi domini psicosociali (Downey & Rapport, 2012). Uno studio recente ha dimostrato la correlazione esistente tra abilità motorie e capacità comunicative. I ricercatori hanno scoperto che i bambini che possiedono alti livelli di capacità motorie mostrano anche buone capacità sociali e comunicative. Al contrario, quei bambini che hanno maggiori difficoltà nell'esecuzione di attività motorie, presentano anche deficit maggiori nell'interazione sociale e nella partecipazione (Lloyd, MacDonald & Lord, 2013).

Come afferma Maria Montessori: "Uno dei più grandi errori dei nostri giorni consiste nel pensare al movimento di per sé, come qualcosa di separato dalle funzioni superiori. Mente e movimento sono parti della stessa entità" (Montessori, 1952). Sappiamo che c’è un'alta percentuale di bambini con autismo che presenta deficit motori, che influiscono negativamente sulla loro vita quotidiana. Questi bambini esibiscono abilità motorie ritardate o atipiche, rispetto ai bambini neurotipici (Gernsbacher et al., 2008). Per incoraggiare questi bambini ad intraprendere attività fisica, è necessario un maggiore sostegno, che sia rivolto sia a loro che ai loro genitori. La scelta delle attività avviene sulla base della valutazione delle aree funzionali residue e compromesse e dell’età del bambino, in accordo con le figure di riferimento. Genitori, educatori e insegnanti sono risorse eccellenti per facilitare la conoscenza del soggetto. Sarà poi compito dell’allenatore quello di creare le condizioni ottimali per fare in modo che il bambino o ragazzo possa prendere parte all’attività e acquisire nuove capacità, fino a raggiungere il massimo grado possibile di autonomia nello svolgimento di una determinata attività.

Blauwet afferma che: "gli atleti possono acquisire fiducia, autostima e un senso di identità attraverso la partecipazione allo sport. Tutto si tradurrà in una immagine di sé più positiva e porterà a un decremento del rischio di depressione e di altri disturbi relativi alla salute mentale" (ICSSPE, 2007). Nell’impostazione dell’attività è fondamentale che l’allenatore adatti il proprio lavoro basandosi sulle capacità di ciascun atleta, per poi raggiungere livelli di performance individuali e di squadra ottimali. Lo sport ha un altro grande ruolo, ovvero quello di mettere in relazione vari soggetti tra di loro e di creare nuovi legami ed amicizie. Le ricerche dicono che circa il 50% dei ragazzi autistici non ha relazioni tra pari al di fuori delle impostazioni predefinite (ad esempio la scuola) e che il livello di amicizie è basso (Orsmond et al., 2004). É importante che il luogo dove viene svolta l’attività sia di supporto alla partecipazione del soggetto con ASD. Gli ambienti di supporto sono quelli che stimolano i desideri umani di esplorare, comprendere, migliorare la competenza, partecipare con gli altri. Gli ambienti ostili invece impediscono alle persone, in questo caso i soggetti con ASD, di partecipare (Krieger et al, 2018).

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Il ruolo dell'attività fisica nel miglioramento delle abilità sociali nei soggetti autistici

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Informazioni tesi

  Autore: Jenny Tellan
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Urbino
  Facoltà: Scienze Motorie
  Corso: Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattative
  Relatore: Ivana Matteucci
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 98

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Parole chiave

disabilità
sport
tennis
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esercizio fisico
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