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Essere ''badanti'' in Alta Valmarecchia. La migrazione femminile tra speranze, opportunità e vulnerabilità sociale

Il concetto di lavoro di cura: lavoro produttivo o improduttivo?

Storicamente si è considerato fondamento dell'accumulazione del capitale solamente il lavoro produttivo dell'uomo. Secondo tale visione, il lavoro domestico delle donne non ne consentiva l'accumulazione; esso è stato considerato in tutte le epoche privo di valore secondo la logica della razionalità strumentale propria del capitalismo fordista. Tuttavia, non sono senza effetto le trasformazioni strutturali che hanno riguardato e modificato il valore lavoro nel passaggio dal capitalismo industriale fordista al sistema post-fordista. Il fordismo si era incentrato su un patto di mutuo soccorso tra due diversi attori: uomo e donna. In questo contesto le donne si occupavano delle gestione della famiglia e della dimensione domestica, quindi avevano, secondo l'accezione parsonsiana, un ruolo espressivo, mentre l'uomo ricopriva un ruolo strumentale provvedendo al reddito con il lavoro esterno.
Nella società moderna e “fordista”, costruita sulla base di gerarchie e dicotomie molto precise e ben delineate, il fondamento dell'accumulazione, e dunque della creazione di valore aggiunto economico, era solo il lavoro produttivo (in senso capitalistico), generato dall'utilizzo dei fattori produttivi.

Secondo questa visione, il lavoro domestico, avente il carattere della gratuità e del dono, non consentiva accumulazione, sebbene la favoriva indirettamente, garantendo all'operaio/impiegato (“colletto blu” o “colletto bianco” che fosse, ma pur sempre appartenente alla classe produttiva dei dipendenti salariati), la riproduzione delle forze: il lavoro di cura della donna era considerato privo di valore, in quanto ritenuto improduttivo e dunque non partecipe direttamente della produzione e della distribuzione della ricchezza. Nell'epoca dei sistemi rigidi, fondati sulle due principali distinzioni “produttivo/improduttivo” e “interno/esterno alla casa” e nondimeno, la distinzione di genere uomo/donna (che nelle società pre-moderne e moderne costituiva una differenza e gerarchia socialmente strutturata), il fatto che la donna si occupava di molteplici compiti non considerati lavoro e dunque non remunerati, ma che neppure venivano ricercati e pagati all'esterno, accresceva il processo di accumulazione attraverso un meccanismo duplice: “...con ciò che non veniva pagato a lei e grazie a ciò che veniva evitato di pagare a lui. Accudito, per amore, dalla moglie, l'uomo non aveva bisogno di acquistare alcun servizio sul mercato.”

Con l'avvento della società post-fordista basata sul lavoro cognitivo e sull'importanza assunta dalle dimensioni comunicative e relazionali, il lavoro “riproduttivo” della donna è uscito dai confini delle mura domestiche per assumere un ruolo attivo nel processo di valorizzazione del capitale: il lavoro “riproduttivo” diventa sempre più “produttivo”. Cristina Morini parla in tal senso di “femminilizzazione del lavoro”, intendendo non solo l'espansione quantitativa delle donne sul mercato del lavoro, ma anche la “messa in produzione dell'attitudine alla relazione e alla cura storicamente più marcate tra donne addestrate per secoli nel ruolo riproduttivo”.

Questo passaggio segna l'ingresso del capitalismo in una nuova fase: la produzione si è resa capace di sfruttare le qualità e le differenze, imponendo così un processo di soggettivizzazione del lavoro. A differenza di ciò che caratterizzava il sistema fordista, l'attuale sistema economico non produce più solamente beni standardizzati ma beni che incorporano una certa quantità immateriale, di servizi e di componente relazionale; il lavoro della conoscenza va progressivamente a sostituire quello fisico (senza esaurirlo); le idee, il sapere e l'informazione che sono sempre stati determinanti, oggi costituiscono la base del lavoro. In ciò la femminilizzazione del lavoro si manifesta come la caduta esplicita dei confini tra produzione e riproduzione, nel momento in cui le attitudini specifiche della cura (affetto, ascolto, empatia) vengono richieste dall'ambito della produzione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Essere ''badanti'' in Alta Valmarecchia. La migrazione femminile tra speranze, opportunità e vulnerabilità sociale

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Informazioni tesi

  Autore: Giorgia Molari
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Federico Chicchi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 111

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