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Sinestesie metropolitane. Il videoclip, la fabbrica delle icone.

La short message culture

Nell'analisi semiotica delle forme brevi della comunicazione audiovisiva Isabella Pezzini rileva, relativamente all'evoluzione dei palinsesti televisivi, due movimenti: da un lato, l'affermarsi di un modello a "flusso" in cui la smarginatura progressiva dei singoli programmi ha prodotto una sorta di blob indistinto, dall'altro l'acquisizione di consapevolezza da parte di uno spettatore la cui presenza al di là dello schermo l'autrice definisce insubordinata, e che si manifesta viceversa attraverso pratiche "discontinuiste" peraltro inizialmente sintomo di insofferenza nei confronti della pubblicità, come lo zapping. Proprio le dinamiche di reazione a questa sconnessione sembrano aver contribuito a produrre la reciproca rincorsa tra programmi e pubblicità.
L'effetto generato è apparentemente contraddittorio: da una parte la frammentazione esasperata alla ricerca di tempi sostenibili, dall'altra la tendenza alla omogeneizzazione di cui sopra. Il risultato è che in questo unicum testuale la sola scomposizione possibile è in unità brevi, atomi comunicativi che si configurano come veri e propri microtesti dotati di coerenza e autonomia interna. Nella complessità della fruizione televisiva, allora, il discorso pubblicitario diviene la griglia attraverso la quale si realizza l'esperienza ricettiva dello spettatore.
Nel video Right To Be Wrong (2004) di Joss Stone, viene mostrata la performance dell'artista, mentre in sala montaggio un operatore, che solo alla fine scopriremo essere la stessa cantante, compone tra loro i vari frammenti e fotogrammi delle riprese, presumibilmente per la realizzazione del video. Nella scena finale, in una sorta di gioco di scatole cinesi all'inverso, il clip è in onda sulla tv dell'appartamento di uno spettatore il quale però è egli stesso oggetto della messa in scena, e "incorniciato" da uno dei televisori della vetrina di un negozio, a sua volta trasmesso da uno dei megaschermi della parete pubblicitaria di un grattacielo.
Il video, dunque, viene emblematicamente collocato nel contesto promozionale tipico delle metropoli contemporanee, ma non solo. Esso è anche inserito nel puzzle di forme brevi nel quale si articola il logos della comunicazione. Se ipotizziamo un'estensione del concetto di palinsesto all'intero panorama di produzione e consumo comunicativo, possiamo allora rintracciare in esso la presenza degli stessi movimenti citati a proposito del palinsesto televisivo.
In tal senso, si può ripensare il discorso pubblicitario come una griglia sulla totalità dell'esperienza simbolica, o, con un ulteriore giro di vite, si può verificare che, indipendentemente dalle intenzioni della comunicazione, l'articolazione tipica della produzione/percezione di significati nella contemporaneità si manifesta nell'immediatezza e nella brevità che accomunano le forme espressive più utilizzate.
È per questa ragione che riteniamo di poter parlare di "short message culture", in cui la brevità/rapidità della comunicazione più che caratteristica peculiare, diviene valore dominante.
E non è superfluo rilevare che le forme tipiche di questo modello appaiono protese verso una più facile e immediata convergenza nei nuovi media; si pensi, per esempio, alla rete, in cui l'apertura di una finestra di dialogo da un lato introduce un mutamento della situazione comunicativa, dall'altro genera un'esperienza di fruizione rapida, visuale e quindi simultanea. E se, come scrive Alberto Marinelli, «il contenuto dei media digitali sono tutti gli altri media in un rimando ricorsivo che non si arresta di fronte ai confini di ogni singolo formato/ambiente comunicativo», ci pare che in questo scenario le forme brevi detengano le maggiori possibilità di integrazione e riposizionamento.
D'altro canto, questa riconfigurazione delle modalità di trasmissione dei messaggi non investe la sola fruizione comunicativa, ma ridefinisce la produzione di significati anche in senso orizzontale (si pensi alla "rivoluzione degli sms") con la messa in gioco, in definitiva, di uno stile comunicativo globalmente indirizzato verso un carattere di sintesi.
Rispetto a questi processi evolutivi, il videoclip si costituisce come un ambiente più espanso che, pur appartenendo a pieno titolo a questo sistema, conserva una superficie testuale dilatata, in cui si dispiega, in un certo senso, la dimensione estensiva di questo mutato scenario comunicativo.
Una sorta di oasi narrativa, che avvalendosi del proprio plusvalore visuale incarna il luogo ideale tanto della combinazione degli stili e degli idiomi della contemporaneità, quanto dell'esplicitazione in senso autoriflessivo dei meccanismi sintattici di frammentazione che sottendono le pratiche discorsive comunemente in uso (come abbiamo visto nel video citato sopra).
Appare chiaro, dunque, che la portata testuale del videoclip travalica la specificità dei suoi intenti commerciali per assumere come approdo comunicativo la stessa cultura di appartenenza della quale contribuisce ad amplificare i messaggi e a rafforzare le modalità espressive.
Vale a dire che il videoclip trasmette, in una dinamica che non è improprio definire curvilinea, i contenuti tipici dell'industria culturale, nei formati e con le caratteristiche che ad essa sono proprie, assolvendo una sorta di funzione tautologica in cui la riaffermazione della materia comunicativa passa anche dal consolidamento delle sue forme di significazione.
Ma non è tutto. Occorre, arrivati a questo punto, "recuperare" la matrice promozionale del videoclip per compiere un ulteriore scarto teorico. Esso infatti, come sappiamo, opera ancor prima che in ambito culturale nel territorio commerciale. Qui stimola pratiche di consumo secondo una duplice dinamica di persuasione. Anzitutto, com'è facilmente intuibile, persegue la finalità primaria di sollecitare l'acquisto del prodotto discografico; inoltre, ad un livello meno diretto, rappresentando stili di vita, mode, fino a mettere in primo piano altre categorie di merci, propone modelli di consumo di più ampia portata.
L'esercizio di questa duplice mediazione, culturale e dei consumi, avviene specificamente nei confronti del destinatario naturale del videoclip, e cioè il pubblico giovane. In questo modo esso si insedia saldamente all'interno delle subculture giovanili affermandosi come fattore di aggregazione e come potente propagatore di modelli.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Sinestesie metropolitane. Il videoclip, la fabbrica delle icone.

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Informazioni tesi

  Autore: Simona Saraceno
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2003-04
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Scienze della Comunicazione
  Relatore: Daniele Pittèri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 188

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