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La leadership carismatica. Il caso di Vincenzo Muccioli nella rappresentazione stampa

Comunità e carisma

Nel nostro Paese le comunità terapeutiche per tossicodipendenti conosceranno il loro primo sviluppo sull’onda della liberazione culturale che aveva portato all’evidenza, e ad una sorta di massificazione, il problema della droga: alla fine degli anni Sessanta.

Anche in Italia l’iniziativa sarà presa da gruppi di privati, con una motivazione religiosa o sociale; naturalmente, il panorama delle differenti esperienze riconducibili alla denominazione di comunità per il recupero dei tossicodipendenti era, ed è tuttora, molto vasto e diversificato: non può esistere una definizione univoca in cui vengano collocate tutte le oltre 200 comunità esistenti ad oggi nel nostro Paese; allora, soprattutto dall’inizio degli anni Ottanta, siccome il problema di fare chiarezza tra le varie esperienze sviluppatesi disordinatamente degli anni Settanta era divenuto pressante, si è tentato di censire e mappare queste diverse, multiformi, attività, nonché di irreggimentarle in classificazioni che tenessero conto delle loro caratteristiche.

Tre sono le ricerche principali che, in quegli anni hanno dato un contributo significativo alla comprensione del fenomeno: la prima di queste indagini, commissionata dalla Provincia di Milano nel 1983, consisteva in un censimento di 168 strutture presenti nell’Italia settentrionale, segnalate come possibili comunità terapeutiche per tossicodipendenti: in realtà, di queste, solo 68 risultarono avere le caratteristiche ricercate di essere, contemporaneamente, completamente funzionanti, dedite al recupero delle tossicomanie, residenziali e indipendenti da altre comunità; il primo tentativo di mappatura comprendente tutto il territorio nazionale è, sempre in quegli anni, del Gruppo Abele che, tramite un questionario inviato direttamente alle comunità, ha creato una classificazione basata, tra le altre cose, sul contesto di vita, economico e delle attività legato alle dimensioni della comunità stessa; sulle risposte provenienti dagli 87 questionari ricevuti in risposta, il gruppo ha tracciato una distinzione tra comunità terapeutiche e non terapeutiche catalogando, inoltre, le varie definizioni a cui si rifacevano le comunità intervistate; il questionario è anche il mezzo utilizzato nell’ultima ricerca importante, quella del Censis del 1983, alla quale risposero 106 comunità e che tentava di ricostruire la diffusione delle comunità per aree geografiche sull’intero territorio nazionale, nonché il loro ordine di grandezza.

Dai dati ricavati in queste indagini, come da altri studi compiuti parallelamente in quel periodo, presero le mosse tutta una serie di lavori, con l’obiettivo di classificare in modo definitivo le comunità terapeutiche esistenti in Italia. Luigi Cancrini, ad esempio, propose nel 1982 una classificazione delle comunità in “implicitamente terapeutiche” ed “esplicitamente terapeutiche”:

Non tutte le comunità si definiscono apertamente come terapeutiche. Alcune di esse (le definiremo esplicitamente terapeutiche) si propongono al tossicodipendente come una struttura utile alla liberazione di forze esistenti all’interno della sua personalità e allo sviluppo di un suo personale progetto di vita, ma tendono a raggiungere un simile scopo in tempi più o meno rigidamente stabili, all’interno di un programma terapeutico che prepara ad un’ipotesi di rientro nella società circostante.
Organizzate in modo diverso, altre comunità (le definiremo qui implicitamente terapeutiche) non prevedono programmi o fasi e rifiutano apertamente, a volte, la definizione normalizzante che sottolinea il carattere “terapeutico” della loro attività. Presentandosi come proposta di vita alternativa alla società rifiutata dal tossicodipendente, questo tipo di comunità richiede a chi vi entra, una vera e propria scelta di vita: venire a farne parte significa accettare l’idea di vivere e lavorare insieme, all’interno di una microsocietà che contrappone i suoi valori a quelli prevalenti all’esterno e che non programma (in coerenza con questa filosofia) rientri vissuti come scopo del lavoro comunitario. (Luigi Cancrini, La comunità per tossicodipendenti. Storia, modelli, stress lavorativo)

Tra le comunità implicitamente terapeutiche Cancrini analizza la comunità di San Patrignano, ponendola in contrapposizione con la comunità Progetto Uomo, esplicitamente terapeutica e sottolineandone le differenze per ciò che concerne la struttura organizzativa, la durata ed altre caratteristiche ma anche, requisito di particolare rilevanza per questo lavoro, il ruolo all’interno della comunità del leader carismatico, la cui presenza ed importanza sono qualità distintive di un’esperienza comunitaria di tipo implicitamente terapeutico.

Tra le innumerevoli proposte di classificazione successive a quella di Cancrini è particolarmente importante anche quella proposta da Bruno e Maselli nel 1985 che, pur non essendo considerata esaustiva di tutte le esperienze comunitarie esistenti, costituisce un buon esempio di quadro sinottico: essa prevede, ad un primo livello, la distinzione tra comunità “non residenziali” e “residenziali”: all’interno di queste ultime è interessante la classificazione tra comunità “aperte” e “chiuse” ed anche tra comunità “autoritarie”, “carismatiche” e “democratiche”: secondo questa schema la comunità di San Patrignano, in quel periodo, poteva essere definita una comunità chiusa e carismatica.

Infine, in un lavoro di Cagossi, Ciocca e Boccalon ritroviamo, a grandi linee, la stessa distinzione (riproponendo anche, più o meno, la stessa classificazione delle comunità italiane) ma specificandone le caratteristiche in maniera più approfondita; per quanto riguarda, ad esempio, le “comunità chiuse” esse sono, secondo gli autori:

quelle esperienze all’interno delle quali vengono utilizzati tutti i mezzi, a volte anche coercitivi, per impedire e bloccare la libertà dell’utente a qualsiasi livello voglia esprimersi. [Esse] si basano sul concetto che il tossicomane è una persona irresponsabile, che deve essere gradualmente rieducata alla capacità di prendere iniziative positive: egli viene quindi trattato come un bambino […]. Per questo motivo tutte le attività sono rigidamente predisposte e l’utente non può prendere alcuna iniziativa spontanea né per quanto riguarda la vita in comunità né per quanto riguarda i contatti con l’esterno. […] Ogni trasgressione viene punita piuttosto severamente, e non esiste alcuna possibilità di giustificarsi ;

le “comunità carismatiche”, invece, sempre secondo Cagossi, Ciocca e Boccalon, sono quelle nelle quali viene rappresentato “un sistema microsociale scarsamente gerarchizzato, dominato dalla presenza di un leader e fortemente penetrato di ideali naturistici e familistici.”Abbiamo dunque mostrato, in un rapido excursus, alcune delle caratteristiche che definiscono una comunità terapeutica per tossicodipendenti, così come abbiamo ricordato gli autori che hanno cercato di inserire San Patrignano in una specifica classe di comunità.

Noi, al contrario, non tenteremo di includere la comunità di Muccioli in una categoria piuttosto che in un’altr in quanto tale lavoro, oltre a non rivestire alcuna importanza nella nostra trattazione, non renderebbe conto della complessità del fenomeno rappresentato dall’esperienza comunitaria di San Patrignano: essa è la più grande comunità d’Europa ed ha, in più, subito molti cambiamenti nell’arco del suo sviluppo che ne hanno ridimensionato le aspirazioni settarie; inoltre, in questa maniera, verremmo meno ai propositi di avalutatività a cui vogliamo ispirarci, correndo il rischio di oscurare anche le caratteristiche che abbiamo visto essere certamente rintracciabili nella comunità di San Patrignano: essa è stata dichiarata, desideriamo ricordarlo, come una comunità “implicitamente terapeutica”, “chiusa” e “carismatica”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La leadership carismatica. Il caso di Vincenzo Muccioli nella rappresentazione stampa

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Informazioni tesi

  Autore: Daniele Lombardi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2002-03
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Sociologia Politico-Istituzionale
  Relatore: Enrico Pozzi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 221

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