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Turchia: la terra di mezzo - Storia e analisi della Repubblica Turca tra Est e Ovest

La questione curda

Una delle resistenze più accese al regime kemalista, tutt’oggi ancora attiva, fu quella esercitata dalla popolazione curda, residente nell’area sud est della regione anatolica in un territorio chiamato, durante l’età ottomana, Kurdistan.
Insieme al genocidio armeno, la questione dei rapporti con la minoranza curda rappresenta uno dei motivi di maggior dibattito per il governo di Ankara con le diplomazie europee in vista di un possibile accesso della Turchia tra i paesi dell’Ue, oltre ad essere di per se stesso un problema che nel corso degli anni è scaturito in sanguinose rappresaglie che hanno provocato numerose vittime sia tra il popolo curdo sia in quello turco.
Le ragioni di questo conflitto sono da ricercare nei primi anni di vita della Repubblica turca, quando la politica nazionalistica di Kemal rifiutò sin da subito di concedere autonomie territoriali, viste come un preludio allo smembramento, in totale controtendenza rispetto a quelle che erano state le politiche dell’Impero ottomano.
Inoltre la spartizione del territorio mediorientale dopo il primo conflitto mondiale aveva visto il Kurdistan diviso tra più stati, oltre alla Turchia, la Siria, l’Iraq e l’Iran, le cui frontiere erano state militarizzate, dividendo così di fatto la popolazione senza un criterio che ne riconoscesse la propria natura identitaria.
Da parte sua il Partito Repubblicano di Kemal non riconosceva affatto i curdi come una popolazione autonoma, considerandoli piuttosto come “turchi delle montagne” e questo, insieme all’evidente rottura delle promesse fatte dallo stesso Ataturk durante la guerra d’indipendenza su una fratellanza turco-curda, provocò la reazione dei curdi.
La storiografia suddivide le rivolte durante la presidenza di Kemal in tre grandi ondate, quella di Sheikh Sait nel 1925, di Ararat nel 1930 e di Dersim 1936-38, in tutti i casi il regime rispose con una violenta repressione; basti pensare che solamente la rivolta di Sheikh Sait, a cui susseguì l’inasprimento delle leggi rivoluzionarie, fece 15.000 morti tra la popolazione civile.
L’intenzione del Partito Repubblicano era di dare un monito anche a tutte le altre minoranze presenti nella regione, affinché si allineassero allo spirito nazionalistico, laico e repubblicano che doveva diventare il credo di tutta la popolazione dello stato e, frutto degli echi del passato, evitare così qualsiasi crisi secessionista.
Tutto ciò è ben intuibile nell’atto di accusa a Sheikh Sait e i suoi compagni: “Le cause e le origini dell’ultima rivolta scoppiata nelle province orientali dell’eterna patria turca sono identiche a quelle che hanno sollevato in passato la Bosnia e l’Erzegovina circondate su tre lati da razze non turche e non musulmane, e a quelle che nonostante la fratellanza di cinque secoli hanno spinto gli albanesi a colpire alla schiena i turchi, che hanno sempre mostrato grande affetto per i loro compatrioti [ … ]. Gli ideali e le intenzioni che hanno portato alla rivoluzione curda sono simili a quelli che hanno rovinato la Siria e la Palestina. Alcuni di voi sono stati guidati dall’egoismo, altri sono stati spinti dalla propaganda straniera e dalle ambizioni politiche, ma tutti eravate unisti su un punto, cioè sulla costituzione di un Kurdistan indipendente. Ora è sulpatibolo che pagherete il prezzo delle famiglie rovinate, del sangue versato”.
I curdi, dalla loro parte, si vedevano oramai come i protettori dell’Islam oltre a rappresentare da sempre una componente fortemente nazionalizzata.
Le varie tribù e confraternite religiose puntarono proprio sul nazionalismo per coinvolgere le masse rurali nell’opposizione al regime kemalista; ma anche coloro che facevano parte dell’intellighenzia, pur non essendo elementi radicali, iniziarono a ribellarsi ai dettami del governo turco, specie quando compresero che l’alleanza pronosticata da Kemal durante la guerra d’indipendenza si rivelò solamente una strategia per prendere tempo in un momento di difficoltà.
La questione del popolo curdo rimane tutt’oggi irrisolta, con il Pkk, il fronte militare curdo, che ha ripreso i combattimenti il 1° Gennaio 2004 dopo un periodo di stasi in cui sembrava si potesse arrivare almeno ad un negoziato.
Il governo di Ankara persiste nel non riconoscere la popolazione curda come una minoranza, al pari di Siria, Iran e Iraq, ostacolando così il proprio processo di entrata in Europa; ma il tema, come si avrà modo di vedere, è solamente una parte della questione generale riguardante le incognite dell’occidente nei confronti della Turchia, incognite che affondano nel dualismo che la Turchia ha dimostrato fin dai tempi di Kemal e delle sue riforme, tra apertura laica verso modelli occidentali e un forte retroterra tradizionalista di matrice islamica.
E’ questo ancora oggi la contraddizione dello Stato turco, in bilico tra oriente e occidente.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Turchia: la terra di mezzo - Storia e analisi della Repubblica Turca tra Est e Ovest

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Informazioni tesi

  Autore: Matteo Morresi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Macerata
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali
  Relatore: Michela Mercuri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 141

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