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Media e politica nella transizione fra prima e seconda Repubblica

Il partito mediale: Forza Italia

“Partito mediale”; “partito personale”; “partito leggero”; “partito aziendale”; “partito virtuale”; “partito patrimoniale”; “partito carismatico”; “partito-cartello”. Nel corso degli anni sono state affibbiate molteplici definizioni a Forza Italia, la formazione politica creata ad hoc dall’imprenditore Silvio Berlusconi in occasione delle elezioni del marzo 1994. In tutte le espressioni elencate si avverte l’esigenza di rimarcare il distacco con i modelli partitici precedenti.

D’altronde che si tratti di un fenomeno del tutto nuovo è chiaro anche ai commentatori dell’epoca nonché allo stesso Berlusconi: «Forza Italia non è, non vuole essere e non sarà un partito tradizionale – dichiara l’imprenditore al settimanale “Panorama” – E’ un movimento e un cartello elettorale per i cittadini che nascono ora alla politica ma non la intendono come un mestiere a vita; per gli italiani che sono radicati nella società e nei suoi problemi e che conoscono dal basso e da vicino, per così dire, il dramma degli ospedali, dei tribunali superaffollati, delle scuole fatiscenti, dei servizi che non funzionano, del debito pubblico, delle tasse inique, del lavoro che manca». Il bisogno di differenziarsi dai vecchi partiti si manifesta in un’organizzazione snella, non burocratizzata, in una fede cieca nel leader e nel sogno di un “nuovo miracolo italiano”.

Il partito insomma, non è che l’appendice di un progetto a lungo raggio che mira a cambiare la stessa concezione di politica e di partecipazione. «La “discesa in campo” – spiega Statera – si accompagna al lancio del movimento politico Forza Italia, articolato in una galassia di club che nascono impetuosamente in ogni area del paese ad opera di professionisti e manager, commercianti e piccoli imprenditori, notabili locali e giovanotti di belle speranze, i quali acquistano il kit presidenziale (cravatta, bandiera, distintivo) e lanciano il look Forza Italia: un look elementare da yuppies, con blazer blu e cravatta regimental. Ciascuno di loro può essere presidente se solo mette insieme dieci amici pronti ad impegnarsi per il “nuovo miracolo italiano”».

Il sogno berlusconiano diventa alla portata di tutti. Forza Italia, infatti, sembra dare ai suo sostenitori qualcosa che oltrepassa la semplice militanza come era stata fino ad allora concepita: offre un’autentica visione del mondo, che è poi quella espressa dal suo leader. Lo ricorda, senza lesinare aperti elogi, Domenico Mennitti nel volume “Forza Italia, radiografia di un evento”: «Il nome e il simbolo del nuovo movimento sono stati ideati dal suo leader. Il nome scaturì dalla constatazione che il paese aveva urgenza di sottrarsi alla rassegnazione per puntare al rilancio. In una comunità, particolarmente nei momenti più difficili, bisogna che non venga mai meno la speranza. In Italia, invece, i responsabili del dissesto erano riusciti a trasmettere ai dissestati il messaggio di rassegnarsi alla prospettiva del peggio.

Nessuno osava più prospettare un futuro migliore: la parola d’ordine era subire, sapendo che le cose sarebbero andate sempre irrimediabilmente peggio. Forza Italia esprimeva l’incitamento a non mollare, a fare meglio, a vincere. E’ l’esortazione ricorrente sui campi di calcio, ma non fu un collegamento banale, perché in verità l’Italia stava giocando la partita decisiva». Il simbolismo del nuovo soggetto politico ha il pregio (apparente) della massima chiarezza: già il nome, mutuato dal linguaggio sportivo e di forte impatto emotivo, la dice lunga sul profondo studio di marketing elettorale portato avanti dai collaboratori del Cavaliere.

Lo stesso logo distintivo del partito, con un richiamo alla bandiera italiana, e la scelta dell’azzurro come colore identitario non sono affatto elementi casuali. A ciò si accompagna, nella strategia comunicativa, una visione, quasi manichea: il mondo viene diviso fra azzurri e rossi ossia tra i promotori della libertà da un lato ed i veterocomunisti dall’altra. «I primi sono nel giusto e si comportano sempre correttamente, i secondi sono nel torto e agiscono in modo scorretto – afferma Amadori – Una visione quasi fumettistica della realtà che però funziona. Perché tutti noi, nel nostro inconscio, abbiamo in realtà bisogno di una lettura semplificata dei fatti».

La comunicazione, dunque, travalica l’organizzazione partitica, tanto è vero che Forza Italia, almeno fino al 1996, non avrà una struttura stabile e definita. Lo conferma ancora Mennitti: «Il messaggio agli elettori fu semplice, preciso, libero da complicazioni ideologiche: “L’Italia è in pericolo – questo il contenuto – perché sta per andare verso un regime illiberale, di miseria programmata. Che si chiami post-comunista è un accorgimento lessicale: sarà comunista, continuista rispetto al vecchio sistema consociativo, fuori dall’Europa. Forza Italia irrompe sulla scena per chiamare a raccolta gli italiani onesti, operosi che vogliono modernizzare il paese e vivere una nuova stagione di libertà e di sviluppo. Un’offerta di speranza con l’impegno di tradurla in fiducia”.

Fu operata una scelta strategica fondamentale: scardinare il voto d appartenenza e sollecitare quello d’opinione. Furono utilizzati, di conseguenza, gli strumenti più idonei a centrare l’obiettivo. Per prima cosa, si decise di investire le risorse disponibili prevalentemente nelle campagne televisive. Dovendo provocare la liberazione di tutti i vincoli, la televisione si rivelò il più poderoso strumento di sollecitazione, perché raggiunge il cittadino in casa propria, dove elabora i suoi pensieri e coltiva sentimenti privati, lontano dai luoghi e dai riti delle suggestioni collettive».

Concentriamo l’attenzione sull’ultima espressione usata da Mennitti: la casa come luogo dove il cittadino “elabora i suoi pensieri” e “coltiva i sentimenti”. E’ proprio qui che il messaggio berlusconiano, tramite la televisione, arriva diritto alla mente (quando non alla pancia) dell’elettore. Si comincia allora a capire l’essenza della definizione di “partito mediale” che forse è quella che meglio descrive le caratteristiche di Forza Italia. Anche perché, almeno inizialmente, il movimento politico si appoggia direttamente alle strutture di Publitalia, la concessionaria di pubblicità di Berlusconi (assorbendone strutture sul territorio e uomini) e sui club di sostenitori.

La stessa scelta dei candidati nei vari collegi segue logiche che si possono definire aziendali tanto è vero che, a urne chiuse, la percentuale delle new entry sarà elevatissima: ben il 91,4% della classe parlamentare forzista risulterà infatti di prima nomina. «I candidati erano anch’essi per lo più nuovi alla politica – fa notare Emanuela Poli – selezionati fra le èlites professionali locali da “cacciatori di teste” che provenivano prevalentemente da Publitalia, il polmone finanziario della Fininvest, responsabile della raccolta delle inserzioni pubblicitarie

Questo brano è tratto dalla tesi:

Media e politica nella transizione fra prima e seconda Repubblica

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Informazioni tesi

  Autore: Benedetto Antuono
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze della Politica
  Relatore: Arianna Montanari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 205

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