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Bologna 1970. La riscoperta dell'identità come risorsa sociale

Come il centro di Bologna è diventato "storico"

È evidente che perché una città possa essere definita "antica", occorre che ve ne sia una "moderna" alla quale paragonarla. Nel caso di Bologna ciò avvenne all'incirca in concomitanza con la proclamazione dell'Unità d'Italia. Fino a quel momento, infatti, la città era stata semplicemente “la città”, e nonostante si introducessero modifiche consistenti sul piano degli edifici e dei tracciati viari, nessuno si era mai chiesto se essa fosse adatta o meno alle esigenze della propria epoca.
Fino a tutta la prima metà del XIX secolo la struttura della città non venne mai modificata troppo a fondo, anche se a partire dall'occupazione napoleonica cominciarono le prime avvisaglie di iniziative che avrebbero portato a cambiamenti successivi.
Ciononostante, nei primi decenni dell'Ottocento, l'atteggiamento nei confronti della città era ancora volto al perfezionamento, e non al superamento, delle forme urbane sedimentate nei corso dei secoli: mentre al di fuori delle mura cittadine si assisteva a un sensibile incremento della popolazione periferica e agricola, in città ci si occupava principalmente di opere pubbliche di interesse generale, largamente favorite dal lavoro di re-destinazione dei complessi ecclesiastici soppressi in periodo napoleonico.
Il passaggio fondamentale avvenne dopo il 1861, quando l'impianto medievale di Bologna, fatto di stradelli angusti e intricati, venne a scontrarsi con la nuova vocazione industriale e terziaria della città. Una serie di sventramenti e demolizioni servirono all'intento di adeguare l'assetto viario alle nuove esigenze di traffico, nonché a quelle di immagine. All'apertura della stazione ferroviaria seguì la realizzazione del grande rettilineo di Via dell'Indipendenza, mentre alla costruzione delle grandi sedi della Banca Nazionale nel 1863 e soprattutto della Cassa di Risparmio, tra il 1868 e il 1871, corrisposero gli allargamenti di alcune vie – come via Farini – e la realizzazione di piazze – come piazza Minghetti e Cavour.
Le vie larghe e diritte sembravano le uniche a essere degne di figurare in una città che si volesse chiamare moderna: esse dovevano intersecarsi ortogonalmente ed essere affiancate da grandi costruzioni, destinate per lo più a funzioni amministrative e terziarie. Principi simili portarono nel 1889 alla stesura di un grande piano regolatore.
Furono previste diffuse demolizioni di edifici ritenuti ormai desueti e innumerevoli allargamenti e prolungamenti di strade, tanto che “se il piano fosse stato completamente applicato” scrisse Cervellati, “oggi non vi sarebbe più una strada del centro storico intatta” (Cervellati, Scannavini, De Angelis, 1977, p. 51).
Con l'affacciarsi del nuovo secolo, la crisi agricola segnò un progressivo abbandono delle campagne e un parallelo incremento della popolazione inurbata. La città si espanse sensibilmente, e, fenomeno del tutto nuovo per Bologna, superò il perimetro delle antiche mura, dando vita a nuovi quartieri oltre le mura. Gli insediamenti di quel periodo risentivano ampiamente della differenziazione sociale, tanto che alcuni si caratterizzarono come veri e propri quartieri operai, ed è il caso, ad esempio, della Bolognina, altri vennero costruiti ad hoc per la borghesia più abbiente, come la zona sud-est, edificata secondo l'interpretazione locale della città-giardino.

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Bologna 1970. La riscoperta dell'identità come risorsa sociale

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Informazioni tesi

  Autore: Elena Ramazza
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Arti Visive
  Relatore: Lucia Corrain
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 278

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