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Integrazione Europea e diversione dei traffici: l'esperienza italiana.

Gli anni ’70 - ’80, la stagflazione e l’integrazione monetaria

All’indomani delle sfide lanciate dall’autunno caldo del 1969 e culminate con l’adozione dello statuto dei lavoratori la struttura produttiva del nostro Paese si trovò a dover fronteggiare il crollo del sistema di Bretton Woods nel 1971 e la grande crisi del 1973, ricordato come “l’anno delle sette piaghe” perché caratterizzato da perdita di raccolti, cambiamenti climatici, speculazioni sui mercati mondiali delle materie prime, turbolenze nei mercati dei cambi e quadruplicazione del prezzo del greggio.
Le conquiste ottenute dai movimenti sindacali avevano però reso il lavoro un fattore di produzione fisso o quasi fisso per le medie e grandi imprese; alla luce di ciò quando si verificò la crisi petrolifera del 1973, con il conseguente aumento del prezzo delle materie prime, fu inevitabile per i produttori riversare tale aumento di costi sui prezzi dando vita ad una costante inflazione. L’effetto redistributivo di tale aumento fu però impedito o pesantemente limitato dai meccanismi di indicizzazione automatica dei salari che misero in moto una pericolosa spirale tra salari, costi, prezzi, inflazione e di nuovo salari destinata a collassare con la seconda crisi petrolifera nel 1979. Dato che a questi fenomeni si accompagnava anche una seria stagnazione fu coniato per il periodo il termine di stagflazione, ovvero una combinazione di recessione ed inflazione.
E’ stato evidenziato come la rigidità dei meccanismi salariali abbia rappresentato un impedimento alla ripresa economica alla luce del fatto che paesi come la Germania, nei quali i livelli salariali risposero più velocemente alla crisi, si ripresero più velocemente degli altri mentre dove, come in Italia, vennero adottate politiche economiche espansive si riscontrò un aumento incontrollato di inflazione e disoccupazione.
L’aumento dei costi per le materie prime (conseguente alla crisi petrolifera) e per il lavoro ( a causa delle indicizzazioni automatiche) avrebbe potuto però riflettersi in toto sui prezzi senza creare problemi in termini di bilancia dei pagamenti solo nella misura in cui il livello mondiale dei prezzi fosse cresciuto allo stesso ritmo; dal momento che così non fu, per mantenere livelli di esportazioni accettabili, la politica monetaria italiana inaugurò una stagione di pesanti svalutazioni rese possibili dal crollo del serpente monetario del 1973.
Tale politica raggiunse senza dubbio il suo scopo dal momento che le esportazioni italiane crebbero nel corso degli anni ‘70 ad un ritmo doppio rispetto a quello registrato dal PIL ma fu fortunatamente destinata a cessare negli anni Ottanta e Novanta soprattutto grazie ai vincoli posti dalla nascente integrazione europea, come vedremo.
Si è anche assistito, nel corso degli anni Settanta e Ottanta, ad un tendenziale aumento della propensione media all'importazione e del grado di "penetrazione delle importazioni". Questo fenomeno verificatosi nel nostro Paese per il settore manifatturiero, ha fatto a lungo discutere, lasciando sospettare una tendenza dell'economia italiana verso la deindustrializzazione. Viceversa, il confronto con i paesi più industrializzati ha dimostrato non solo che si tratta di una tendenza comune, ma addirittura che il fenomeno, per l'Italia, è stato meno pronunciato.
La crescita della propensione media all’importazione può essere spiegata da un lato con le preferenze e dall’altro con l’evoluzione tecnologica.
Per quanto riguarda le prime è stato verificato come le somiglianze nei gusti dei consumatori in paesi con livelli e distribuzione di reddito reale molto simili, e soprattutto la tendenza a domandare beni sempre più "differenziati" man mano che aumenta il reddito pro capite, determinino (almeno nel campo dei manufatti) un aumento della propensione ad importare quale conseguenza della crescita economica. Questa configurazione delle preferenze in relazione al grado di benessere spiega anche il fenomeno, crescente nei decenni considerati, del cosiddetto commercio "orizzontale" (o intra-industriale), ovvero la simultanea esportazione ed importazione di beni appartenenti alla stessa classe merceologica.
Circa l'evoluzione della tecnologia, a partire dalla metà degli anni settanta la crescita nei principali paesi industrializzati si è accompagnata ad un'integrazione rapidamente crescente, nonostante alcuni importanti momenti di difficoltà (come a seguito delle crisi petrolifere nel 1973 e 1979) e le costanti tentazioni del protezionismo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Integrazione Europea e diversione dei traffici: l'esperienza italiana.

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Informazioni tesi

  Autore: Petra Cotti
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Vincenzino Caramelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 120

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