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La televisione privata in Italia: cronistoria del fenomeno e protagonismo degli interpreti

Il “GAT” e l’effetto Aiazzone

Si riprende, in questo capitolo, la filosofia commerciale del principale “mentore” dell’evoluzione televisiva privata, il mobiliere Giorgio Aiazzone, dopo il suo iniziale periodo di “boom” e uno conseguente di serio e ineluttabile confronto con il mercato e le sue leggi. Gli ê stato a questo proposito dedicato un libro “l’Uomo del Fare”, dedicato alla sua memoria dalla figlia Enrica e dal giornalista Roberto Cappio.

Con il termine “effetto Aiazzone” s’indica quella metodologia di trasmissione dei messaggi basata sulla ripetizione ossessiva, che con l’andare del tempo, perdono inevitabilmente ogni potere comunicativo, fino a ottenere addirittura l’effetto opposto, di disinteresse o peggio, fastidio.

Negli anni '70 la commercializzazione dei mobili aveva un vettore inviolabile nelle dimensioni degli stand commerciali e queste non potevano essere espanse oltre certi limiti. Di conseguenza il successo più o meno percepito dell’azienda mobiliera era la posizione dei punti vendita nelle aree urbane ad alto traffico e la loro proliferazione distributiva. Giorgio Aiazzone, per primo e meglio di chiunque altro, comprese che lo sviluppo delle emittenti private poteva rovesciare questo paradigma.

Sulla rivoluzionaria possibilità di superare, tramite la nuova forma di televisione, i confini tradizionali e non solo fisici della sua azienda, Aiazzone partì da tre premesse: un supposto elevato rapporto qualità/prezzo.

Un elevato servizio, volto a cancellare il problema "distanza" (la famosa “spedizione gratuita in tutta Italia, isole comprese”)
Il mutamento della condizione di acquisto e anche di fare, dello show room una vera e propria attrazione turistica con annesso e altrettanto famoso “invito a pranzo e a cena con gli architetti", e "sabato la gran festa”.
L’attenzione maniacale per l'esecuzione delle politiche aziendali e la sensibilità per la comunicazione con la clientela.

E così un punto di debolezza, la piattezza provinciale e grigiastra di Biella ,rispetto alle grandi aree urbane, viene trasformata un punto di forza: il "viaggio"; la possibilità di partecipare a un evento legato all'atto di acquisto. Il fattore del successo non è più la prossimità, ma il servizio.
Nel 1983 il presentatore Guido Angeli conduce, oltre che svariate aste, la trasmissione “Accendi un’Amica” su Rete A. Viene avvicinato dall’industriale biellese, che è inserzionista del programma, che in una notte lo coinvolge nel rinnovo della sua promozione pubblicitaria.

Il conduttore ha solo il problema della sintesi e, essendo abituato a parlare per ore e ore, stavolta deve essere efficacie su spot di massimo trenta secondi. Gli viene l’idea, poi mutuata dai politici nei “pastoni” tele -giornalistici del giorno d’oggi, degli slogan come messaggi di breve impatto e di facile assimilazione. Ne sforna alcuni che entreranno di diritto nella storia della televisione italiana: “dite che vi manda Guido Angeli” oppure “provare per credere!”. Per “bucare” ancora di più il video, accompagna le parole con la mimica essenziale dei pollici all'insù che diviene parte integrante del messaggio. Il successo, infatti, è immediato e travolgente.

Pubblicità, marketing, vendita: assolutamente nulla è lasciato al caso o all'improvvisazione. Aiazzone cerca di creare un network televisivo nazionale acquistando il controllo e/o la proprietà di piccole emittenti locali che già condiziona come maggiore sponsor. La corsa al mercato televisivo parte da Biella con l'acquisizione, dal suo creatore, della prima televisione italiana, appunto Tele Biella, e arriva alla creazione di uno dei primi network televisivi italiani, il G.A.T. (Gruppo Aiazzone Televisivo) che si stabilì nella zona di Milano con a capo un esperto di televisione, il Sig. Calderola.

Disgraziatamente l’imprenditore muore in un disastro aereo una domenica d’estate del 1986. La notizia, Angeli la apprende a Torino negli studi della Rai, dove stava registrando un programma sulla storia della tv. Di cui Aiazzone, bene o male, ha fatto parte.

Per riuscire ad avere un’idea dell’ampiezza del fenomeno bisogna capire che il mobilificio biellese diventa meta di un pellegrinaggio laico tutto particolare. Si va a Biella per assistere e verificare che tutto quel benessere a buon mercato videotrasmesso dalla miriade di emittenti in pressoché tutta la penisola, sia vero e di solito il gioco vale la candela. Con una cameretta, un salotto, un divano si compra anche un'illusione di sazietà. Si torna a casa paciosi e soddisfatti.

In un articolo celebrativo del ventennale della morte, Stefano Zurlo, giornalista del “il Giornale” rende merito a un fenomeno che forse troppo spesso gli ipercritici hanno bollato come “spazzatura”. Ma forse c’era qualcosa di più. Sicuramente Aiazzone era in anticipo sui tempi nello sfruttare appieno l’immenso bacino d’utenza delle televisioni locali, altrove maltrattate o peggio, non considerate.

“La morte gli impedì di completare il progetto, ma quell'idea artigianale e strapaesana, messa in piedi quando l'Ikea non era ancora sbarcata nella penisola, funzionava a meraviglia: il fatturato arrivò a 50 miliardi di lire e gli investimenti pubblicitari a 3 miliardi. Nel 1985 settantamila persone andavano in processione a Biella. Una tribù e una città, la stessa che oggi spinge carrelli saturi nei commerciali, prenota visite chiamando numeri di call center, saccheggia gli outlet.
Quell'Italia, darwinianamente parlando, viene anche da Aiazzone. E dalle sue intuizioni, bagnate del fonte battesimale di ottimismo piccolo borghese.”


di Stefano Zurlo IL GIORNALE 25/11/2007

La veglia funebre di Aiazzone viene ancora ricordata nel nostro paese per la sua formula macabra e la sua durata tragicamente greca. Inizia alle 22.30 di lunedì 14 luglio per bocca di Wanna Marchi e prosegue con grandi sedute di pianto collettivo strozzato, di ricordi kitsch, dediche e applausi registrati. Alla fine via alle danze con le televendite.

Il giorno dopo, alla stessa ora, è il turno di Guido Angeli che tiene una seconda orazione funebre “Ricordando un amico”. Il “GAT” viene sciolto e smembrato. Del gruppo allora facevano parte Teleradiomilano 2, Telebiella, Tele Jolly e Video Brianza.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La televisione privata in Italia: cronistoria del fenomeno e protagonismo degli interpreti

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Informazioni tesi

  Autore: Silvio Irace
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Bruno Voglino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 110

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