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La violenza sulle donne

Il silenzio: meccanismi attraverso i quali la società moderna riesce ad occultare la violenza maschile

Analizzando la violenza maschile, emergono due strategie che vengono messe in atto dalla società, una di legittimazione e una di negazione. Quando la violenza è relegata alla sfera domestica e si manifesta con forme di abuso sulla compagna e sui figli, essa è negata; al di fuori della famiglia, invece, alcuni comportamenti maschili sono legittimi, come i rapporti con le prostitute, i quali vengono accettati a livello sociale, anche se in essi si usa la violenza più cruda.
Le forme di negazione possono essere di due tipi: la forma diretta, consiste nel non vedere la violenza ed è quella più praticata dalle persone vicine alla vittima: familiari, amici, poliziotti, magistrati, medici; l’altra forma di negazione consiste, invece, nel dare all’accaduto un altro significato, come ad esempio avviene per lo stupro, che spesso è considerato sesso spinto, passione, o anche seduzione. Quando, invece, la violenza viene riconosciuta e denunciata dalla vittima, scattano molti meccanismi di occultamento del fenomeno, come il non riconoscere come tale l’aggressore, spostare la responsabilità sulla vittima.
Per molto tempo lo stupro, praticato all’interno delle mura domestiche, era consentito dalla legge.
La cosiddetta esenzione coniugale, e cioè l’eccezione per cui lo stupro compiuto dal marito ai danni della moglie non è considerato un reato, è rimasta in vigore fino al 1980 in Francia, fino al 1991 in Olanda, fino al 1994 in Inghilterra, e fino al 1997 in Germania. Negli Stati Uniti, l’eccezione coniugale resta tuttora in vigore in 33 stati su 50. In Italia, il codice penale non ha mai esplicitamente previsto l’eccezione coniugale, ma le condanne per lo stupro della moglie sono sempre state molto rare e fino agli anni ’60 i giudici riconoscevano l’obbligo da parte della moglie alla prestazione sessuale come rimedium concupiscentiae, a beneficio del marito o in nome della continuità della stirpe. Ancora nel 1993, la Cassazione ha sentenziato in favore di un marito picchiatore e stupratore. La stessa logica del “dovere coniugale” sottostava anche alla dottrina cattolica tradizionale e rendeva inconcepibile l’idea di uno stupro commesso dal marito›› (P. Romito, 2005, pag.109).
E pensare che ogni anno una donna su dieci in qualunque parte del globo viene picchiata a sangue e uccisa dal proprio compagno. La cosa diventa ancora più drammatica, quando per far valere la propria legittimità ad uccidere, viene menzionato il “delitto d’onore”. In questo caso la legge sancisce che l’assassino sia assolto, o che abbia il minimo della pena prevista, o addirittura non vengono processati.
I delitti d’onore sono riconosciuti nei codici penali della maggior parte dei Paesi del Medio Oriente, in India, Pakistan e Afganistan. Nei codici si parla in genere di ‹‹adulterio››, ma nei fatti qualsiasi comportamento che un uomo (padre o fratello) giudichi di dubbia moralità – che una ragazza chiacchieri con un uomo, vada al cinema senza permesso […] gli dà il diritto di ucciderla […]. Una famiglia è disonorata anche quando un suo membro femminile subisce uno stupro; se non è possibile risolvere il problema altrimenti (ad esempio, se lo stupratore rifiuta il matrimonio), è lecito uccidere la vittima per ripristinare il buon nome, come è accaduto in Kosovo e avviene in Palestina. (P. Romito, 2005, p.110).
In Pakistan, per ottenere il massimo della pena la donna che denuncia il suo stupratore deve presentare quattro testimoni maschi e non può testimoniare lei stessa. Inoltre, la vittima che non riesce a dimostrare il reato viene incriminata per attività sessuali illecite, incarcerata o frustata pubblicamente.
L’occultamento che pratica la coscienza sociale nei confronti delle vittime della violenza non riguarda solo lo stupro, ma anche i maltrattamenti che le donne subiscono. Molto spesso le donne che vengono picchiate vengono anche giudicate dal personale delle forze dell’ordine, dal personale sanitario, come meritevoli di subire simili vessazioni. Questi stereotipi sociali devono essere abbattuti; le donne nonostante la paura di essere giudicate, non aiutate e per la poca fiducia che nutrono nelle istituzione e soprattutto nelle persone, devono comunque denunciare i loro partner, anche se spesso può risultare inutile.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La violenza sulle donne

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Informazioni tesi

  Autore: Nadia Orsi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Sociologia
  Relatore: Ida Galli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 55

FAQ

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Parole chiave

lavoro
violenza
università
mobbing
teoria dell'attaccamento
contesto familiare
harassment
molestie sessuali
femminilità
stupro
infibulazione
centri antiviolenza
violenza sulle donne
maltrattamenti

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