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Caratterizzazione qualitativa di cinque ceppi di trota iridea (Oncorhynchus mykiss) allevati in tre impianti Trentini.

Composizione chimica e valore nutrizionale del pesce

Il concetto di qualità ha oggi un significato estremamente vasto e risulta fondamentale operare a livello di produzione, cercando di creare dei sistemi di controllo capaci di gestire il percorso del prodotto all’interno della filiera e assicurare così al consumatore finale un livello elevato di qualità e sicurezza (Reffo, 2005).

Un aspetto d’importanza fondamentale per un alimento è sicuramente la sua composizione nutrizionale e, a tale proposito, è già stata ampiamente messa in evidenza l’importanza che la quota lipidica (ma soprattutto la composizione in acidi grassi delle serie ω3 e ω6) riveste nel caso della carne di pesce (Gladyshev et al., 2006).

Gli acidi grassi polinsaturi della serie ω3 sono noti per il loro effetto benefico sulla prevenzione di numerose malattie cronico-degenerative, come cancro e aterosclerosi, nonché su una serie di patologie molto diffuse come ipertensione, psoriasi, aggressività, depressione, infiammazioni e trombosi, oltre ad avere effetti positivi sullo sviluppo del feto (Puwastien et al., 1999; Connor, 2000; Gökçe et al., 2004; Haliloglu et al., 2004; Schmidt et al., 2005; González et al., 2006; Nasopoulou et al., 2007; Donahue et al., 2009).

I lipidi del pesce contengono notevoli quantità di acidi grassi della serie ω3, in particolare l’acido eicosapentaenoico (C20:5ω3 o EPA) e l’acido decosaesaenoico (C22:6ω3 o DHA) (Holub e Holub, 2004), che si trovano in natura nel fitoplancton e nelle alghe marine (Visentainer et al., 2007) e che il pesce deriva dalla catena trofica. È importante sottolineare che alcuni acidi grassi della serie ω6 e ω3 in particolare sono anche chiamati acidi grassi essenziali perché l’uomo, così come gli altri mammiferi, non è in grado di sintetizzarli nel proprio organismo (Jankowska et al., 2003; Sushchik et al., 2007) e ha la necessità di introdurli attraverso la dieta (Alasalvar et al., 2002; Celik et al., 2005).

Si tratta, in particolare, dell’acido linoleico (C18:2ω6) e dell’acido α-linolenico (C18:3ω3). A partire dal primo trae origine il più importante acido grasso della serie ω6, l’acido arachidonico (C20:4ω6); mentre a partire dall’acido grasso α-linolenico traggono origine l’EPA, eicosapentaenoico (C20:5ω3) e il DHA docosaesaenoico (C22:6ω3). Questi acidi grassi vengono creati,attraverso una serie di reazioni di desaturazione ed elongazione catalizzate da specifici enzimi (Lunn e Theobald, 2006). Tuttavia si riscontrano notevoli variazioni nella quantità e nella qualità di lipidi e, in particolare, nella composizione in acidi grassi tra le diverse specie di pesce ma all’interno della stessa specie (Shearer, 1994).

Numerosi sono i fattori responsabili di tali variazioni e tra questi si annoverano il sesso, la dieta, il peso corporeo, la stagione e l’età alla macellazione come confermano le ricerche effettuate da numerosi autori (Exler et al., 1975; Gorgun e Akpınar, 2007; Rueda et al., 1997; Shearer, 1994) e, ovviamente, anche l’origine degli animali (selvatici o d’allevamento) riveste un ruolo di primo piano (Gonzalez, 2006). Infatti alcuni studi condotti a tal riguardo hanno evidenziato differenze di composizione nutrizionale tra individui allevati e selvatici appartenenti alla stessa specie. Rea et al. (2000) hanno riscontrato alcune interessanti differenze chimico-nutrizionali tra orate selvatiche e quelle d’allevamento, rilevando in queste ultime un contenuto di grasso significativamente maggiore (3.49%), una quantità di acidi grassi polinsaturi superiore, soprattutto della serie ω3, in particolare di acido eicosapentaenoico e di acido docosaesaenoico rispetto alle orate selvatiche, che presentavano valori maggiori di acidi grassi monoinsaturi.

È importante sottolineare che il rapporto PUFAω3/PUFAω6 rappresenta un parametro importantissimo per qualificare le caratteristiche nutrizionali di un alimento, pesce incluso (Saroglia et al., 1996), e le orate selvatiche avevano presentato un rapporto pari a 8.84, nettamente superiore rispetto al valore riscontrato nelle orate allevate (4.02) (Saroglia et al., 1996). Per quanto riguarda gli indici di aterogenicità (I.A.) e di trombogenicità (I.T.), proposti da Ulbricht e Southgate (1991), i soggetti selvatici possedevano valori migliori di I.A. (0.45 contro 0.53) mentre i soggetti allevati avevano un migliore I.T. (0.24 contro 0.29). La carne di pesce si caratterizza per l’elevata antitrombogenicità e antiaterogenicità rispetto alle altre carni di origine animale, come quella di agnello e quella di bovino, e rispetto ai prodotti lattiero-caseari (Amerio et al., 1996).

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Caratterizzazione qualitativa di cinque ceppi di trota iridea (Oncorhynchus mykiss) allevati in tre impianti Trentini.

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Informazioni tesi

  Autore: Antonio Mastrodomenico
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Corso: Scienze e Tecnologie Agrarie
  Relatore: Giuliana Parisi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 127

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Parole chiave

qualità
acquacoltura
allevamento
pesci
trota iridea
prodotto ittico
analisi fisico-chimiche
oncorhynchus mykiss
impianti
troticoltura

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