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Il lavoro infermieristico al Ser.T e il rischio di stress

I servizi dedicati ai tossicodipendenti

Negli ultimi anni, il trattamento della dipendenza da eroina, ha visto crescere e moltiplicare le possibilità di intervento.
Fino agli anni Ottanta l’unico obbiettivo era un cambiamento rapido della condotta del tossicodipendente con la sola astinenza dalla droga.
Il tossicodipendente era posto in una condizione totalmente passiva e poteva solo esprimere richieste d’aiuto. Questo perché i terapeuti consideravano la sua volontà ormai annientata dall’uso delle droghe.
L’obiettivo era per tutti gli operatori lo stesso: l’interruzione dell’uso delle sostanze e il mantenimento dell’astinenza.
Si stima che i programmi che prevedono la sola astinenza totale si concludano con un successo del 30%.
In Italia solo il 10% dei tossicodipendenti che accedono ai servizi seguono programmi presso strutture comunitarie, di questi circa il 50% non supera i 10 mesi di trattamento (la durata del trattamento è di 18-24 mesi).
Questi programmi sono quindi risultati troppo selettivi, adatti solo ad una piccola percentuale di tossicodipendenti.
I più grandi ostacoli, oltre alla difficoltà di mantenere l’astinenza, sono le regole che la persona deve rispettare per accedere e rimanere all’interno di un programma di recupero. Un tossicodipendente che decide di andare in comunità deve dedicare almeno due anni della propria vita al trattamento della sua dipendenza.
Alla fine degli anni Ottanta, la diffusione dell’AIDS, ha posto tutti gli operatori di fronte ad un problema: era ormai chiara la necessità di offrire forme di aiuto che permettessero, a chi non avesse ancora deciso di intraprendere un percorso terapeutico, di conservarsi nelle migliori condizioni di salute possibili.
Non era quindi più possibile creare programmi che si rivolgessero solo ad una minoranza di tossicodipendenti.
Si sono allora diversificati gli obiettivi, pur mantenendo lo scopo principale dell’astinenza, quali la limitazione del rischio di contagio da HIV e di altre patologie infettive correlate all’uso di sostanze e la riduzione del numero di overdose.
Questi programmi sono stati raggruppati sotto il nome di “riduzione del danno”.
La riduzione del danno è una strategia finalizzata ad un miglioramento (o comunque non ad un peggioramento) delle condizioni di vita dei consumatori di droga.
Gli obiettivi in questo caso si possono dividere a breve, medio e a lungo termine.
Gli obiettivi a breve termine sono la diminuzione delle morti per overdose, la riduzione della trasmissione del virus dell’HIV e delle altre malattie provocate dall’uso promiscuo delle siringhe e un miglioramento delle condizioni di salute dei tossicodipendenti.
Quelli a medio termine riguardano la limitazione dei processi di criminalizzazione indotti dall’uso degli stupefacenti e un aiuto nella gestione della condizione di tossicodipendenza.
A lungo termine si cercherà di aiutare i tossicodipendenti a guadagnare tempo in attesa del momento adatto per smettere di drogarsi riducendo i rischi che minacciano la loro salute e la loro sopravvivenza.
Questi interventi hanno la peculiarità di non obbligare il consumatore di droga all’astinenza, ma si rivolgono anche a coloro che non vogliono smettere di drogarsi.
Il consumatore viene quindi considerato come una persona che mette in atto dei comportamenti a rischio per sé e per gli altri e come obiettivo viene posto la riduzione e, se possibile, l’eliminazione, dei rischi legati all’uso di queste sostanze.
Oggi gli interventi possono essere divisi in quattro categorie principali: la prevenzione, la cura, il reinserimento sociale e lavorativo.
Con l’espressione “programmi di aiuto” ci si riferisce a quegli interventi che non mirano al raggiungimento di uno stato astinente, bensì vogliono produrre un miglioramento delle condizione di vita nel senso più ampio, ad esempio l’interruzione di comportamenti illeciti, il miglioramento della salute, il miglioramento delle condizioni igieniche ecc.
Con “interventi di cura” ci riferiamo a tutti quei programmi finalizzati all’interruzione dell’assunzione di sostanze. Questi programmi non sono più così rigidamente determinati ad opporsi a qualsiasi supporto farmacologico, ma gli obiettivi possono variare dal raggiungimento e mantenimento dell’astinenza senza alcun supporto, ad obiettivi che prevedono il supporto di terapie farmacologiche.
Ciò verrà deciso nelle strutture terapeutiche a seconda delle risorse, delle disponibilità e dei desideri della persona che intraprende il percorso.
I programmi di reinserimento sociale e lavorativo mirano a creare le condizioni perché il soggetto possa intraprendere un’attività lavorativa stabile e cominciare relazioni significative all’interno di un contesto sano.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il lavoro infermieristico al Ser.T e il rischio di stress

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Informazioni tesi

  Autore: Angela Chiodi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma
  Facoltà: Medicina e Chirurgia
  Corso: Infermieristica
  Relatore: Milena Guarinoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 138

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