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Michael Haneke. La perversione delle immagini

Cachè (Niente da nascondere)

Si odono le prime parole dopo quasi due minuti e mezzo dall’inizio del film, mentre il primo cambio d’inquadratura avviene dopo poco meno di tre minuti. Così inizia Cachè, con un’inquadratura fissa su un viale dove non succede quasi nulla, tranne il passaggio di una persona a piedi e di una bici, e l’uscita di colei che sarà la protagonista del film da casa. Dentro questa inquadratura s’incolonnano, quasi illeggibili, i titoli di testa, e dietro di essi c’è la casa dei nostri protagonisti, coperta da un ricco fogliame. Questi sono elementi che appaiono assolutamente banali, ma quando scopriamo che ciò che abbiamo visto è una registrazione video si caricano di significato e assumono una veste più incerta. A farcelo scoprire sono le voci dei nostri protagonisti, Georges, conduttore di un talk show letterario, e la moglie Anne, che lavora nell’editoria. Le voci ci spiegano che il videotape è stato lasciato sull’uscio, ma sarà solo il primo di una lunga serie, accompagnati da macabri disegni infantili il cui fil rouge è il sangue. Dopo svariate visioni del materiale, i primi sospetti ricadono su probabili scherzi da parte dei compagni di classe di Pierrot, il loro figlio adolescente, ma si rivelano infondati.
Decidono di andare alla polizia, la quale però non si muoverà se non prima di avere avuto delle prove certe della minaccia. Le cartoline incominciano a far affiorare a Georges, un ricordo ormai quasi sepolto della sua infanzia, che rivediamo attraverso brevi flashbacks/sogni e che riguardano un evento storico i cui effetti traumatici investono ancora il presente: il 17 ottobre 1961, una coppia di braccianti algerini impiegata nella tenuta di famiglia rimase uccisa nel corso di una manifestazione deflagrata in massacro del Fronte di Liberazione Nazionale; il loro figlio Majid fu accolto in casa dai genitori di Georges, che all’epoca aveva sei anni e prese subito in odio il coetaneo, al punto di farlo mandare in orfanotrofio, ordendogli una trappola (gli fece uccidere un gallo con la bugia che era suo padre a volerlo) al fine di fare la spia(disse che il piccolo voleva terrorizzarlo con lo spettacolo dei salti convulsi del pennuto senza testa).
I sospetti su Majid aumentano quando su uno dei video è ripresa la casa d’infanzia di Georges, e l’uomo decide di andare a trovare l’anziana madre a cui domanda di Majid, ma anche lei sembra aver rimosso quel ricordo. Ad aiutare la coppia Laurent nelle indagini, è l’indirizzo di un appartamento mostrato in una videocassetta. Georges decide di andarci, e, al suo interno trova proprio Majid, anche se finge di non riconoscerlo; l’algerino assicura di non c’entrare nulla con le cassette, ma Georges stenta a credergli. La loro conversazione è però ripresa in video, video che poi ovviamente è spedito a casa sua ma anche nella redazione dello studio televisivo di Georges.
Georges però aveva mentito alla moglie, dicendo che nell’appartamento non aveva trovato nessuno, e ciò incrina ulteriormente i già freddi rapporti familiari. I rapporti arrivano all’esasperazione quando Pierrot scompare e le colpe sono subito lanciate verso Majid e suo figlio adolescente, i quali sono arrestati senza sufficienti prove. La sparizione però si rivelerà presto solo come un semplice gesto trasgressivo di Pierrot. Una volta libero, Majid invita in casa Georges e si taglia la gola davanti ai suoi occhi, ricordando ancora una volta che lui non ha alcuna relazione con le cassette. Il problema ancora una volta non si sbroglia, ma anzi s’infittisce. Georges si nasconde nel buio più assoluto, per cercare di cancellare quell’immagine che si è stampata nella sua mente. Successivamente il figlio di Majid lo va a cercare sul posto di lavoro, senza un motivo preciso, ma anche lui assicura di non avere nulla a che fare con le videocassette, e giustifica la sua visita adducendo il motivo di voler sapere come l’uomo si possa sentire al pensiero di avere un uomo sulla coscienza. Restano troppo vaghi i sospetti sui due algerini, e nulla ci garantisce che l’anonimo operatore non sia ancora in agguato. Il punto di vista dell’inquadratura finale potrebbe anche essere il suo. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Michael Haneke. La perversione delle immagini

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Informazioni tesi

  Autore: Gabriele Foralosso
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Dams - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Rosamaria Salvatore
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 60

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