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Possibili interventi attuabili dall'infermiere per prevenire complicanze metabolico-alimentari in pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche

La restrizione alimentare

La dieta a cui vengono sottoposte le persone nell’immediato post trapianto è una delle problematiche più discusse e trattate in questi anni all’interno della letteratura scientifica. Tuttavia vi sono parecchi studi e fonti che screditano fortemente un regime alimentare molto diffuso sia negli Stati Uniti, sia in Italia: la dieta a basso contenuto microbico o anche detta “neutropenica”. Tale pratica è stata comparata direttamente con la dieta non-neutropenica in persone sottoposte al trapianto allogenico per poterne valutare i reali vantaggi o svantaggi dal punto di vista nutrizionale ed infettivo (Lassiter M., Susan M. S., 2015).

L’analisi vera e propria inizia da questo randomized controlled prospective pilot study, nel quale si effettua una comparazione data dagli esiti di una dieta senza restrizioni rispetto ad una neutropenica per persone in neutropenia su un campione di 46 persone adulte, di età tra i 23 e i 62 anni. I partecipanti vengono scelti dal team di ricerca valutando la possibile prognosi attraverso la scala di Karnofsky. Il campione viene poi suddiviso in 2 gruppi: uno sperimentale a cui verrà data una dieta normale ed uno di controllo che seguirà la dieta neutropenica.

Vengono analizzate e prese in considerazioni le variabili cliniche come la presenza di batteriemie con delle emoculture o alterazioni degli indici nutrizionali come prealbumina, transferrina, calcio e magnesio. A ragion di ciò si chiede al campione, oltre a degli esami ematici, di compilare periodicamente un diario dietetico con la scala P.G-S.G.A. e ciò sarà monitorato e valutato dagli infermieri.
Attraverso gli indici ematici viene poi effettuata la comparazione dei risultati dalla quale non si evince alcuna differenza significativa tra i due gruppi, infatti nel gruppo che utilizza la dieta generica risulta positiva l’emocoltura a circa il 29% ed anche nel gruppo sperimentale siamo intorno alla medesima percentuale. Si osserva qualche deficit proteico nelle persone a regime neutropenico (16%) rispetto alle persone a regime dietetico generale (20%).

Infine vi è anche un capitolo inerente alle implicazioni per l’assistenza infermieristica, poiché promuove l’importanza della professione stessa e dell’educazione sanitaria al fine di evitare l’ansia e lo stress in persone già molto debilitate, il tutto proponendo l’utilizzo delle linee guida F.D.A. screditando così quelle fornite dal C.D.C.. Quindi si può affermare che questo studio, molto citato e diffuso nella letteratura scientifica, segue una metodica oggettiva e definita. I risultati a cui giungono gli autori sono un punto di partenza da cui trarre spunto o su cui poggiare eventuali studi futuri. Anche nel seguente studio analizzato si tratta questa problematica con il medesimo risultato, ma con un campionamento molto più ampio (Trifilio Steven et al, 2012).

In questo studio quantitativo retrospettivo il campione è formato da 726 persone, sottoposte anch’esse a una qualsiasi tipologia di trapianto di cellule staminali, tra i 18 e i 78 anni suddiviso sempre in due gruppi equi, uno sperimentale e uno di controllo, in cui viene messa a confronto la dieta neutropenica rispetto ad una dieta generale ospedaliera. In confronto al primo studio, in questo gli unici criteri d’esclusione sono l’età anagrafica, superiore ai 18 anni e la ricezione del trattamento. Si descrivono accuratamente gli antibiotici utilizzati durante la degenza, poiché possono comunque inficiare sul risultato ed inoltre vengono fatti accenni più approfonditi sulla composizione della dieta stabilita, ad esempio nella dieta generica vi è comunque un controllo sul tipo di preparazione e vi sono alimenti da escludere come pomodori crudi, semi e cereali.

Il risultato, cioè che si ha il 29% di persone infette con dieta generale rispetto al 37% a dieta neutropenica, da più che sostegno allo studio precedente e la valutazione in questo caso si basa sull’incidenza d’impiego degli antibiotici, la tipologia e il tipo
di battere che si va a contrastare. Questo studio aggiunge anche due argomentazioni a favore della dieta generica molto interessanti: la prima che le profilassi antibiotiche usate e la dieta neutropenica a lungo andare sono un binomio che non permettano un adeguato mantenimento della flora intestinale per cui si incrementa il rischio di sepsi, circa il 20% d’infezioni intestinali con dieta generale contro il 23% di una dieta neutropenica; la seconda definisce che, attraverso la dieta generica, potrebbe essere possibile ridurre l’uso di nutrizione parenterale e quindi un miglioramento metabolico.

Tuttavia nella prima analisi non viene fatta ad esempio alcuna citazione specifica, come invece viene ben fatto nel secondo articolo, sulla metodica di preparazione dei cibi o di eventuali regole igieniche. Al contrario del secondo articolo viene tralasciato l’aspetto della persona e l’effetto psicologico che le restrizioni dietetiche possono portare. Si deve osservare anche una grande differenza rispetto al primo poiché questo si basa su delle linee guida ben definite e dichiarate, nel secondo invece la dieta è stata formulata e approvata dall’Academy of Nutrition and Dietetics. Questa è tra le principali organizzazioni di professionisti dell'alimentazione e della nutrizione degli Stati Uniti, perciò si definisce una dieta convalidata e personalizzata per la tipologia di paziente, ma comunque deve essere ulteriormente adattata ad ogni singola persona assistita. Entrambi gli studi scelti convergono nel confermare l’inutilità della dieta neutropenica, o quantomeno mettere in forte dubbio il suo utilizzo oltre il 3°-5° giorno di neutropenia aplastica.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Possibili interventi attuabili dall'infermiere per prevenire complicanze metabolico-alimentari in pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche

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Informazioni tesi

  Autore: Matteo Gatti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi dell'Insubria - Como
  Facoltà: Scienze Infermieristiche
  Corso: Infermieristica
  Relatore: Nadia Rossotti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 26

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nutrition
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