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I delitti contro l’incolumità pubblica, con particolare riferimento al reato di incendio

La prevenzione incendi sui luoghi di lavoro ai sensi del D.lgs n. 81 del 2008: breve cenno al “caso ThyssenKrupp”

Come visto, l’articolo 46 del D.Lgs n. 81/2008 (c.d. Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro) assegna la competenza in materia di prevenzione incendi sui luoghi di lavoro al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
In particolare, le funzioni di controllo dei Vigili del Fuoco in tale materia trovano il loro fondamento nell’emanazione del D.P.R. n. 547 del 1955; già tale provvedimento obbligava i datori di lavoro di alcune attività (prima dell’inizio della attività stessa) a richiedere al comando provinciale territorialmente competente il parere preventivo sul progetto dal punto di vista della sicurezza antincendio e la relativa inadempienza veniva sanzionata penalmente.
Con l’emanazione del decreto legislativo n. 626 del 1994, si confermava la competenza dei Vigili del Fuoco per i controlli sui luoghi di lavoro nelle materie di competenza e anche questo provvedimento prevedeva ipotesi di condotte penalmente sanzionate.
In tempi più recenti, il decreto legislativo n. 81/2008 ha abrogato sia il D.P.R. n. 547/55 che il D.lgs n.626/94 assorbendone i contenuti e riconfermando la competenza dei Vigili del Fuoco in materia antincendio quale organo di vigilanza.
Il citato articolo 46, dopo aver fissato il precetto penale (sanzionato con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda) secondo cui “nei luoghi di lavoro …devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l’incolumità dei lavoratori”, al comma 6 stabilisce che ogni disposizione concernente gli aspetti di prevenzione incendi, sia per l’attività di disciplina che di controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, di cui agli articoli 1 e 2 del Decreto Legislativo n. 139 del 2006.
Concludiamo con un cenno alla vicenda giudiziaria relativa all'incendio accaduto nel 2007 presso lo stabilimento dell’azienda ThyssenKrupp di Torino in cui morirono 7 operai.
In realtà, il “caso Thyssen” ha fatto scalpore, soprattutto dal punto di vista mediatico, non solo per la gravità delle conseguenze in termini di vite umane ma soprattutto perché per la prima volta in Italia è stata applicata nella sua interezza la normativa che disciplina e punisce l'omicidio imputabile al datore di lavoro a titolo di dolo eventuale per la morte del prestatore nel caso non siano state rispettate le norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e sulla prevenzione infortuni.
In particolare, la Corte d’Assise di Torino con sentenza del 15 aprile 2011 ha condannato l'amministratore delegato della fabbrica tedesca per i delitti di omicidio volontario plurimo (ex 575 c.p.), di incendio doloso (ex art. 423 c.p.) e di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro aggravata dall'evento (ex art. 437 comma 2 c.p.) tutti legati dall'unicità del disegno criminoso alla base del quale i giudici hanno ritenuto vi fosse proprio la condotta prevista dal citato articolo 46 del D.Lgs. n. 81/2008 e cioè la mancata adozione di misure tecniche, organizzative, procedurali, di prevenzione e protezione contro gli incendi.
L’accaduto, tra l’altro, ha avuto un triste presagio nell'incendio sprigionatosi nel 2002, presso il medesimo stabilimento di Torino, in relazione al quale il Presidente del comitato esecutivo titolare delle deleghe in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro, era stato condannato nei due gradi di giudizio per aver colposamente cagionato l’incendio (ex art. 449, comma 1, c.p.) avendo omesso di individuare le misure di prevenzione e protezione all'uopo necessarie e di segnalare la necessità di interventi costosi utili a fronteggiare l'imminente rischio di incendio.
In tale occasione, la vicenda era approdata fino in Cassazione la cui sentenza (n. 4123 del 2009) si snoda lungo due direttrici affrontando, da un lato, la questione della differenza tra "fuoco" e "incendio" e dall’altro, il rapporto di causalità ed il concorso di cause sopravvenute ex artt. 40 e 41 c.p. escludendo la tesi difensiva in forza della quale prima dell’intervento definito “maldestro” dei Vigili del Fuoco preesistessero solo le condizioni di fuoco privo dei caratteri di vastità, diffusione e difficoltà di estinzione trasformato solo successivamente in incendio da un operato negligente dell’Autorità intervenuta; in particolare, la Corte, in linea con quanto statuito dalla nota sentenza Franzese, ha escluso che all'esito di un giudizio controfattuale probabilistico l'incendio si sarebbe estinto in mancanza delle manovre dei Vigili del Fuoco in quanto la grave carenza dei presidi antincendio si presentava come vera causa del rapido propagarsi delle fiamme.

Questo brano è tratto dalla tesi:

I delitti contro l’incolumità pubblica, con particolare riferimento al reato di incendio

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Informazioni tesi

  Autore: Gaetano Gusmano
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: UKE - Università Kore di Enna
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Facoltà di Scienze Economiche e Giuridiche
  Relatore: Andrea Di Landro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 72

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Parole chiave

prevenzione
pericolo
fuoco
incendio
incolumità pubblica

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